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Nell’attuale panorama, il coro maggiormente rappresentativo della coralità italiana per voci bianche è indubbiamente quello de «I Piccoli Musici di Casazza», fondato e tuttora diretto dal maestro Mario Mora. Singolare figura, apparentemente schivo e riservato, di poche parole, controllato in ogni sua espressione, caratterizzato da gesto essenziale e pulito, esigente con i suoi giovani coristi e allo stesso tempo estremamente legato ad essi, sempre pronto a giocare e scherzare nei momenti di riposo tra un concerto, una prova e l’altra. Ho seguito il coro diversi anni fa in una trasferta estiva in Provenza, e ricordo ancora il clima di familiarità, direi di serenità che si respirava negli spostamenti in autobus, piuttosto che nei momenti di riposo. Dal 1986, anno della fondazione, questo coro, che opera all’interno della scuoladi musica omonima, anch’essa fondata e diretta da Mario Mora, è sempre riuscito ad esprimersi ai massimi livelli e a far parlare positivamente di sé in Italia e all’estero. Attualmente la formazione da concerto è costituita da circa quarantacinque elementi, in prevalenza bambine e ragazze. La sua intensa attività artistica lo ha portato ad esibirsi in importanti festival corali internazionali in Italia, Francia, Svizzera, Spa-gna e a conquistare numerosissimi primi premi in prestigiosi concorsi nazionali e internazionali tra cui Arezzo, Vittorio Veneto, Riva del Garda, Malcesine e Quartiano. Diverse e di prestigio le partecipazioni a concerti trasmessi dalla Rai, da Mediaset e da TV e Radio Svizzera. Notevoli gli allestimenti teatrali cui ha preso parte, tra cui Carmen, Bohème, Turandot, Hansel e Gretel, oltre alla collaborazione condirettori quali Riccardo Chailly, Romano Gandolfi, Helmuth Rilling, Gabriel Garrido, Rudolf Barshai, Claus Peter Flor, Jeffrey Tate, Wayne Mashall, Steven Mercurio, Peter Schreier. «I Piccoli Musici» hanno inoltre cantato per l’Onu a Ginevra in occasione del decimo anniversario della convenzione sui diritti dei fanciulli ed hanno inciso numerosi cd. Al coro, ambasciatore culturale dell’Europa per la Federazione dei Cori dell’Unione, è stato conferito nel 2008, dalla Fondazione Guido d’Arezzo, il premio internazionale alla carriera Guidoneum Award. La vita del coro, i suoi notevoli successi sono ben documentati e descritti nel sito internet ad esso dedicato. Ma quali sono i punti fermi, quali le idee, le basi su cui il maestro Mario Mora ha costruito, giorno dopo giorno, instancabilmente, un gruppo vocale cosí dotato nel nostro Paese? Ho avuto modo di conoscere Mario Mora molti anni fa, agli inizi della mia attività di direttore di coro, durante i corsi estivi di direzione corale di Bobbio (Piacenza) nel 1985. Da allora diverse sono state lo occasioni di incontro, dovute alla comune partecipazione a concorsi corali con le nostre rispettive formazioni, a concerti o rassegne corali, a corsi organizzati dalla Feniarco in cui entrambi abbiamo partecipato in qualità di conduttori di atelier per cori di voci bianche. Inoltre ho avuto l’opportunità di insegnare durante l’anno 1996/97 nei corsi propedeutici della «Scuola I Piccoli Musici», ma non c’è mai stata l’occasione di confrontarmi con lui sulle tematiche che cosí tanta importanza hanno, a mio parere, nella costituzione e nella gestione di un coro di voci bianche. Ho cosí ritenuto fondamentale rivolgergli alcune domande, per scoprire a quale pedagogia, a quale didattica, a quali eventuali figure abbia fatto riferimento, quale siano state le tappe fondamentali del suo percorso e quali siano i suggerimenti e i consigli che nel panorama odierno pensa sia utile dare a chi è spinto dal desiderio di creare un coro di voci bianche.Cosí, nel dicembre 2012, Mario Mora mi ha accolta nella sua «Scuola I Piccoli Musici», una struttura elegante, curata, ordinata, che certamente mette a suo agio i ben oltre duecento allievi che la frequentano, una struttura in cui anche le numerose foto che ritraggono i giovani coristi in concerto fa subito capire l’importanza che il coro ha all’interno del percorso formativo musicale da lui ideato e proposto. Ho invitato il maestro a narrarmi quali siano stati i suoi primi passi nel mondo della coralità e insieme abbiamo ripercorso gli esordi, forse poco noti, di questo prestigioso conduttore di voci bianche. Avendo studiato pianoforte e organo presso l’«Accademia S. Cecilia di Bergamo», intorno agli anni settanta ricopriva il ruolo di organista del coro parrocchiale di Casazza, di cui nel 1983 prese la direzione. In quegli anni aveva avuto modo di appassionarsi alla realtà corale e di approfondire le tematiche relative alla conduzione e alla preparazione di un coro con il maestro Mario Valsecchi. Negli stessi anni fu chiamato, in qualità di esperto, a tenere dei corsi di educazione musicale nella locale scuola elementare. Dall’incontro con i bambini scaturí l’idea di dar vita a una scuola di musica in Val Cavallina, del cui territorio fa parte anche il paese di Casazza, in cui Mario Mora vive. In quell’epoca l’unica realtà musicale di un certo valore presente sul territorio era l’Accademia Tadini di Lovere, una importante scuola di musica, oltre a diverse bande. Mario Mora ebbe l’idea di fare un sondaggio tra i bambini della scuola per vedere quanti potessero essere quelli interessati a intraprendere gli studi musicali. Sorprendentemente furono circa cento le adesioni. Forse anche piú di quanto lo stesso direttore pensasse. Non si poteva attendere oltre: bisognava concretizzare l’idea. Ma come strutturale una scuola di musica? Grande merito di questo singolare direttore, con i piedi ben piantati per terra in termini pratici ed organizzativi e una mente fortemente tesa alla realizzazione di ideali culturali, è a mio parere anche quello di aver fatto riferimento a personalità musicali di comprovata esperienza, come poteva essere il maestro Nicola Conci, direttore in quegli anni dei «Minipolifonici di Trento». Mora si recò a visitare la struttura di Trento e nel maggio 1986 invitò il maestro Conci a tenere un incontro pubblico a Casazza dal titolo I bambini e la musica, costruire una scuola di musica in Val Cavallina.

Mario Mora, direttore artistco e musicale del coro “I Piccoli Musici”

Mario Mora, direttore artistco e musicale del coro “I Piccoli Musici”

All’incontro erano presenti pochissime persone, il parroco si mostrò piuttosto scettico e il presidente della banda parrocchiale disse che, essendo già presente una banda musicale in paese, non c’era bisogno di una scuola di musica. “Partii quindi in un ambiente piuttosto ostile, ma Nicola Conci mi incoraggiò perché portassi avanti il mio progetto. E fu la scelta vincente: il primo anno ben ottanta bambini si iscrissero ai corsi di strumento (pianoforte, violino e flauto traverso) e ai corsi di teoria e solfeggio. Contemporaneamente ai corsi tradizionali istituii il corso di Disciplina corale che allora prevedeva la frequenza di una sola lezione settimanale. Posso considerare questa esperienza come il germe da cui nacque di lí a poco il coro, ma ancora non avevo ben chiaro cosa avrei fatto, cosa avremmo fatto io e i miei piccoli coristi. Mi serví molto seguire le lezioni del maestro Conci, allora alla guida anche delle «Voci bianche del Teatro alla Scala». Ogni settimana mi recavo a Milano per partecipare alle sue lezioni. In quegli anni la sede del coro era presso l’Umanitaria e i bambini, al termine delle lezioni della scuola media, ogni pomeriggio seguivano i corsi di teoria e solfeggio e partecipavano alle prove corali. Intanto, lavorando con i bambini cresceva in me la pas sione per il coro di voci bianche e passammo, nel giro di pochi mesi, dalla lezione settimanale alle tre ore settimanali di canto corale. Erano anni in cui il tempo prolungato nella scuola elementare nella Val Cavallina era poco diffuso e i bambini, liberi da impegni scolastici pomeridiani, avevano la possibilità di dedicarsi ad altre attività formative, ricreative ed educative. Per il coro in formazione questo elemento è stato certamente importante. Oggi, quasi tutte le scuole propongono un orario scolastico che trattiene i bambini anche nei pomeriggi e per loro praticare altre attività, al di fuori della scuola, è senza dubbio piú faticoso. Penso anche all’esperienza che vivo da alcuni anni alla direzione del coro di voci bianche della «Scuola diocesana di musica S. Cecilia di Brescia»: i bambini frequentano le lezioni dalle diciassette alle diciannove, dopo aver trascorso tutta la giornata sui banchi di scuola e certamente non hanno le stesse energie che possono avere bambini che frequentano la scuola solo in orario antimeridiano. Un altro motivo della crescita del coro «I Piccoli Musici» è stata la grande collaborazione che i genitori dei coristi hanno sempre dimostrato, la fiducia incondizionata che hanno posto nel mio lavoro, credendo nell’importanza formativa oltre che culturale di questo percorso, sempre disponibili a dedicare tempo ed energie al coro, spostando magari le ferie estive oppure le date delle settimane bianche, per permettere ai coristi di frequentare le lezioni e di partecipare alle numerose trasferte corali. Probabilmente il tessuto sociale e famigliare di Casazza e dei paesi limitrofi è ancora piuttosto sano e ritengo che per i bambini, oggi, crescere in un ambiente con queste caratteristiche sia molto positivo e li aiuti a vivere con senso del dovere ma con serenità le attività a cui decidono di dedicarsi. Inoltre, l’apporto dei genitori è sempre stato fondamentale anche per far conoscere la nostra realtà: ogni anno diffondiamo nelle scuole i volantini pubblicitari, eppure, molti dei bambini che si avvicinano al nostro coro sono venuti a conoscenza della nostra realtà attraverso il passa parola, l’appoggio che queste famiglie danno alla nostra proposta educativa e musicale.” Ho chiesto a Mario Mora quali consigli si sentirebbe di dare a giovani direttori desiderosi di dedicarsi alle voci bianche. “Ai direttori che vogliono lavorare con un coro di bambini direi anzitutto che è un’esperienza molto bella, dove abbiamo la possibilità di dare tanto e da cui si riceve molto. La cosa piú importante fin dagli inizi è far amare la musica ai bambini e prepararli con gioia alla pratica vocale. L’educazione musicale dei bambini ha radici profondamente umane: il rispetto delle loro inclinazioni, delle loro reazioni, bisogna agire facendo emergere con mezzi pedagogici appropriati e la tecnica piú corretta, oltre che le loro capa cità, il desiderio e la soddisfazione del cantare insieme. Ricerchiamo da subito l’espressività della voce, il cantare con gusto e sensibilità, iniziando cosí il cammino con canti facili che permettono la cura del suono, dell’intonazione, delle dinamiche e che aumenteranno di difficoltà nel tempo e nella capacità espressiva dei piccoli coristi. Credo sia di fondamentale importanza credere che ci sia sempre da imparare, voler sperimentare, mettersi in discussione. Questi sono i consigli che cerco di dare agli insegnanti di musica e ai direttori che oggi si rivolgono a me e che cerco di mettere in pratica.” «I Piccoli Musici» sono una realtà prevalentemente al femminile, come è per la maggior parte dei cori di voci bianche su territorio nazionale e internazionale, se si escludono alcuni cori storici, da sempre costituiti solo da maschi. Anche per il maestro Mario Mora è sempre stato piú difficile coinvolgere i bambini che preferiscono decisamente dedicare il tempo libero ad attività sportive, prevalentemente al calcio ed al basket, mossi magari dal desiderio di divenire un domani dei campioni. Dice il maestro: “Nella mia scuola cerco di valorizzare tutti, e chi ne entra a far parte, vista anche l’organizzazione, raramente la lascia. Ciò è possibile perché nella scuola sono attualmente presenti due corsi corali preparatori costituiti rispettivamente da quarantadue bambini che ogni settimana seguono le lezioni di lettura della partitura e di coro della durata di un’ora ciascuna e da trentacinque bambini che settimanalmente frequentano il corso di lettura musicale della durata di un’ora, seguito dalla prova corale di trenta minuti. Già in questi corsi i bambini di sei anni, cantano semplici melodie, imparano a iniziare e terminare insieme, le eseguono con gusto, con espressività. La cura del suono, la fusione e la corretta respirazione, a mio avviso, devono essere insegnate al bambino fin dai suoi primi approcci all’esperienza corale.

Coro “I Piccoli Musici”, Concerto dei Premiati, Arezzo 1995

Coro “I Piccoli Musici”, Concerto dei Premiati, Arezzo 1995

Oggi però si sta diffondendo l’idea che il canto debba essere sempre piú legato al movimento, cosí si vedono frequentemente cori italiani e stranieri, in particolar modo giovanili, che cantano eseguendo contemporaneamente coreografie di vario tipo. In contesti del genere, mi sento a volte fuori luogo. Naturalmente, questo modo di fare musica è piú vicino alla ’moda’ e suscita l’interesse di molti giovani. Personalmente ritengo che, nella maggior parte dei casi, non porti il bambino ad acquisire una corretta educazione vocale. Il movimento è un fattore positivo nell’esecuzione corale, quando però non nasconde un lavoro non precisamente curato sulla vocalità. In alcune occasioni si vedono addirittura cori di bambini, ognuno dei quali canta con il proprio microfono, o altri che spinti dalla passione dei rispettivi direttori per il «gospel» eseguono generi ed elaborazioni corali non proprio adatte alla loro età. In questo panorama, apprezzo molto il «Coro Vivaldi» di Barcellona, diretto dal maestro Oscar Boada, che, su mio suggerimento è stato recentemente invitato a tenere un corso per direttori di cori di voci bianche, organizzato dall’Usci Bergamo. Nel suo coro la cura per la vocalità è ancora l’aspetto principale, mentre sono piuttosto perplesso quando assisto ad esibizioni di cori, oggi molto richiesti, dove l’elemento coreografico domina ed è certamente accattivante ma, a mio parere, pone nettamente in secondo piano l’aspetto vocale e l’espressività, rendendo spesso le esecuzioni prive di dinamiche, di colore”. Come ti appare oggi il panorama italiano per cori di voci bianche? “Dal punto di vista numerico molti sono i cori che negli ultimi anni si sono costituiti, rispetto a una ventina d’anni fa. Purtroppo però molti puntano solo sull’apparenza e forse sono destinati a scomparire nel giro di pochi anni. La chiave vincente, secondo me, è dare solide basi fin dagli inizi e insieme creare il gusto nel bambino che canta. L’ideale sarebbe poter vedere i bambini fin da subito per due volte alla settimana, avviarli alla lettura musicale e contemporaneamente alla pratica corale, ma questo spesso non è possibile, anche per questioni organizzative. Condivido allora il pensiero che il maestro Gerhard Schmidt-Gaden esprime nel suo libro a questo proposito, dicendo che è meglio che un bambino canti con gusto e con espressione anche se ancora non sa leggere piuttosto che legga la musica correttamente ma senza alcuna partecipazione. Nella nostra scuola il bambino che intraprende l’attività corale segue anche lezioni di lettura musicale settimanali e quasi sempre anche lezioni di strumento. Ha cosí modo di praticare la musica per diverse ore settimanali e di familiarizzare velocemente con questo linguaggio. Fondamentale è la figura del direttore, gli obiettivi che vuole raggiungere, i brani che si sente di proporre. In Italia alcuni direttori lavorano su repertori che possiamo definire classici o storici, forse oggi meno compresi e condivisi; altri seguono il filone della musica leggera, di impatto piú immediato e legato alla moda; altri iniziano con le voci bianche e una volta costituito il coro giovanile non se la sentono piú di ricominciare con i bambini, la cui educazione richiede certamente maggiori energie ed è per un direttore piú impegnativa e faticosa”. Qual è il tuo rapporto con il repertorio corale? “Molti sono i brani di cui mi viene proposta l’esecuzione da compositori contemporanei o brani di autori del passato che analizzo per lungo tempo. La decisione di proporre un determinato repertorio è legata alla possibilità che un brano mi offre per poter lavorare sull’espressione, sulla direzione della frase, sulla pronuncia della parola, sul fraseggio. I miei coristi, da sempre, preferiscono cantare musica sacra rispetto al profano o al popolare. Penso dipenda dal tipo di educazione corale che hanno ricevuto”. Come si entra a far parte del coro da concerto, provenendo dai corsi preparatori? “Certamente il bambino che, provenendo dal corso preparatorio, entra oggi nella formazione da concerto incontra maggiori difficoltà, perché viene inserito in un repertorio già allestito e di un certo impegno. Per superare questo ostacolo il nuovo corista imparerà i brani a piú voci gradatamente, inserito nell’esperienza concertistica, ma con brevi esecuzioni che aumenteranno man mano con la sua preparazione. C’è però il vantaggio che i nuovi arrivati nel coro ne sentono il suono e sono portati ad imitarlo e ad integrarsi con esso. Fondamentale è il clima di amicizia e solidarietà presente nei ragazzi del coro che mettono a proprio agio anche i nuovi arrivati che da subito sono invogliati a stare insieme ed imparare. La motivazione è l’altro elemento fondamentale. Posso dire che entrano a far parte del coro da concerto i bambini che dimostrano di tenere veramente molto al coro, i piú costanti, i piú diligenti, a volte non i piú dotati vocalmente. Anche la vacanza studio estiva che ogni anno organizziamo per i coristi è un momento molto importante, perché aiuta a creare solidi rapporti di amicizia. Credo che la crescita umana debba procedere di pari passo con quella artistica. Ci sono bambini che già a sei anni hanno voci promettenti, chiare, pulite, come c’è chi è molto dotato ma non sufficientemente motivato, o ancora

Assegnazione “Guidoneum Award” 2008, conferito al direttore e al coro “alla carriera”, Arezzo, Pieve di Santa Maria

Assegnazione “Guidoneum Award” 2008, conferito al direttore e al
coro “alla carriera”, Arezzo, Pieve di Santa Maria

chi con grande probabilità difficilmente riuscirà a entrare nel coro da concerto. Eppure non posso permettermi di aspettare che i bambini siano vocalmente autonomi, non ce n’è il tempo. Aiuta molto certamente la continuità, il fatto di praticare il canto corale per tre ore settimanali. Noi facciamo i conti con un bacino d’utenza molto limitato e certamente molto differente da quello di altre realtà corali europee. Anche per questo motivo penso sia ancora piú meritorio, per i direttori di coro che in Italia operano con competenza e serietà, realizzare progetti di qualità con i propri cori. Il «Coro Vivaldi» di Barcellona, diretto da Oscar Boada opera, ad esempio, in una scuola che comprende diversi ordini, dalle medie al liceo, frequentata da millecinquecento ragazzi. Tutti gli alunni fanno coro tutti i giorni. Il maestro realizza quattro progetti ogni anno ed ha la possibilità di scegliere le voci migliori. Noi dobbiamo far cantare le voci che abbiamo a disposizione, nel migliore dei modi”. So che molte delle tue ex coriste, quelle con cui hai iniziato la tua avventura nel 1986 e negli anni subito successivi, sono tuttora molto legate ai «Piccoli Musici ». Ognuna ha intrapreso la sua strada professionale e umana ma hanno tuttora il desiderio di continuare a fare insieme musica di qualità. Spiegacene i motivi. “Sí , mi fa piacere che queste ragazze, ormai mamme e in carriera abbiano mantenuto anzi aumentato la loro passione per il canto e hanno voluto costituire un Ensemble vocale. A volte, quando dirigo l’Ensemble e incontro gli sguardi delle mie coriste, il pensiero va alle tante esperienze significative che abbiamo vissuto insieme, a iniziare dai concorsi di Vittorio Veneto e di Arezzo, nei quali il coro si è affermato vincendo il primo premio nel 1994 e 1995, alle prove impegnative, anche ai rimproveri che a volte ho rivolto loro. Credo che sia stato importante stabilire regole precise e uguali per tutti i componenti del coro, fin dagli inizi, pretendere la loro presenza a tutte le prove e a tutti i concerti. Rischiare anche qualcosa chiedendo loro certamente molto, del resto, se si vuole crescere insieme questo è, a mio parere, fondamentale. Tornando ad oggi, gestire un coro femminile è certamente piú difficoltoso per gli impegni imprescindibili dell’adulto. Ad ogni modo, io preferisco lavorare con i bambini, con cui mi trovo maggiormente a mio agio». Vorrei ora chiederti cosa pensi dei cori stranieri che si incontrano ai concorsi corali internazionali. “Spesso i cori stranieri che partecipano a concorsi internazionali, organizzati in Italia, sono costituiti da ragazze che sfiorano il limite di età consentito, i sedici anni. Sono quindi piú simili ai nostri cori femminili e sono costituiti da voci selezionate e dotate, le migliori, provenienti da scuole che hanno una lunga tradizione ed un enorme bacino da cui attingere. Devo però dire che dal punto di vista della qualità il divario tra cori italiani e stranieri non è sempre cosí vasto come qualche anno fa. A volte, pur essendo vocalmente ben preparati, questi cori sono carenti dal punto di vista espressivo. Io continuo a pensare che la gratificazione piú grande per i miei coristi e per me sia quella di riuscire ad emozionare il pubblico, di sentirci dire, al termine di un concerto, di essere riusciti a far venire i brividi e credo che i cori italiani debbano sfruttare maggiormente le proprie possibilità espressive, pur sapendo di non poter competere con certe realtà dal punto di vista tecnico. È indubbio che con una preparazione come quella di alcuni cori stranieri si riescano ad eseguire composizioni che per la maggior parte dei cori italiani di voci bianche sono impensabili, ma devo anche sottolineare che queste formazioni sono particolarmente abili nell’eseguire il loro repertorio, i brani tipici della loro cultura, nella loro lingua, del loro folclore. Diverso è sentirli eseguire brani appartenenti ad esempio alla musica rinascimentale o romantica, che richiedono una prassi stilistica ben diversa. Inoltre a volte le voci sono scure, innaturali, molto distanti dal suono delle voci bianche, oppure hanno una impostazione piú dura, spinta, tendente al lirico”. Relativamente alla vocalità, al suono del tuo coro, volevo chiederti qual è il tuo modello di riferimento. “Mi è sempre piaciuta l’affermazione di Guido d’Arezzo che dice – la voce perfetta è clara, alta, suavis – quindi cerco di trasmettere ai miei coristi di cantare con morbidezza, sorriso, facilità, grazia. Molto poi ho imparato direttamente ‘sul campo’ in tanti anni di attività” . Concludendo ti sentiresti di sintetizzare a cosa è dovuto il successo dei «Piccoli Musici»? “In primo luogo alla continuità, l’impegno costante, la forza dell’entusiasmo e la gratificazione del risultato. Alla collaborazione con le famiglie dei coristi; riuscire a creare un buon rapporto dà ai direttori la possibilità di poter continuare negli anni il proprio lavoro e di costituire un gruppo di coristi che possano essere d’esempio, non solo vocale, per i nuovi arrivati. Alle opportunità formative che la scuola dei Piccoli Musici offre ai coristi. Sappiamo bene che chi studia anche uno strumento ha maggiori occasioni di fare musica d’insieme e che chi canta in coro e contemporaneamente si dedica allo studio di uno strumento lo suonerà con maggior musicalità rispetto a chi non pratica l’attività corale. Sarebbe quindi importante che il corista si dedicasse anche all’apprendimento di uno strumento musicale, ma non esistono regole certe. All’ambiente in cui si opera. Mi spiego meglio: ogni direttore si trova ad agire all’interno di un determinato contesto sociale e culturale che può essere piú o meno favorevole a sostenere la sua attività. Non dipende sempre tutto soltanto dalle capacità del direttore, anche l’ambiente in cui si agisce ha il suo peso. Diciamo che Casazza è una realtà che ha saputo rispondere con entusiasmo alla mia proposta, fin dai primi anni, e l’impegno costante dei coristi, unito al sostegno delle loro famiglie, mi ha permesso di crescere insieme al coro e di portare i coristi a raggiungere obiettivi importanti. In ogni caso mi ritengo fortunato poiché, nonostante i numerosi impegni di tutti, nessuno dei coristi, dalla scuola primaria alle superiori, manca mai alle due prove settimanali, alle lezioni di teoria e di strumento.” La tua scuola e il tuo coro sono stati d’esempio e di stimolo per la costituzione negli anni di diverse altre realtà corali italiane. Su quali basi si instaura il rapporto tra te e i tuoi giovani coristi? “Sono convinto che sia indispensabile, nel rispetto dei bambini, dar loro tutte le informazioni piú corrette possibili relativamente al loro percorso vocale e corale, renderli consapevoli di ciò che stanno imparando, non far loro perdere tempo, fare in modo che la loro formazione sia seria perché possano impiegare la voce correttamente anche un domani, quando potrebbero trovarsi a cantare in un coro di voci adulte. Il bambino può fare e dare molto, ma bisogna sapere cosa chiedergli e come chiederlo. Oggi, in televisione vediamo programmi in cui i bambini cantano di tutto. A volte capita di sentire certi repertori anche ai concorsi corali e, forse con troppa leggerezza, tutto ciò viene accettato e diviene ‘moda’.
Io penso che il repertorio piú adatto sia quello che ‘veste meglio’ il singolo coro, bisogna sfruttare al massimo le potenzialità dello stesso, rispettando però i limiti, perché riconoscerli vorrà dire anche riuscire pian piano a superarli. Inoltre nella nostra scuola il canto corale è da sempre disciplina di fondamentale importanza, a differenza di ciò che avviene in molte altre scuole di musica che considerano l’insegnamento strumentale di livello superiore a quello corale”.  Al termine di questa lunga e arricchente intervista con il maestro Mario Mora esco dalla scuola dei «Piccoli Musici» con molti pensieri e molte riflessioni. Penso innanzitutto alla bella realtà – una realtà che ormai ha superato il quarto di secolo – che ha fatto di Casazza un centro musicale di eccellenza, nel quale molti bambini e bambine ricevono un’educazione al canto corale di grande spessore e di veri e profond i contenuti. Tutto ciò è stato possibile grazie alla determinazione, alla passione, all’entusiasmo, alle competenze professionali e artistiche di questo maestro, non a caso estremamente amato dalle sue giovani coriste di ieri e di oggi, alle quali ha saputo trasmettere, insieme al messaggio che le cose belle si costruiscono giorno per giorno, con costanza e impegno, l’amore per la musica e in particolare per la musica corale. Molti sono stati i riconoscimenti da lui ottenuti nel corso della sua brillante carriera alla guida dei «Piccoli Musici»; particolarmente significativa la nomina nel 2001 a Cavaliere dell’ordine di San Silvestro Papa, conferitagli da Papa Giovanni Paolo II per l’attività educativa e musicale svolta in favore dei ragazzi. Vorrei concludere dedicando uno spazio anche alle incisioni discografiche del coro, edite da importanti case e istituzioni, tra cui Fondazione Guido d’Arezzo, Federazione Cori del Trentino, Europa Cantat, Sony,
Larus e Decca. Tra esse:
-Mendelssohn –Britten: contiene i Tre mottetti in lingua
latina op. 39 di Felix Mendelssohn Bartholdy, la
raccolta A Ceremony of carols op. 38 di Benjamin
Britten e la Missa brevis in D, op. 63 sempre di Benjamin
Britten, Carrara, 1997.
-Vespro di Natale, Andrian Willaert, Stradivarius,
1998.
-Alleluia, R. Facchinetti e M.F. Polli, Larus, 2000,
dedicato a Papa Giovanni.
-Christmas songs, raccolta di canti tradizionali natalizi,
Stradivarius,2000, giudicata dalla rivista francese
Repertoire il miglior disco di Natale dell’anno 2000.
-Around the World, Carrara, 2003, raccolta di canti
e melodie dal mondo, molti dei quali elaborati da
Riccardo Giavina.
-Giro giro canto 3, raccolta di canti corali per voci
bianche, Feniarco, 2008.
-Nativitas, a Christmas festival, edito da “I Piccoli
Musici” 2010.

Basilica Cattedrale di Parma, 8 giugno 2013, VI Festival di cori “Adolfo Tanzi”

Basilica Cattedrale di Parma, 8 giugno 2013, VI Festival di cori “Adolfo Tanzi”