parte prima

Potrebbe forse sembrare eccessivo introdurre un articolo su Johann Michael Haydn con un simile quesito. Dopotutto già da molti anni esistono una biografia (in lingua tedesca)[1] e tre pubblicazioni della serie Denkmäler der Tonkunst in Österreich (una riguardante la produzione strumentale e due quella sacra)[2]. Inoltre la casa editrice viennese Doblinger si è in passato dedicata ad un’edizione completa delle sinfonie[3], mentre – recente iniziativa editoriale – è in fase di sviluppo una magnifica serie volta alla pubblicazione delle messe e dei mottetti[4]. Qua e là infine si possono ancora trovare piccole edizioni di musica strumentale e sacra, nonché voci enciclopediche in ogni lingua. Non basta tutto ciò a soddisfare ogni interrogativo sul compositore in questione?

In effetti dobbiamo riconoscere, che non sempre il sopracitato materiale è di facile raggiungimento, soprattutto al difuori del mondo culturale mitteleuropeo: sia perché – in parte – non più reperibile, sia perché le biblioteche specializzate non sono sempre a portata di mano. Per questo e per altri motivi (che analizzare richiederebbe troppo spazio), le esecuzioni musicali – per quantità e qualità – così come le conoscenze generali su Johann Michael Haydn, restano fino ad oggi purtroppo ancora scarse. Ci fu però un tempo, in cui la situazione a riguardo era ben diversa.

Nel fascicoletto compilato da Constant Wurzbach nel 1861[5] ed inserito l’anno successivo nel suo monumentale Biographisches Lexikon[6] si legge alla voce Haydn, Johann Michael: “[…] Ricevette da suo padre la prima impostazione di quel talento, grazie al quale egli sarebbe stato destinato a compiere in futuro opere tanto grandi []“[7]. Delle “opere tanto grandi” qui menzionate, noi oggi abbiamo perso la consapevolezza. Alla voce dell’ oggidì altrimenti conosciutissimo Joseph Haydn si legge: “[…] un fratello di Johann Michael, il celebre compositore di musica sacra”[8]. Questa affermazione lascerà del tutto perplesso il lettore attuale, non poco disorientato di fronte all’ inversione di una gerarchia artistica ormai considerata tanto ovvia quanto indiscutibile.

Da quanto sopra e da altre analoghe testimonianze sparse in pubblicazioni e manoscritti[9], si deduce in effetti con evidenza, che nel 19° secolo, quando si parlava di Haydn si intendeva comunemente non tanto Joseph, l’autore delle sinfonie londinesi, degli splendidi quartetti per archi, dei grandi oratori monumentali Die Schöpfung, Die Jahreszeiten e di tantissima altra musica di valore inestimabile, quanto suo fratello Johann Michael, “celebre compositore di musica sacra”!

Johann Michael Haydn: Chi è costui e – soprattutto – a che cosa è dovuta tanta considerazione nel secolo del Romanticismo musicale? Cercheremo di rispondere a questa domanda ripercorrendo le tappe principali della vita del musicista e prendendo in esame alcune delle sue composizioni più significative, illustrandone non solo il valore “in sé”, ma anche – e soprattutto – la funzione esemplare che queste ebbero per i compositori del suo tempo e delle generazioni successive.

Nato a Rohrau (Austria Inferiore) nel 1737, più giovane di Joseph di cinque anni, Johann Michael segue il fratello maggiore a Vienna, capitale dell’Impero Asburgico. Michael – come Joseph qualche anno prima – accede all’età di otto anni alla compagine vocale degli Hofkapellknaben (fanciulli cantori della Cappella di Corte, antesignani degli odierni Wiener Sängerknaben). Qui entrambi i fratelli godono di una discreta istruzione scolastica, basata su insegnamenti in religione, scienze naturali e latino nonché sui rudimenti di contrappunto e basso continuo. Soprattutto però viene loro insegnato a suonare sia violino che organo, strumenti grazie all’ottima padronanza dei quali, entrambi i fratelli potranno più tardi intraprendere la professione di musicus. Decisivo infine è il contatto con quel particolare repertorio sacro, che definirà in modo netto le basi del loro linguaggio musicale e del loro primo stile compositivo.

Alla Corte di Vienna vige in quel periodo un gusto musicale di impronta italiana: Maestri eminentissimi come Antonio Draghi (1634-1700), Marc Antonio Ziani (ca.1653-1715), Francesco Conti (1681-1732), Antonio Caldara (1670-1736) – e in un certo senso anche Antonio Vivaldi (1678-1741), che a Vienna andò giusto per morire – avevano contribuito a formare uno stile, in cui la maniera italiana ed un gusto saldamente conservativo riuscivano a combinarsi senza problemi l’una con l’altro. Maestro di canto e di teoria musicale degli Hofkapellknaben è all’epoca il rigido – ma argutissimo – Domkapellmeister Georg Reutter “il giovane” (1708-1772), compositore prolifico, non eccezionalmente profondo, ottimo conoscitore del contrappunto e delle mode musicali della sua epoca (era stato allievo di Caldara). L’influsso di Reutter è fortemente avvertibile nelle primizie compositive di entrambi i fratelli Haydn, i quali, non avendo ancora pratica con la musica strumentale profana, si cimentano dapprima con il genere musicale sacro a loro più familiare: la Messa. Di quel tipico stile – basato più sull’ esteriorità che non sulla sostanza – sono riconoscibili tratti compositivi ben precisi, alcuni dei quali verranno ora descritti.

Fra gli stilemi più evidenti, si annoverino certe particolari figurazioni ornamentali dei violini all’unisono, quali si possono riscontrare nella prima Messa composta nel 1750 dal diciassettenne Joseph Haydn[10]:

Mentre Joseph si distaccherà presto da questi modelli, nella musica di Michael l’influenza di Reutter rimarrà avvertibile fino in età matura. La Missa S. Nicolai Tolentini (MH 109) del 1768 (Michael aveva trentuno anni) presenta nella seguente figura ancora l’ indubbia impronta d’estrazione reutteriana:

(Allegro moderato)

Caratteristica altrettanto frequente – e spesso di gusto discutibile – delle composizioni giovanili tanto di Joseph quanto di Michael, è pure un certo andamento piuttosto inquieto nel basso strumentale: anche qui si tratta di un elemento stilistico ereditato da Reutter. Lo stesso dicasi (per Michael) del tipico organico: 2 clarini, 2 trombe, timpani.

Se però, lasciato il convitto degli Hofkapellknaben dopo la muta della voce, il più anziano dei due – Joseph – aspetterà ben quindici anni, prima di riprendere la composizione di una Messa[11], Michael invece coglie presto l’occasione per dedicarsi alla creazione musicale di magnifiche Messe e mottetti – ma anche di pregiata musica strumentale, cameristica e sinfonica – in qualità di musicus e Maestro di Cappella del Vescovo di Magnum Varadinum (Großwardein, l’odierna Oradea in Romania), funzione ricoperta con onore nel periodo compreso fra il 1757 ed il 1761.

Nell’arco di questi quattro anni la produzione musicale di Michael supera per qualità di gran lunga quella coeva del fratello Joseph, costretto dapprima a guadagnarsi il pane suonando il violino nelle chiese della Capitale e componendo piccoli pezzi d’occasione. Joseph proseguirà ancora i suoi studi musicali da autodidatta, esaminando le sonate di Ph. Emanuel Bach su un vecchio cembalo tarlato[12] e assistendo come Maestro accompagnatore alle lezioni di canto dell’eminentissimo Niccolò Porpora, che – oltre agli utili insegnamenti – non gli risparmia insulti ed umiliazioni[13]. Solo a partire dal 1759 (dall’età dunque di ventisette anni) Joseph potrà finalmente costruirsi la strada verso un successo internazionale come Maestro di Cappella al servizio del conte Morzin e successivamente – fino al termine della sua vita – presso i conti Esterházy.

Chi dunque per primo compie il passo più lungo sulla strada della carriera è il più giovane dei due fratelli: Michael, che a soli vent’anni d’età già gode di un prestigioso incarico di alta responsabilità musicale e organizzativa. La grande Missa Ss. Cyrilli et Methodii (MH 13) composta nella nuova funzione di Kapellmeister presso il Vescovo di Oradea, costituisce un vero punto culminante per perizia compositiva e per elevatezza di linguaggio. Michael sceglie la forma opulenta della “Messa solenne” di gusto italiano. Ricordiamo qui, che il fratello maggiore Joseph comporrà la sua prima Messa Solenne soltanto fra il 1769 ed il 1773 (Missa S.tae Caeciliae, Hob.XXII:5) a più di trent’anni d’età!

Dal 1762 Michael Haydn passerà al servizio dell’Arcivescovo di Salisburgo. Anche colà dominava un gusto musicale di stampo italiano, seppur diverso da quello che si poteva riscontrare a Vienna: meno conservativo da un lato, più esposto agli influssi popolareggianti dall’altro, nel complesso – va detto – piuttosto provinciale (anche nell’accezione positiva del termine). Qui sembra che a Michael Haydn lo stimolo compositivo venga meno: la produzione del primo decennio salisburghese non si eleva qualitativamente al disopra di un linguaggio piuttosto convenzionale, basato sull’uso di un formulario alla moda, privo di vera e propria originalità (fatta eccezione per la sopracitata Missa S. Nicolai Tolentini MH 109 e per qualche altra gemma). La sorpresa è sicuramente inaspettata, allorché Michael Haydn nel 1771 con il suo Requiem in do-min. “pro defunto Archiepiscopo Sigismundo” (MH 155) presenta un lavoro non più influenzato da Reutter, ma scritto in uno stile altamente drammatico e con tratti personali ben precisi.

Il giovane Wolfgang Amadeus Mozart (che alla data della prima esecuzione ha quindici anni e suona il continuo all’organo) rimane talmente colpito da fattura e densità espressiva di questo lavoro, che – vent’anni dopo – alla stesura del suo stesso Requiem in re min. (KV 626), se ne ricorda e lo considera – con evidenza lampante – un punto di riferimento fondamentale. Si prendano in esame alcuni dettagli del Requiem di Michael Haydn (1771) e si noti la somiglianza sorprendente con l’analogo lavoro mozartiano (1791):

  1. L’entrata imitativa del coro nell’ Introitus e l’accompagnamento degli archi in sincope:

  1. b) La scansione ritmica del verso “et lux perpetua”:

  1. c) La salmodia gregoriana al verso “Te decet hymnus” (Michael Haydn usa il primo tono, la cosiddetta “Lamentatio”, mentre Mozart si servirà del “tonus peregrinus”, ma l’impiego “drammaturgico” dei due toni psalmorum è – nell’uno e nell’altro caso – straordinariamente simile):

  1. d) L’incipit dell’ Offertorio “Domine Jesu”:

  1. e) Soggetto e controsoggetto della fuga “Quam olim Abrahae”:

Questi sono solo alcuni degli esempi più evidenti. Se ne potrebbero aggiungere molti altri di entità minore.

In più punti si ha dunque la netta sensazione di toccare con mano il Requiem KV 626! Come spiegare tutto ciò? Ricordandosi di quel Requiem eseguito nel 1771, Wolfgang Amadeus Mozart, musicista di genio altamente consapevole di sé,  porge un aperto ed intenzionale omaggio ad un compositore – Michael Haydn – per il quale egli ebbe una vera e propria venerazione e che considerò per tutta la sua vita un altissimo esempio di profondità e gusto musicale.

[1] Jancik, Hans: Johann Michael Haydn, ein vergessener Meister, Wien 1952

[2] Denkmäler der Tonkunst in Österreich, Wien 1894-, voll. nr. 29 (1907), 45 (1915), 62 (1925)

[3] Diletto musicale, Reihe alter Musik, Doblinger, Wien 1958-

[4] Johann Michael Haydn – Ausgewählte Werke, Carus-Verlag, Stuttgart

[5] Wurzbach, Constant Ritter von Tannenberg: Joseph Haydn und sein Bruder Michael. Zwei bio- bibliographische Künstlerskizzen, Wien 1861.

[6] Wurzbach, Constant, Ritter von Tannenberg: Biographisches Lexikon des Kaiserthums Oesterreich, enthaltend die Lebensskizzen der denkwürdigen Personen, welche seit 1750 in den österr. Kronländern geboren wurden oder darin gelebt und gewirkt haben, Wien 1856-1891.

[7] Wurzbach, 1861, pag.40 (traduzione, Lucio Golino)

[8] Wurzbach, 1861, pag. 8 (traduzione, Lucio Golino)

[9] Golino, Lucio: Aspekte der Michael-Haydn-Rezeption im 19. Jahrhundert, Wien 2008, Dissertazione non pubblicata

[10] Missa brevis in F-Dur, Hob. XXII:1

[11] Solo intorno al 1765 Joseph Haydn compone la sua seconda messa, che è la grandiosa Missa Beatissimae Virginis Mariae, anche detta “Große Orgelsolomesse” (Hob. XXII:4).

[12] Griesinger, Georg August: Biographische Notizen über Joseph Haydn, Wien 1810, ristampa: Wien 1954, pag. 11. Griesinger riferisce qui la seguente testimonianza narratagli da Joseph Haydn personalmente: “[…] ‘Quando io sedevo al mio vecchio cembalo divorato dai tarli, non provavo invidia per la fortuna di nessun monarca’. In quel periodo a Haydn vennero nelle mani le prime sei sonate di [Carl Philipp] Emanuel Bach; ‘Allora non mi alzavo più dal mio strumento, finché non le avevo suonate tutte da cima a fondo’ […]” (traduzione: Lucio Golino)

[13] Griesinger riporta il seguente passo: “[…]Porpora insegnava canto alla fidanzata dell’ambasciatore veneziano Correr ed essendo troppo pigro per accompagnarla al fortepiano, incaricava di questo compito il nostro Giuseppe. ‘Non mancavano insulti come asino, coglione, birbante e colpi fra le costole, ma io lo lasciavo fare, perché potevo imparare da Porpora l’arte del canto, della composizione e la lingua italiana’ […]”. Griesinger, Biogr. Notizen, pag. 12 (traduzione: Lucio Golino. Le parole sottolineate sono in italiano anche nel testo originale)