Il testo è tratto dal cap. 21 dell’Apocalisse, la visione della Nuova Gerusalemme. E’ la descrizione della realtà definitiva che ci aspetta alla fine del mondo, quando “tutte le cose di prima” saranno “passate”, ed il dolore dell’uomo sarà consolato da Dio stesso. La composizione si può dividere in due parti principali:

– la prima, che comprende la frase iniziale “Et asperget Deus omnes lacrimam ab oculis eorum” e culmina nel grido delle parole “Et mors” (batt. 1 – 33), è ancora dominata dall’ esperienza del dolore terreno;

– la seconda, da batt. 34 alla fine, tenta di descrivere la dissoluzione di ogni sofferenza. La prima parte può essere a sua volta suddivisa in quattro sotto-sezioni:

a) “Et asperget Deus” (batt. 1 – 14);

b) “omnes lacrimam” (batt. 15 – 17);

c) “ab oculis eorum” (batt. 18 – 25);

d) “Et mors” (batt. 26 – 33).

“Et asperget” (batt. 1 – 14): l’inizio è un rigoroso canone a quattro voci. L’impianto è atonale, ma costruito con un incipit che potrebbe essere benissimo una melodia in modo minore, e con sovrapposizioni intervallari preferibilmente consonanti. Il crescendo di registro, dinamico e agogico conduce al primo punto culminante (“omnes lacrimam”, batt.15); il canone termina e su un andamento accordale si conclude la frase. Alle batt. 18 – 25, una seconda breve frase (“ab oculis eorum”) inizia in imitazione libera e conduce ad un secondo punto culminante (meno forte del primo, per armonia e registro), in cui le voci ancora una volta si ricompattano armonicamente. Una serie di pause coronate incorniciano le due esclamazioni sulle parole “Et mors”, che sono l’una il punto di massima espressione drammatica della prima parte, e l’altra di fatto l’inizio di quel dissolvimento delle tensioni che è caratteristico della seconda parte che inizia subito dopo. La seconda parte, di durata maggiore della prima per l’utilizzo di metronomi più lenti e di molte pause coronate, può essere suddivisa in tre sottosezioni:

a) “Et mors ultra non erit” (batt. 34 – 53);

b) “neque luctus, neque clamor, neque dolor erit ultra” (batt. 54 – 64);

c) “quia prima abierunt” (batt. 65 – 72).

“Et mors ultra non erit” (batt. 34 – 53): dopo la corona di batt. 33 (che funge da vero spartiacque formale), riprendendo senza soluzione di continuità il testo proprio dalla parola “mors”, comincia una lunga fascia armonica. Da un punto culminante raggiunto rapidamente alle batt.36 – 37 si degrada lentamente fino al Largo delle batt. 50 – 53; la tensione intervallare si stempera lentamente, l’andamento si fa sempre più accordale, fino a spegnersi su un valore lungo alla sola voce dei Soprani. Una ulteriore pausa introduce alla conclusione del brano. Volendo riprendere la dimensione sacra dell’inizio, le tre frasi successive (“neque luctus..” , batt.54 – 64) sono in andamento di corale; si ritrovano alcuni stilemi melodici e ritmici del canone iniziale, le armonie sono sempre più consonanti (molte di loro contengono una triade tonale). Questo materiale letteralmente si dissolve nell’ ultima fascia armonica (“quia prima abierunt”, batt. 65 – 72), che arriva a toccare un accordo finale quasi maggiore, mentre l’omoritmia lentamente si sfalda in attacchi diversificati, a simboleggiare la dissoluzione della precedente realtà terrena.

Et asperget
Et asperget Deus
omnes lacrimam ab oculis eorum
Et mors ultra non erit
Neque luctus, neque clamor,
neque dolor erit ultra,
quia prima abierunt.
(Apocalisse 21,4)

E Dio tergerà
ogni lacrima dai loro occhi;
non ci sarà più la morte,
né lutto, né lamento, né affanno,
perché le cose di prima sono passate.

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