Nella fase di riscaldamento della voce/warm up, si eseguono solitamente gli stessi vocalizzi dei cantanti d’opera. Nulla di male, ma mentre il solista investe molto tempo per sviluppare estensione, potenza e colore, il corista, nel limitato tempo a disposizione, affinerà principalmente l’abilità di ascoltare mentre canta: è l’orecchio il suo principale strumento! Non è esonerato dal perfezionamento timbrico, dall’ampliamento della sua gamma, dal consolidamento dello spessore vocale, ma sono molto più utili, specialmente all’inizio, quegli esercizi corali (corali = d’assieme, vocali = solistici) che educano contemporaneamente voce e orecchio, produzione e percezione.

Si nota un evidente imbarazzo nel corista quando gli si chiede di creare – seduta stante – un suono, un inciso, un effetto, un glissato, oppure una parola o il proprio nome da musicare. Ciò è giustificato dal fatto che fin dal primo giorno gli vien chiesto di ripetere un vocalizzo da una precisa nota d’inizio, una partitura gli impone la nuova melodia, il suo canto fa sempre parte del suono collettivo della sezione: è portato quindi ad annullarsi e per la creatività non c’è proprio spazio! Il cantore deve invece sviluppare una sua personalità, nel rispetto dell’assieme, ma espandendo una potenzialità che lo soddisferà sia come individuo che come parte del gruppo. Curare il singolo cantore con prove individuali significa modellare ad personam un insegnamento mirato, per una pulizia e levigatura che la prova collettiva o di sezione non può dare. Ogni cantore dovrebbe arrivare all’assieme con le idee chiare sulla propria parte e sulla specifica tecnica vocale, come un ingranaggio di un motore ben pulito e ingrassato prima dell’assemblaggio. Ciò è possibile in casi di grande disponibilità del direttore o in strutture professionali. Il lavoro corale, nella maggior parte dei casi, viene quindi svolto nella prova serale. Nominare una voce guida, sicura, da imitare è nelle abitudini di molti direttori, ma confidare troppo nella forza trainante dei più dotati significa creare un divario sempre più evidente tra bravi e meno bravi. Altro ruolo ha il caposezione, figura riconosciuta da tutti che collabora col direttore nell’insegnamento delle parti, per una lettura più veloce. Può sostituire il direttore – in caso di sua assenza – nel condurre l’intera prova. Per favorire l’elasticità e la valorizzazione del singolo vengono qui proposte alcune brevi esercitazioni che daranno al direttore l’immediata possibilità di individuare incertezze, costringeranno ogni cantore ad ‘uscire allo scoperto’ e saranno particolarmente utili ai meno dotati che sentono il bisogno di farsi guidare dal compagno esperto (dipendenza). È un metodo sbrigativo che può scoraggiare dato che non c’è la copertura della sezione. Il corista intelligente, dopo le prime perplessità, si convincerà della validità dell’improvvisazione dentro uno spazio creativo. Rimangono esercitazioni d’assieme, quindi è una libertà vigilata, ma che chiede autonomia. Ad un primo impatto incerto si noterà un graduale miglioramento timbrico, una maggior decisione nella successiva entrata ed una caratterizzazione dell’improvvisazione, inizialmente influenzata dall’idea appena ascoltata. Disposizioni possibili:
Coro a sezioni unite (cantori A e B raggruppati), oppure cantore A alternato a B, oppure in 2 semicori separati per ascolto reciproco:

opp. opp.

alternando A e B nell’eseguire vocalizzi, esercizi e brani: mentre A canta B ascolta e viceversa.
Cantori sparsi (consigliata): coristi allargati, ognuno dispone di uno spazio tutto proprio (come lezione di ginnastica) da riempire con suono globale che coinvolge tutto il corpo, dai piedi (contatto con pavimento/senso delle radici), alle gambe (non rigide), alle spalle e collo (liberi da tensioni), al capo (ben sostenuto), alla fronte (non corrugata); non vanno ostacolati spontanei movimenti/ondeggiamenti corporei. Sensazione: vivere all’interno di uno spazio vibrante di energia sonora, da percepire non solo a livello uditivo, ma anche epidermico e corporeo.
ESERCIZI
1) Vocalizzo ‘a catena’: esecuzione individuale di un breve vocalizzo dove l’ultimo suono diventa il primo per il vicino (immagine = passaggio del testimone nella staffetta). Per un breve istante ogni corista sarà solista durante la prova collettiva, e non alla lezione individuale con il direttore o il vocalista. Vincere la timidezza è la prima conquista, poi si richiederà abilità timbrica e sonora. Il respiro prima dell’attacco va gestito dal singolo e regolato con precisione ritmica sull’inciso precedente; l’allievo disinvolto segnalerà il suo desiderio di ‘entrare’ con istintivi movimenti (immagine = il bambino che attende di entrare nel salto della corda e che già molleggia a tempo). I tre esercizi seguenti vanno dall’estensione di 3a, alla 5a e all’8va, da cantare con fluidità e andamento mosso.

2) Orologio: il direttore invita i cantori a scegliere per proprio conto un suono, un grido, un incipit (note iniziali di un brano), un effetto, una parola cantata o declamata da associare ad un numero da 1 a 60, da non dichiarare. Il direttore si disporrà di fronte al coro, ben visibile, con il braccio destro teso verso l’alto, ad imitare la lancetta dei secondi nel quadrante di un grande orologio immaginario, ferma sulla posizione dello 0 (partenza). Quando tutti saranno pronti il suo braccio/ lancetta inizierà a scorrere verso destra, senza fretta, fino a raggiungere la posizione dei 30 secondi (metà corsa); il braccio sinistro, senza interrompere, continuerà a scorrere per completare il ‘minuto creativo’. Il cantore, quando il direttore toccherà la posizione del numero scelto, produrrà la sua creazione. Da ripetere proponendo vari temi: incipit di brani corali conosciuti, poesie famose, arie d’opera, versi d’animali, spot pubblicitari, rumori, ecc. Ottima come esercitazione in classe , in una lezione/concerto o come eventuale fuori programma per coinvolgere un pubblico disponibile.
3) Glissato (dissonanza accidentale): vocalizzare su ampi glissati con vocali ‘O’ opp. ‘U’. Al segnale del direttore fermarsi sul suono d’arrivo e tenerlo ascoltando il risultato sonoro creato (cluster). Efficace è l’esempio del telecomando che mette in pause/fermo immagine la visione del film: il fotogramma sonoro resta per qualche secondo e poi riprende a scivolare sul glissato. Per evitare condizionamenti tra cantori vicini, il direttore chiederà al cantore A di attaccare dall’acuto e al vicino B dal grave (o viceversa). Saranno impasti armonici dissonanti, ma magici, nuovi, stimolanti, un passo verso i nuovi linguaggi eliminando gli errati binomi consonante/bello e dissonante/brutto. Il cantore tenderà a vocalizzare su brevi percorsi: dovrà essere incoraggiato ad allargare sempre più l’estensione cercando di non imitare il vicino, di arricchire la timbratura e lo spessore del suono.
4) Nome e cognome: musicare il proprio nome e cognome su una nota (i più timidi), oppure con fioriture, vocalizzi, ritmi particolari, oppure servendosi di motivi famosi, temi da film o d’opera (i più decisi).

5) Organo A: tenere un suono sulle vocali ‘A’ opp. ‘O’ scegliendolo tra le note dell’accordo che il direttore propone: triade M o m, anche con raddoppio all’8va del I. Verrà a formarsi un’armonia avvolgente, da vivere con tutto il corpo. All’interno di questa energia sonora in continua trasformazione, il cantore produrrà il suo suono con emissioni intense, ma morbide; smetterà, prenderà fiato e rientrerà assicurando l’esecuzione di tutte le note dell’accordo proposto (I, III, V). Emissione, stop, respiro e ripresa saranno frequenti, (fiati comodi) evitando vuoti e rientri evidenti, in un continuo annullarsi, galleggiando nel suono totale. Se la sala prove lo consente, i cantori cammineranno durante l’esercizio incontrando i ‘compagni di viaggio’ e sintonizzandosi sul loro suono: sarà lo stesso o un altro? La durata è a discrezione del direttore che darà la chiusura quando noterà un calo di tensione.
6) Organo B: il direttore intona i quattro suoni precedenti, il cantore ne sceglie uno e attacca al segnale del maestro; seguono altri tre attacchi che danno modo al corista di toccare tutti suoni proposti, evitando di eseguirli secondo un preciso ordine (dal basso all’alto o viceversa). È una produzione/percezione dove viene richiesta l’immediata analisi del risultato armonico: l’accordo è ben distribuito? uno dei suoni è troppo presente? poco? ne manca qualcuno? All’inizio il maestro suggerirà il primo suono al corista (per evitare che tutti intonino il fondamentale), lasciandolo poi libero di cantare i rimanenti nei successivi tre attacchi. Nel notare le differenze non ci si limiterà alla sola valutazione uditiva: l’impasto sonoro va associato ad una tinta luminosa o ad un particolare gusto, al contatto con materiali diversi: quattro differenze appena evidenti o contrastanti? Il corista incerto nell’assimilare il nuovo brano troverà anche qui maggior difficoltà e tenderà a uniformarsi al vicino: sia per l’ Organo A che per il B sarà importante quindi ripetere più volte.

PER NON STANCARE
La ripetizione resta il principale mezzo per il perfezionamento. Nel concertare il nuovo brano, una buona regola insegna di porre l’attenzione su uno o due particolari che vanno subito confermati: richiesta/verifica. In prossimità del concerto è d’obbligo il ripasso dei brani; ecco alcune strategie per evitare un’esecuzione scontata.
A) Coro sparso: non più a sezione, sempre allargati, il direttore si muoverà tra i cantori (immagine = un meccanico tra gli ingranaggi del motore), individuerà i problemi, interromperà e farà eseguire al solo, senza rimandare; non potendo guidare le singole sezioni sceglierà brani in cui il coro pu autogestire l’esecuzione.
B) Canto interrotto: al cenno del maestro cessa l’esecuzione e il coro continua a cantare mentalmente riattaccando al segnale del direttore che darà il nuovo attacco dapprima su accenti e armonie facili, poi più difficili; efficace è l’esempio del disco in vinile che continua a girare sul piatto mentre il volume viene abbassato, poi nuovamente alzato.
C) Attacco: invitare il cantore a dare l’attacco al coro o incaricarlo a tenere la nota dell’intonazione per tutta la sua sezione. Nell’esecuzione pubblica è molto più elegante tacere il suono iniziale dell’intonazione: questo esercizio avrà quindi solo uno scopo preparatorio.
D) ‘Scintille’: se l’esecuzione è distratta e soffiante, se il coro non emette subito le note, si può eseguire il pezzo con uno staccato su sillaba ‘du’, per cui tutte le figure vengono accorciate e le giuste pause colmano lo spazio vuoto: scintille di suono. Nell’esempio durano tutte un ottavo: da ‘Handbuch der chorischen Stimmbildung’ di W. Ehmann e F. Haasemann (Ed. Bärenreiter – 1985)

Si noterà la tendenza a ‘mangiare’ le pause. La ‘d’ suscita l’attività del diaframma (1); viene tralasciata nella ripetizione con sola ‘u’ (2) e quindi con le sole vocali del testo A(v)e (v)e(r)u(m) (3). Esercizio molto utile a chi cerca l’aiuto del compagno più sicuro: nelle pause, solo con le proprie forze, rappresenterà mentalmente il suono successivo in termini di altezza e precisione ritmica (1 e 2) e di tenuta di posizione delle vocali (3). L’attenzione è spinta in avanti, al suono successivo: ci spiega la tendenza a non rispettare i tempi vuoti e ad anticipare.

Articolo tratto dal metodo: Mario Lanaro Esperienze Corali © 2012 Edizioni Carrara Bergamo n. 5281 per gentile concessione