Ho accettato con grande piacere l’invito a scrivere qualche considerazione sul tema della coralità. Ho letto con  attenzione l’articolo del M° Scattolin (persona molto competente  in materia…) nel quale vengono offerti tantissimi spunti di riflessione. Concordo sul fatto che la strada da percorrere sia lunga e complessa ma se mai si parte mai si arriverà..

Ciò che scrivo non ha forma organica…è piuttosto una serie di pensieri sparsi che riguardano il far coro, l’arte, le idee che creano la musica. Partiamo da una presa di coscienza: Il mondo cambia. Le cose cambiano. Le mode passano. Una parte del mondo corale è in crisi perché la società che ha prodotto e determinato alcuni valori è entrata in crisi. E’ cambiata, si è evoluta (purtroppo forse involuta…). La comunicazione cambia costantemente quindi  i modi di comunicare si adeguano. Ci sono delle concause per il disinteresse verso la musica corale. Bisogna fare, se non autocritica, un’analisi obiettiva. La tecnologia ha modificato le abitudini nella fruizione dei prodotti e nell’organizzazione del tempo libero (quindi nella vita sociale). Ci sono dei vantaggi: YouTube ci consente di ascoltare, scoprire, conoscere migliaia di canzoni, artisti, gruppi. Possiamo cliccare download e scaricare testi, spartiti, canzoni in un secondo. Con un unico click possiamo far viaggiare un file nei computer di tutti i coristi contemporaneamente (non son passati millenni da fotocopie e audiocassette). Ci sono ovviamente gli svantaggi: la pigrizia! Il mondo è tutto dentro al nostro cellulare quindi la realtà diventa non necessaria. Non usciamo più per andare a comprare un disco…possiamo scaricarlo sul cellulare. Non andiamo al cinema, non andiamo a sentire un concerto e  se fa freddo e piove saltiamo le prove del coro perché tanto arriverà a casa il file audio! Diciamo che dobbiamo trovare un nuovo equilibrio e accettare che ci siano diversi punti di vista.

Venticinque anni fa quasi non esistevano cori gospel, vocal pop o simili. Essendo stato io uno dei “colpevoli” a proporre un diverso modo di far coro ricordo perfettamente la “chiusura” e lo scetticismo del mondo corale “accademico” e a lungo le nuove proposte son state guardate con diffidenza. Adesso ci sono centinaia di cori gospel o pop e in tanti concorsi si è provveduto a  creare categorie specifiche. E’ una nuova realtà che sta cercando spazi e una propria identità.  E’ certo preoccupante che altre tipologie di coro stiano vivendo un momento di difficoltà ma dobbiamo anche accogliere positivamente lo sviluppo di nuove forme espressive e un nuovo modo di socializzare e stare insieme.

-Musica di qualità: Penso che tutti siano d’accordo sulla ricerca di qualità. Dire musica classica non garantisce la qualità. Cosa vogliamo dalla coralità italiana? Io direi: -energia -coinvolgimento -stupore e curiosità -capacità di comunicare. Polifonia rinascimentale o barocca, repertorio romantico o contemporaneo, gospel o vocal-pop… non importa quale di queste strade scegliamo; ciò che conta è il cercare la bellezza del suono, il piacere nel raggiungere nuovi traguardi, la cura del dettaglio. La cura della presentazione (come presentiamo e come ci presentiamo). Non basta mettersi una tunica per essere “gospel” così come non basta dare al coro un nome altisonante per cantare “barocco”. Questo significa rispetto per noi stessi e per il pubblico. Quando c’è qualità allora possiamo e dobbiamo accettare diverse prospettive. Nel proporre un autore (ad esempio Bach) o un brano possiamo: -ispirarci a … -rendere omaggio a… -dare un nuovo colore a… -giocare con… ma ciò che conta è la qualità. Si può anche giocare con la musica colta se fatto con rispetto e qualità. (to play,  spielen, jouer… giocare/suonare … come sapete, in molte lingue  le parole GIOCARE e SUONARE coincidono).

Cosa significa qualità? Secondo me è riuscire a proporre un’idea al 100% delle nostre possibilità. Mi piace ascoltare i “cori bravi” (es. coro giovanile italiano) ma provo  la stessa emozione quando ascolto un brano di qualsiasi coro minore di provincia  che ha dato in quel brano il massimo della propria potenzialità. La musica ha un grande potere evocativo. Se espressa con totale dedizione non può non creare momenti di magia e una vibrazione che unisce coristi, direttore e pubblico. Bisogna capire e sfruttare l’opportunità, il privilegio  di salire su un palcoscenico.

-La musica nelle scuole: Dirò cose banali e già sentite; non serve uno scienziato per affermare che arte e musica avrebbero un incredibile impatto positivo su bambini e ragazzi. I limiti della scuola italiana sono evidenti e imbarazzanti. Facciamo mea culpa nel senso che, data per cronica l’assenza delle istituzioni politiche, dobbiamo smettere di lamentarci e imparare ad ottimizzare il pochissimo tempo e le scarse risorse economiche. Un consiglio per  le scuole ma utile anche ai cori: Investire un po’ di tempo e risorse con collaborazioni di qualità. Troppo spesso le scelte del repertorio o degli insegnanti per preparare un concerto o un percorso didattico sono orientate verso chi offre il prezzo più basso. La competenza ha un costo e soprattutto un valore. A volte è più produttivo investire le risorse  in un docente che verrà per un numero limitato di lezioni ma che con il suo carisma e competenza darà una spinta incredibile ai ragazzi.

-Consiglio per i cori: Andare ad ascoltare altri cori anche di altri generi senza pregiudizi e aperti all’ascolto di idee nuove o diverse e creare più occasioni di scambio tra cori mettendo sempre in primo piano l’amore per la musica e non il narcisismo del proprio orticello. Tornando alla qualità,  negli ultimi anni la Feniarco e le associazioni regionali hanno fatto un grandissimo lavoro sulla qualità creando occasioni di incontro e corsi di formazione e specializzazione per direttori di coro e i risultati già si vedono. (ho ancora negli occhi e nel cuore l’energia e l’entusiasmo dei cori scolastici che hanno partecipato al Festival di Primavera a Montecatini).

-la comunicazione: La qualità non basterà se non si saprà trasmetterla. Questo concetto è legato al problema del  pubblico e della carenza di coristi citato dal M° Scattolin. Dobbiamo ripensare la comunicazione. Come detto all’inizio le cose cambiano e le mode cambiano… Un concerto ha motivo di esistere se c’è una relazione tra i suoi elementi necessari: CORO, REPERTORIO, PUBBLICO. Se i coristi vivono un periodo di stanchezza  e demotivazione e se il pubblico continua a scarseggiare, forse non è solo colpa dei cellulari e della pioggia… Nel proporre repertori impegnativi bisogna sempre ricordare che  lo scopo del concerto è il comunicare, trasmettere un’idea, un’emozione, dei valori. E fondamentale la scelta della scaletta: ad esempio, dopo aver eseguito un brano della durata di 10 minuti con armonie  “impegnative” che richiedono particolare attenzione nell’ascolto, sarebbe una buona idea che il brano successivo fosse meno “ impegnato”e un po’ più accattivante. Dobbiamo accettare e tener presente che una delle tante cose cambiate nei secoli è la soglia di attenzione, la capacità di concentrazione. La comunicazione moderna (tv, cinema, pubblicità) viaggia su tempi velocissimi. Fino a pochi anni il termine ZAPPING non esisteva …oggi facciamo “zapping” con tutto e con tutti… TV, YOUTUBE, FACEBOOK, WHATSAPP finendo per perderci in una sorta di labirinto che ci anestetizza. Tornando al pubblico che assiste ai concerti corali…immaginatevi il punto oltre il quale la gente comincia a rimpiangere divano e telecomando… E’ vero che nel  ‘700 le rappresentazioni teatrali duravano ore ma la percezione psicologica del tempo era diversa perché il metro di misura del tempo e delle distanze era diverso (e a dir il vero il pubblico non era certo “disciplinato” come al giorno d’oggi).

-La qualità dei cori: Non ci sono grandi segreti per la qualità, si tratta solo di lavorare con costanza e serietà. Certo è anche fondamentale che i direttori abbiano le idee chiare su organizzazione delle prove, repertorio, progetti e apporto motivazionale. I cori sono specchio del direttore. Se il direttore non riesce a coinvolgere i coristi il coro non riuscirà a coinvolgere il pubblico.

-Contaminazioni: Ho grande ammirazione e rispetto per le ricerche e le esecuzioni filologiche ma, come  già detto, bisogna pensare a come trasmettere in maniera leggibile le storie d’altri tempi. Soprattutto non sono utili alla coralità le chiusure élitarie nei confronti di chi invece vuole sperimentare o vuole giocare con le idee… Monteverdi o Gesualdo da Venosa sono stati dei magnifici ribelli del loro tempo andando oltre tutte le convenzioni. Bach a volte non ha voluto, ma spesso non ha potuto scrivere in uno stile diverso per i limiti imposti dalla sua società, dalle condizioni economiche e dai suoi datori di lavoro! Perché quindi non esser liberi di sperimentare senza sensi di colpa spaziando tra gli stili e i repertori? Ci sono già cori popolari o “alpini” che si son cimentati con grande qualità in brani pop o contemporanei. Contaminare non ha solamente una connotazione negativa…

Quanto detto in maniera sommaria non ha nessuna velleità  dottrinale. L’unico scopo era quello di offrire alcuni spunti per aprirsi a idee diverse. Vedere le cose da  altri punti di vista  con la speranza che ci possa essere più curiosità e determinazione da parte di tutti a far sì che tutte le strade intraprese dai vari cori, direttori, compositori trovino  sempre più spesso delle convergenze o dei crocevia. Dei punti di ristoro  dove ci si possa fermare ogni tanto  per rigenerarsi   e per un momento di condivisione del viaggio nella musica.