Il primo approccio alle musiche di Don Savino, avvenne per me con una sua composizione corale, dal titolo”Ave Maris Stella”, inno a quattro voci miste che faceva parte del repertorio del coro polifonico di Reggio Emilia diretto dal Maestro Giuliano Giaroli, brano che lui stesso inseriva con frequenza negli innumerevoli concerti e Messe a partire dalla sua fondazione nel 1982. Il 1995 fu l’anno del mio ingresso al coro, fino al 2001 quando Giuliano ci lasciò prematuramente dopo una fulminante malattia. Ricordo con profonda emozione i concerti tenuti nelle chiese di Reggio ma in particolare la serie di concerti che tenemmo a Spoleto nell’ambito del Festival dei Due Mondi nelle stagioni 1996 1997 e 1998. In una di queste esibizioni eseguimmo come “BIS” un’Ave Maris Stella che risuonò con savino bonicellinotevole effetto nelle navate della chiesa di S. Eufemia, splendida costruzione in stile romanico a pochi passi dal Duomo spoletino. Gli applausi furono sinceri e accolsero favorevolmente il coro e la scelta del repertorio proposto quella notte. Al termine di questo fuori programma, il maestro Giaroli fu avvicinato da un signore distinto che era tra il pubblico, il quale gli domandò chi fosse l’autore di questo inno mariano. Prontamente il maestro con la sua voce squillante e piena di orgoglio disse: “Il compositore dell’Ave Maris è Don Savino Bonicelli, che fu il mio primo maestro di musica !” Il signore che poi si presentò come un musicista romano in vacanza a Spoleto, non fece altro che fare apprezzamenti sul brano chiedendo informazioni su don Savino compositore. Non so cosa rispondesse il maestro Giaroli a riguardo, ma posso dire che sicuramente ne parlò bene e, a distanza di venti anni da quell’incontro, posso dire che don Savino fu veramente un musicista degno di rispetto e attenzione, specialmente dopo aver scoperto molte sue composizioni presenti presso l’archivio parrocchiale a Villa Minozzo. Dopo questa mia premessa, che può apparire lontana dal mio intervento, chiarisco perché ho voluto citare il Maestro Giaroli per arrivare a don Savino. I due nomi sono legati tra loro: uno fu allievo dell’altro durante il periodo in cui il parroco “montanaro” fu insegnante di musica e matematica presso il seminario minore di Marola. Personaggi impregnati di una profonda conoscenza della musica e del canto sacro, i quali uno prima e uno poi, hanno potuto approfondire gli studi musicali a Roma presso il Pontificio Istituto di musica Sacra. Ricordando Don Bonicelli a trent’anni dalla morte e centodieci dalla sua nascita, in questo mio contributo alla pubblicazione, vorrei illustrare in sintesi la figura del don Savino musicista. Da quando dal 2007 mi è stato chiesto di dirigere Il “Gigante” di Villa Minozzo, sono potuto entrare in contatto con quella che è stata la figura di don Savino sotto l’aspetto di musicista e compositore: la sua Villa, la sua gente, i suoi allievi del corso di orientamento musicale da lui stesso istituito, fino ad alcuni dei miei coristi che l’hanno conosciuto non solo come parroco, ma anche come musicista e insegnante di coro. La vera sorpresa però è arrivata dopo aver preso visione delle sue musiche manoscritte contenute nell’archivio parrocchiale. Immediatamente dopo il mio insediamento al coro, alcuni cantori mi parlavano di alcune opere di Don Savino custodite in un armadio in canonica, ma a cui nessuno prima d’ora aveva messo mano se si esclude un recente riordino in cartelle dei suoi manoscritti curato da Padre Alfio Filippi alcuni anni addietro. Sistemazione fatta per non disperdere quello che, per la quasi totalità, dalla morte di don Savino era arrivato integro ai nostri giorni. Potendo finalmente accedere all’archivio, mi è balzato subito agli occhi, accanto ai suoi manoscritti, un sostanzioso corpus di partiture di vario genere, che comprendevano dagli spartiti per pianoforte delle sonate di Beethoven, alle opere per organo di Bach e autori vari, alle partiture di alcuni melodrammi, raccolte di canti popolari, nonchè trattati di armonia e contrappunto e opere musicologiche. Tutto questo a dimostrazione della preparazione e conoscenza della musica a tutto tondo che Don Savino possedeva: preparazione e competenza che si é poi riversata nel suo estro compositivo. Citare in questo mio intervento tutte le opere di don Savino é in pratica impossibile; non solo per ragioni di spazio e per i tempi ristretti della stesura di questa pubblicazione, ma soprattutto perché allo stato odierno, credo che non tutte le sue musiche siano conservate a Villa. La soppressione del Seminario minore di Marola e di Albinea e i traslochi che lo stesso don Savino fece nel corso degli anni, non ha contribuito certo a custodire in maniera integrale le sue musiche. Lui stesso non ha mai redatto un catalogo con numero d’opera, o un semplice elenco delle
sue composizioni; fa eccezione un foglio autografo, datato 31 agosto 1969 e scritto su richiesta della locale Pro-Loco, per una pubblicazione sull’anniversario dei suoi venticinque anni di attività pastorale a Villa Minozzo e dei quaranta dalla sua ordinazione. Per colmare queste lacune si è deciso in collaborazione con il comitato parrocchiale e con l’ausilio di Omar Campi e Gianluca Togninelli, amici e colleghi musicisti, di redigere con la più scrupolosa meticolosità una sua “Opera Omnia”; lavoro che è tuttora in corso di completamento, e che mi auguro terminerà a breve. Le partiture autografe delle musiche conservate nell’archivio di Villa, sono scritte su carta pentagrammata di vario tipo e forma: da fogli d’album non rilegati, a piccoli quaderni cuciti a mano con ago e filo fino a veri e propri “brandelli” di carta da musica, utilizzata per altre sue composizioni o esercizi di armonia e contrappunto. Suscita curiosità un foglio d’album sul quale don Savino ricopiò il mottetto a cinque voci: “Tu es Pertus” composto a Roma. Nel retro del foglio compare un’annotazione di suo pugno: “ N.B : questo foglio di carta da musica mi è stato regalato dal card. Giovanni Mercati”. L’alto prelato nato nel 1866 e morto nel 1957 a Roma, era originario di Villa Gaida RE e molto probabilmente fu un fervente sostenitore dell’estro musicale e artistico di don Savino. Come possiamo immaginare lo stato del “corpus” musicale non è dei migliori: la conservazione della carta e l’inchiostro rendono le musiche poco leggibili; per questi motivi lui stesso sul finire degli anni ’80 del novecento trascrisse in “bella copia” su alcuni album di musica, le sue musiche annotandovi anche correzioni e revisioni rispetto ai manoscritti originali. Gli album sono numerati dall’uno al cinque, ordinati con un indice scritto a mano all’interno; sulla copertina compare la seguente dicitura: “versione definitiva che annulla tutte le altre”.Confrontando però le musiche scritte nei fogli staccati con quelle degli album, ci si accorge che non tutte sono state ricopiate Per citarne alcune: “Inveni David” offertorio a 3 voci dispari, “Litanie alla Vergine” per doppio coro, un “Justus ut Palma” a 8 voci, ed altre composizioni tra le quali un pezzo per pianoforte e voce dal titolo “Alla Mamma” su testo di Leonida Togninelli. Le musiche di Don Savino sono pressoché quasi tutte inedite, tuttavia se ne conoscono alcune che furono pubblicate quando egli era in vita e altre dopo la sua scomparsa:

• due “Ecce panis” pubblicati su “Cantiam col labbro pio”nel 1947 (solo la melodia)

• un inno al vescovo pubblicato su “Cantiam col labbro pio” nel 1934 (solo la melodia)

• Panis Angelicus – Ecce Panis – Tantum Ergo pubblicati nella raccolta ”Schola Cantorum” AAVV pubblicato dalle edizioni Carrara di Bergamo

Tra le sue composizioni eseguite dopo la sua morte, ma mai pubblicate cito :

• Messa in Italiano a quattro voci che viene ancora eseguita a Villa dal coro il Gigante e, sempre della stessa, una versione a quattro voci pari cantata dal coro Val Dolo di Toano del quale sono stato direttore dal 1994 al 2009.

• Ave Maris Stella nei repertori dei cori Polifonico di RE , Corale il Gigante di Villa Minozzo , coro Mundura di Montalto di Vezzano e dalla Corale Puccini di Sassuolo.

Dopo una prima analisi fatta al pianoforte di alcuni suoi lavori (il “suo” pianoforte nero, conservato in canonica dove abitò per quarant’anni, severo, imponente con tasti ingialliti e vissuti!!) mi sono reso conto dell’importanza musicale delle sue opere: dai mottetti in latino e una Messa del periodo giovanile composti a Marola, a quelli del soggiorno romano a Monte Mario dal 1939 al 1943 durante i suoi studi al Pontificio Istituto di Musica Sacra, ai canti liturgici in italiano, alle armonizzazioni di pastorali natalizie e di canti popolari composti a Villa. La sua musica è semplice ma non banale: scritta nel pieno rispetto delle regole dell’armonia e dell’andamento delle voci, con un’attenzione al testo prima di tutto, ma con un suo particolare “tocco” che le conferisce unicità nonostante la sua apparente semplicità. Aspetto rilevante di Don Savino è la figura di compositore attento ai dettami della riforma liturgica del 1965, quando arrivò la Messa in Italiano e si dovette ripensare anche alla musica per i nuovi testi introdotti nella Messa dall’ “Ordinarium Missæ” (Signore pietà, Gloria, Santo e Agnello di Dio) e agli altri inni e canti avrebbero sostituito quelli in lingua latina. Di tutto questo è un  esempio concreto la Messa composta da don Savino in lingua italiana, che si distingue per un andamento delle voci in stile omoritmico, per la scorrevolezza del testo e la semplicità armonica. Sullo stile della messa in italiano, si possono citare atri suoi lavori sempre in lingua italiana, come ad esempio: “Spirito di Dio, “Or sull’Altar”, ”Ti preghiam con viva fede”: canti pensati per la nuova liturgia, che pur moderni per quegli anni, conservano tutt’oggi in ambito liturgico una loro dignità e valenza musicale degna di nota. Possiamo tuttavia farci un’idea di questo autore, attraverso alcuni scritti del compianto mons. Guerrino Orlandini amico e collaboratore di don Savino, nel trigesimo della sua scomparsa, articoli comparsi sulla Libertà (periodico della Diocesi di Reggio Emilia e Guastalla) nel febbraio del 1983. Il giovane Savino entrò in seminario nel 1916 ed ebbe come suo primo insegnante di musica Don Giuseppe Farioli, benedettino e musicista originario di Carpineti, del quale si ricordano alcune composizioni sacre. Qui apprese i suoi primi elementi dell’armonia e del contrappunto. Terminati gli studi teologici, Savino fu ordinato sacerdote nell’anno 1928. Dal 1930 al 1943 fu insegnante di musica e matematica presso il seminario minore di Marola, dove diresse il coro che allora contava 60 elementi suddiviso nelle 4 voci canoniche. Il coro arrivò ad esecuzioni di alto livello, sia come repertorio sia come qualità delle voci. Don Savino era un “patito” della polifonia classica; il suo repertorio spaziava da Palestrina, Victoria, Lasso, a musicisti di epoche successive, come ad esempio Carissimi, Viadana e
Aurelio Signoretti, sacerdote reggiano del quale don Savino trascrisse ed eseguì, sempre con il coro del seminario la Missa Loquebantur a 4 voci ed un Magnificat del IV tono. Il pezzo “forte” di questo repertorio era il mottetto a 5 voci “Exultate Deo adiutori nostro” composto da G.P da Palestrina musicista esponente della scuola romana del ‘500, al quale don Savino era particolarmente affezionato e che secondo le testimonianze dell’epoca, par interpretasse in maniera superlativa. Alla dedicazione della nuova chiesa di Baiso nel 1936, fu invitato e partecipò il coro del Seminario di Marola. Dopo ben 2 ore di liturgia in pompa magna con Vescovo sacerdoti e presbiteri, i fedeli ormai accalcati alle porte per poter finalmente uscire, si fermarono di colpo dopo che il coro intonò l’Exultate Deo; all’epoca era impensabile applaudire in chiesa ,ma con gesti di varia natura i fedeli accorsi quel giorno a Baiso, espressero la propria gioia e soddisfazione in risposta al notevole impegno, sacrificio e dedizione che il direttore del coro dimostrava . Don Savino era molto severo e non tollerava errori, le così dette “stecche”. Don Giulio Rossi, parroco di Roteglia,ricorda un episodio in una celebrazione liturgica in chiesa a Marola , nella quale durante l’esecuzione di un mottetto uscì una nota fasulla per bocca di un corista: questo irritò talmente don Savino che posò la bacchetta su leggio e lasciò la direzione nel bel mezzo della messa. Dovettero rincorrerlo nel corridoio che dalla cantoria portava ai locali del seminario, per convincerlo a ritornare in coro e continuare la Messa ! “Un caratterino? Credo fosse solo molto esigente” continua Don Rossi, “Don Savino aveva la musica nella testa nel cuore e nelle mani”. Era noto che in Seminario aveva disegnato una tastiera sul tavolo di studio e su quella tastiera si divertiva a suonare “immaginando” i suoni che avrebbero dovuto uscire. Sempre a Marola fu anche l’organista titolare dell’abazia e ancora studente compose varie musiche tra cui una Messa a tre voci pari, che veniva regolarmente eseguita. Una composizione questa, che accusa qualche incertezza nella tecnica, ma rivela già precocemente il suo futuro estro musicale che lo caratterizzerà per il resto della sua vita (ne sono a testimonianza\ le correzioni che lui stesso appose quando ri-trascrisse la Messa negli album citati pocanzi). Sempre del periodo degli studi a Marola vorrei citare: “Ave Verum corpus” a tre voci del 1920, “Ad te Domine levavi”,”Dextera Domini” a tre voci “ Benedictus sit” e “Panis Angelicus” a quattro voci . Negli anni d’insegnamento al Seminario e precisamente il 21 giugno del 1938 giorno di San Luigi Gonzaga, (in onore del quale qualche tempo dopo don Savino comporrà un inno) venne eseguita una composizione dal titolo “il Figliuol prodigo” su testo di Guerrino Orlandini, contemplazione in 3 quadri per 3 solisti di canto, coro a 4 voci e pianoforte, oratorio incentrato sulla nota parabola dei vangeli. La prima esecuzione venne accolta con molto successo alla presenza delle autorità religiose della montagna, succesivamente ve ne fu una seconda alla presenza del vescovo Edoardo Brettoni che, recatosi in visita pastorale a Carpineti e avendo sentito parlare del lavoro di Don Savino, lo volle ascoltare. L’oratorio piacque anche a Raffaele Casimiri (1880-1943) musicologo, compositore, organista e presbitero italiano, attivo a Roma. Tra le opere di questo periodo posso citare: “Quis ascendet” a 4 voci del 1930,“Ecce Sacerdos” a 4 voci del 1935 “Assumpta est” a 3 voci del 1936. Nell’autunno del 1939 il trentaseienne sacerdote fu mandato a studiare a Roma presso il pontificio istituto di musica sacra fondato da San Pio X nel 1910 per perfezionare la sua formazione musicale. A Roma studiò con il noto compositore dell’epoca Licinio Refice (1883 -1954) sacerdote compositore di numerose Messe e grandissimo operista a carattere sacro. Don Savino soggiornava a Monte Mario, presso un convitto non lontano dalle aule scolastiche: lo attestano le note sulle partiture composte a Roma, come ad esempio un “Tu es Petrus” a 5 voci scritto molto probabilmente per la nuova elezione al soglio Pontificio di Eugenio Pacelli divenuto Pio Dodicesimo, una Messa a 4 voci in latino, la nota “Ave Maris Stella” a 4 voci e un “Veni Creator”. Le composizioni romane lasciano intravedere nuovi orizzonti alla sua attività di compositore: solidità e maggior tecnica dello strumento compositivo sono gli elementi che caratterizzano questi lavori. Purtroppo però il suo sogno di continuare la scuola di musica fu interrotto bruscamente in quanto, nel 1943 fu richiamato dal vescovo di Reggio, per sostituire don Elvo Magnani nell’insegnamento di Matematica al seminario di Marola interrompendo così l’ultimo anno del corso regolare. Tuttavia don Savino ebbe il tempo di conseguire il diploma in Canto gregoriano. Questo richiamo in terra reggiana don Savino non lo prese molto bene: la musica era la sua vita e credo che se avesse continuato gli studi romani, lo avremmo sicuramente ritrovato in ambiti importanti nel panorama musicale del tempo, ma le cose andarono diversamente. Nel 1943, cominciò a prestare il suo servizio pastorale in parrocchia a Villa Minozzo dove poi divenne parroco: anni difficili nel pieno della guerra, motivi che secondo don Orlandini: “gli fecero perdere la voglia di comporre” come lui stesso si esprimeva : la voglia, a motivo delle molte sofferenze e peripezie del suo ministero pastorale praticamente2e non è più tornata. Queste affermazioni a mio avviso sono vere, ma in parte: lo attestano alcune composizioni del periodo di Villa in quegli anni. Nel Natale del 1950 dopo gli anni difficili della guerra, il pianoforte di Don Savino torna ad essere uno strumento non solo per suonare i suoi amati Beethoven e Bach, ma anche per comporre: viene alla luce una pastorale per 4 voci su testo di don Orlandini della quale esistono due versioni: Angeli e Pastori e Campane di Natale. Gestazione sofferta perché egli preferiva armonizzare le pastorali più conosciute; dalla sua penna sono uscite piccole gemme come ad esempio: “Bambino divino”, “Venite Adoriamo”, “In notte placida”. Sempre di quel periodo cito un “Sanctorum Meritis” del 1958, un “Inno alla Madonna di Bismantova” per voce e organo del 1963, la sua Messa in Italiano citata in precedenza e la Messa del Maggio composta per il coro della sua parrocchia nativa, Costabona. Don Savino adattò ai testi liturgici della Messa alcuni dei più suggestivi motivi musicali del Maggio costabonese. Dopo aver preso visione delle sue composizioni ed analizzandole sotto l’aspetto compositivo e stilistico, mi è difficile collocare la figura del Don Savino musicista in un determinato ambito e tanto meno annoverarlo tra i compositori minori o “satelliti” di figure musicali più famose. Se mi venisse chiesto espressamente di farlo mi troverei in difficoltà. Sovente quando ricorrono questi anniversari di artisti così detti “minori”, inconsciamente da parte degli storici e dei biografi, si tende a colorare più del dovuto il personaggio in questione per aumentare il valore e i meriti di quello che in vita ha fatto. Questo non riguarda il compositore Don Savino; lui era un uomo semplice e riservato che attraverso la musica ha saputo dare uncontributo importante alla diocesi insegnando a fare del canto una preghiera e della liturgia una festa. Innumerevoli sono state le sue prestazioni, in quanto non sapeva dire di no ai parroci che lo invitavano per cantare una Messa o suonare all’organo e più di una volta gli accadeva di prendere due o tre impegni nello stesso giorno e nella stessa ora ! Le sue dimenticanze e distrazioni divennero proverbiali, ma nello stesso tempo erano in armonia con la sua personalità: esse possedevano sempre una freschezza particolare come unica era la sua musica. Per finire, vorrei riportare una frase che Mons. Orlandini scrisse trent’anni fa, sempre nel trigesimo, e che a mio avviso racchiude il suo essere di musicista: “Monsignor Savino Bonicelli: un prete che aveva la musica nel cuore!”… E veramente la Musica nel cuore, lui l’aveva.

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