Ho accolto molto volentieri l’invito da parte di  AERCO di scrivere  alcune considerazioni sulle difficoltà del fare attività corale senza l’elemento principale che davamo tutti per scontato: la presenza fisica e simultanea di più persone in un luogo chiuso.

Nella meravigliosa varietà linguistica del nostro paese dimentichiamo spesso l’essenza delle cose e dei gesti.

“ Macchiato! Macchiato lungo! Macchiato freddo! Lungo con latte a parte, deca in tazza grande! “

Chiediamo omettendo l’essenza della richiesta e la parola che racchiude in sé una cultura secolare. Diamo per scontato il gesto rituale  del preparare un buon caffè…

“Vado a prove… solita ora in sala?  Mi raccomando puntuali…  fioi no go studià… le scorse prove è stato insopportabile (il maestro ndr)… ma stasera si ripassa o detta cose nuove? Aaaah stasera prove in piedi per il concerto…

Come per il caffè, nel nostro modo di vivere l’esperienza corale, la parola più generosa per raccontarla è PROVE…

Doveva succedere quello che purtroppo è successo a livello globale perché ci si rendesse conto che l’essenza di quel far PROVE, l’elemento imprescindibile era la presenza fisica che definisce lo stare insieme.

Domanda: nel tuo ruolo di maestro del coro, come hai affrontato le prove a distanza?

Risposta molto semplice e forse controversa: non le ho affrontate.

Dopo i primi giorni di allarme ed emergenza abbiamo tutti sperimentato per la prima volta nelle nostre vite il distanziamento sociale imposto dalla quarantena. Istintivamente avevo messo il coro “a riposo” prima che ce ne fosse l’obbligo. Per un lungo periodo sono stato in silenzio… Ho preso del tempo per me stesso, quello che definisco un “tempo mentale” dove i pensieri e le idee possano prendersi uno spazio non più ostacolato da scadenze o incombenze della “normale” e frenetica vita quotidiana.

Ho cominciato a percepire questa surreale nuova quotidianità come un’opportunità per dare la giusta collocazione alle tante cose che definiscono le nostre vite e i nostri impegni.

Poi c’è stato un momento denso di creatività da dedicare al coro… trascrivere, rivedere partiture, arrangiare nuovi brani, progettare incontri, prove, concerti…

Il passo successivo è stato il bellissimo momento di re-incontrarsi in coro seppur virtualmente.

Ho esternato la mia felicità, ho sentito l’energia di tutti che riusciva a superare i filtri e le barriere che impone il mondo virtuale…ho raccontato dei tanti progetti e, da diligente maestro, ho esortato i coristi a studiare diligentemente tutti i file audio e gli spartiti che avevo loro inviato…

L’incontro è finito con l’auspicio di ritrovarci a far prove quanto prima ma intanto avrei organizzato prove virtuali… mentivo a loro e a me stesso… siamo un coro amatoriale…due parole meravigliose spesso denigrate o banalizzate…

Prove virtuali… cantare insieme a distanza… cantare ascoltando una base dalle cuffiette.

Tutti “ossimori” artistici… In questo periodo la parte bella del progresso tecnologico è che ci fa sentire meno lontani…possiamo premere un bottone e collegarci con l’Australia…possiamo scrivere un pensiero e condividerlo su facebook… abbiamo reagito emotivamente e con creatività al disagio e allo smarrimento imposti dal distanziamento sociale… abbiamo inondato i social media di cantate a squarciagola da balconi e tetti e grondaie….

Abbiamo rispolverato gli arcobaleni che, poveretti, sono ormai il simbolo di qualsiasi cosa ci venga in mente.

 Il primo effetto positivo è che dai social sono spariti momentaneamente i gattini in tutte le salse e i selfies (resistono debolmente solo i piatti di pastasciutta e le grigliate…) Poi siamo apparsi noi, per la prima volta pronti ad amplificare un’idea comune… quelli del IL VIRTUAL CHOIR!  Lo dico senza ironia… è un’idea meravigliosa…

È uno straordinario strumento per diffondere idee creative e momenti di gioia condivisa.

Questa vicinanza e interattività virtuali sembravano la magica risposta al problema del suddetto coro amatoriale… possiamo far prove!!!

Ho lanciato la sfida al mio coro… ho proposto e suggerito varie modalità aggiungendo virtual solfeggio, virtual pillole di storia, link  di cose belle da ascoltare…ho proposto e non imposto ( è una delle regole fondamentali per i maestri di coro, saper quando imporre e quando proporre…). Ho poi chiesto che trovassero un momento per parlarne tra loro divisi per ciascuna sezione. (soprani contralti tenori e bassi sviluppano sempre una propria identità di sezione e una confidenza che a gruppo unito spesso mancano).

Ho atteso qualche giorno sapendo già la risposta che, se conosco bene il mio coro, non poteva essere che quella.

Con molto imbarazzo e misurando bene ogni parola i rappresentanti del coro mi hanno comunicato che a tutti i coristi mancano tanto LE PROVE, non vedono l’ora che si possa ricominciare e sono contentissimi di tutti i brani nuovi che ho spedito …. MA… Aspettavo da giorni quel MA… Ma studiare a casa è più faticoso.

Ma registrare la nostra voce e mandartela per un ascolto non ce la faccio.

Ma vederci sullo schermo e cantare uno alla volta è imbarazzante.

Ma… ma…

Ma soprattutto… Ci dispiace ma per la maggior parte di noi lo stimolo a far parte di un coro  è il trovarsi insieme fisicamente, il sentire le voci che si fondono, il condividere realmente la fatica e poi la soddisfazione di far crescere e maturare un progetto fatto di suoni a loro volta fatti da persone una diversa dall’altra…

In quel momento mi son sentito orgoglioso di far parte di un coro capace di andare all’essenza …

La mia frustrazione e tristezza del non poter far prove e il timore di ricominciare chissà quando con un coro totalmente arrugginito tecnicamente sono stati messi da parte…

Far coro, essere coro senza capirne l’essenza non ha senso.

La realtà virtuale può portarci ovunque, meravigliarci e amplificare e divulgare la nostra creatività ma, per fortuna, non è ancora riuscita a preparare un buon caffè… Attendo con gioia il momento di rivedere il mio coro e preparare e gustare insieme tanti caffè.

P.S. E siccome sogneremo tutti il prossimo concerto che significa presenza fisica di un pubblico e condivisione reale, la prima prova che faremo per prepararlo la chiameremo… O’ cafè suspiso…