di Johann Sebastian Bach

ANALISI

La raccolta di sei mottetti bachiani BWV226-230 ad oggi pervenutaci è costituita da un insieme di composizioni eterogeneo, poiché ciascuno di essi è stato composto in tempi diversi e presenta stili, strutture e soluzioni compositive talvolta assai differenti, così come differenti furono gli eventi per cui ogni singolo mottetto venne composto. È proprio tale natura occasionale la caratteristica della pratica del mottetto nella Germania luterana barocca: non solo tale forma musicale non fu soppiantata dalla novità del corale luterano, ma col pretesto della riforma da un lato nacquero stili mottettistici tedeschi in lingua tedesca, dall’altro la contaminazione coi Kantionalsätze1 e con lo stile concertato diede la luce alla forma della Cantata, che divenne forma privilegiata ad uso della liturgia evangelica, relegando il mottetto a composizione d’uso occasionale. Tale pratica è testimoniata dalle innumerevoli raccolte di mottetti in uso: tra queste in particolare il Florilegium Portense (1618/1621) di Erhard Bodenschatz, in uso presso la Thomasschule, dove Bach fu Thomaskantor a partire dal 1723, e nelle due chiese principali di Lipsia, la Nikolaikirche e la Thomaskirche, e di cui lo stesso Bach si procurò una copia. Quattro dei sei mottetti bachiani sono chiaramente identificabili come musica per cerimonie funebri, tra cui il mottetto Jesu, meine Freude BWV 227.

Pervenutoci in copie tardive, il mottetto BWV 227 è l’unico della raccolta a essere scritto a cinque voci e pare essere quello eseguito “più frequentemente di tutti gli altri messi insieme”2. In esso Bach utilizzò sia i versi della Lettera di S. Paolo ai Romani 8,1,2,9,10,11, sia le sei strofe del Lied Jesu, meine Freude di Johann Franck del 1653, musicate come corale luterano da Johann Crüger nello stesso anno. Un problema fondamentale su cui si è dovuta scontrare la ricerca musicologica è stato indubbiamente stabilire la specifica occasione per cui fu composto il mottetto, poiché tre erano le possibili circostanze di esecuzione di musica funebre a Lipsia a quei tempi: in primis nella camera ardente prima della processione funebre, oppure durante il sermone della messa di sepoltura, infine durante la messa commemorativa successiva alla data di sepoltura del defunto. Era opinione comune che fosse stato commissionato proprio per tale ultima circostanza, ovvero la messa commemorativa celebrata il 18 luglio 1723, presso la Nikolaikirche, in onore di Johanna Maria Rappold (o Rappolt), figlia del rettore della Nikolaischule e vedova di Johann Jacob Kees, commerciante, consigliere comunale e alto funzionario delle poste. Deceduta il 29 giugno, fu sepolta il 2 luglio presso la Paulinerkirche. Dapprima Werner Neumann3, in un suo saggio del 1970, e a seguire il teologo Martin Petzoldt, in due studi del 1982 e 1985, sottolinearono come non vi siano riferimenti all’esecuzione del mottetto BWV 227 nelle testimonianze documentarie della Nikolaikirche: unico legame andrebbe individuato col sermone declamato dall’allora pastore Salomon Deyling, dato che utilizzò i versi della Lettera ai Romani 8,1,2,6-11,14,15,28. Scartata pertanto tale ipotesi di esecuzione restano da considerare le altre due possibili occasioni: Petzoldt escluse anche l’ipotesi della messa di sepoltura in seguito al ritrovamento di un’istanza, scritta dal figliastro della defunta al principe sassone e datata al giorno del funerale, contenente un’annotazione secondo cui la sepoltura dovesse svolgersi in silenzio, senza accompagnamento musicale. Non resta che considerare l’ipotesi che il mottetto fosse stato eseguito prima della processione funebre, nella camera ardente della defunta.

Ma come avveniva l’esecuzione di un mottetto funebre nella Lipsia barocca? Cantare ai funerali era una ghiotta occasione per gli studenti della Thomasschule, poiché consentiva loro di ricevere compensi in denaro che permettevano di pagare la retta settimanale imposta dal Consiglio Comunale, pertanto cantavano a tutti i funerali della città, esclusi quelli dei bambini e dei poveri. Erano quattro le tipologie di funerale che i cittadini potevano richiedere, in base alla disponibilità economica: la scuola poteva essere convocata al completo, oppure con la metà più grande, la metà più piccola e infine con un quarto della scuola, e il Kantor partecipava solo alle prime due. Riguardo invece la prassi esecutiva il dibattito musicologico è controverso e animato. Tre erano le tipologie principali di esecuzione di un qualsiasi mottetto nel XVIII secolo: a cappella, coro accompagnato da basso continuo, coro e strumenti colla parte e basso continuo. Nello specifico di Lipsia, secondo le ricerche di Richter, nelle principali chiese della città era proibito l’accompagnamento strumentale nella musica da funerale, mentre non era rara l’esecuzione all’aperto con l’accompagnamento di un organo portativo.

Il mottetto BWV 227 è articolato in 11 movimenti, in cui risultano perfettamente alternati i testi della lettera paolina e del lied di Franck. Osservando più da vicino l’articolazione dei movimenti è possibile notare una strutturazione simmetrica e speculare: partendo dal sesto movimento, composto in forma di doppia fuga, è contemporaneamente seguito e preceduto da un trittico formato da corale semplice, terzetto e corale variato (movv. 3, 4, 5, e 7, 8, 9), a sua volta seguito e preceduto da un pannello contrappuntistico-imitativo rifacentesi allo stylus antiquus, infine alle estremità troviamo il corale figurato che apre e chiude il mottetto con lo stesso materiale musicale. Tale peculiarità richiama la figura retorica del chiasmo, che rappresenta l’idea cristiana della croce, ed è strettamente correlata al significato testuale dell’intero mottetto, incentrato sulla “battaglia spirituale” tra carne e spirito: il lied luterano e i versi della lettera paolina sono combinati insieme in un itinerario spirituale in cui il fedele è chiamato a discernere quanto è ordine della carne e quanto dello spirito, e a compiere pertanto una scelta.

Il mottetto si apre e si chiude con il verso Jesu, meine Freude, ovvero “Gesù, mia gioia”, gioia segnata contemporaneamente dalla presenza e dall’assenza dell’amato, situazione in cui si forma il desiderio, mentre il cuore si affanna e sospira: essenza dell’esperienza cristiana, è su questa fenditura che avviene il duello spirituale. In apertura del mottetto troviamo un corale figurato a quattro voci elaborato nello stile tipico luterano: melodia del Kantionalsatz al soprano, omoritmia predominante delle parti, ma soprattutto utilizzo della struttura della Barform. Eredità della tradizione poetico-musicale dei Minnesänger trecenteschi, consta di due stollen e un abgesang conclusivo, ovvero una struttura del tipo AAB, che ricorre in tutti e quattro i corali figurati. Oltre all’interessante condotta melodica del tenore, che con salti ascendenti di sesta e apici melodici evidenzia retoricamente alcune parole chiave (“pascolo del mio cuore”, “il mio cuore ti desidera”, vedi Es.1), assume grande rilievo l’espressione Gottes Lamm, mein Brautigam, ossia “Agnello di Dio, mio fidanzato”. Tale espressione fa riferimento alla mistica nuziale tipica dell’ortodossia luterana del XVIII secolo, e possiede radici profonde nella Bibbia: dal Vangelo di Giovanni, in cui l’agnello di Dio è presentato come sposo, all’Apocalisse, in cui si fa riferimento alle nozze dell’agnello.

Es.1: 1° movimento, Jesu, meine Freude. In evidenza la parte del tenore.

 

Es.2: 3° movimento, Unter deinem Schirmen, batt. 110-111. Dettaglio del primo verso dell’abgesang.

Già dal secondo corale figurato, corrispondente alla seconda strofa del testo di Franck (Unter deinem Schirmen), si hanno i primi segnali del duello: unico dei corali a essere armonizzato a cinque voci, si fa riferimento alle tempeste scatenate dai nemici, alla furia di Satana, ai lampi e ai tuoni. Il carattere si fa teso e musicalmente predomina la resa madrigalistica del testo, arrivando all’apice nell’abgesang: ob es itzt gleich kracht und blitzt, “anche se lampeggia e tuona”, realizzato con un madrigalismo collettivo delle quattro voci inferiori che amplificano il significato testuale già poeticamente carico grazie all’abbondanza di consonanti sorde e aspirate (vedi Es.2). Questo corale è presente anche nella Cantata Jesus schläft, was soll ich hoffen? BWV 81 (1724) come ultimo movimento a quattro voci e strumenti colla parte: tale Cantata condivide col mottetto sia la tonalità d’impianto, sia l’aspetto del dramma spirituale, basato sull’aspra dialettica tra le forze negative del mare (simbolo del caos, della morte e del giudizio divino) e l’intervento di Cristo che le contrasta4.

È nella terza strofa del testo di Franck che avviene la battaglia tra carne e spirito: in posizione quasi centrale nel mottetto (quinto movimento), è elaborato musicalmente come corale variato a cinque voci e raggiunge l’apice tensivo dell’intera composizione. La melodia del Kantionalsatz è irriconoscibile, fusa nei contorni melodici dei soprani: non è più elaborata come tenor, ma diviene spunto per la creazione di materiale musicale nuovo. L’ascoltatore è subito calato nell’azione, già dalla prima armonia dissonante che apre il corale: è l’unico movimento che inizia con un accordo di settima in primo rivolto. Vasto è il ricorso a figure retoriche e dissonanze, già dall’esclamazione reiterata dei primi versi: Trotz! Trotz dem alten Drachen, | Trotz! Trotz des Todes Rachen, | Trotz! Trotz der Furcht darzu!, ovvero “Sfida5 all’antico drago (o serpente), sfida alle fauci della morte, sfida anche alla paura!” (vedi Es.3). False relazioni, accordi di settima diminuita, scale ascendenti realizzate con note veloci (anabasi), salti d’ottava al basso, sono tutti espedienti retorici che amplificano singole parole o concetti (“paura”, “scaténati, o terra!”, “la terra e gli abissi dovranno tacere”, vedi Es.4). Improvvisamente, nel cuore della lotta, interviene una decisione: Ich steh hier und singe | in gar sichrer Ruh, ovvero “io resto qui e canto | nella più sicura tranquillità”. Formula dal sapore estremamente luterano, dato che rimanda alle parole di Lutero pronunciate dinanzi al Reichstag di Worms il 18 aprile 1521 (“Qui resto e altro non posso fare”), essa avvia un tempo di discernimento che si fissa su quanto sia ordine della carne in senso paolino. Il movimento si chiude riproponendo l’accordo di settima iniziale seguito da un lungo vocalizzo sulla parola brummen (“rumoreggiare”), che dipinge efficacemente tale cupa immagine grazie all’utilizzo della vocale “u” e dei registri gravi delle voci (vedi Es.5).

 

 

 

Es.3: 5° movimento, Trotz dem alten Drachen, batt. 147-157. Dettaglio della melodia del Kantionalsatz nei contorni melodici dei soprani, reiterazione dell’esclamazione Trotz e accordo di settima iniziale.

 

 

Es.4: 5° movimento, Trotz dem alten Drachen, batt. 162-164 e 190-197. Dettaglio delle figure retoriche del basso.

 

Es.5: 5° movimento, Trotz dem alten Drachen, batt. 201-209. Dettaglio dell’accordo di settima, figure retoriche e  lungo vocalizzo sulla parola brummen.

 

 

Proseguendo con le strofe dell’inno di Franck appare chiara la scelta compiuta dal fedele. La quarta strofa è resa musicalmente come corale figurato a quattro voci: il soprano esegue la melodia del Kantionalsatz, mentre le voci inferiori sono armonizzate in uno stile florido. Le negazioni weg e nicht vengono retoricamente reiterate, a sottolineare l’esito del duello spirituale come suggerito dal testo: “Via da me tutti i tesori, | sei tu il mio piacere, | Gesù, mio desiderio! | Lungi da me, vani onori, | rifiuto di ascoltarvi, | non voglio conoscervi! | Miseria, pena, croce, disgrazia e morte, | qualunque cosa io debba patire, | non mi separeranno da Gesù” (vedi Es.6).

La quinta strofa è resa musicalmente come corale variato: a differenza di Trotz il carattere è dolce e leggero, infatti l’organico prevede quattro voci senza il basso. Insieme al secondo terzetto sono gli unici movimenti del mottetto scritti in una tonalità diversa, inoltre riporta le caratteristiche tipiche del corale organistico secondo il genere del Quatuor: la melodia del Kantionalsatz è affidata al contralto come tenor, i due soprani dialogano tra loro in rapporti di terza con incipit imitativi e progressioni, mentre il tenore è relegato a voce di accompagnamento nello stile di spazierenden Bass (“basso mobile”) dato il caratteristico movimento fluido di crome. Complessivamente si ha l’impressione di una ninna nanna, in cui il fedele dice addio a quanto è ordine della carne nella vita terrena: “Buonanotte, o esistenza, | che hai scelto il mondo, | (…) soprattutto a te, o vita di iniquità, | buonanotte” (vedi Es.7). Tale corale compare sia nella già citata Cantata BWV 81, sia come Adagio nella Triosonata in Sol maggiore BWV 1038 per flauto, violino e basso continuo6.

 

Es.6: 7° movimento, Weg mit allen Schätzen, batt. 258-259 e 274-276. Dettaglio delle negazioni reiterate weg e nicht.

 

 

Es.7: 9° movimento, Gute Nacht, o Wesen, batt. 300-312. Dettaglio dell’impostazione compositiva delle voci: i due soprani in rapporti di terze e seste, il tenore in stile di spazierenden Bass, il contralto espone la melodia del Kantionalsatz come tenor.

Il testo paolino è adoperato da Bach nello spirito dell’ortodossia luterana, sottolineando quel riferimento all’interiorità nascosta dell’itinerario spirituale e mistico del fedele presente nell’inno di Franck. Tutti i versetti utilizzati, infatti, si riferiscono alla lotta dell’uomo tra desiderio della carne e dello spirito. È già nel testo del secondo movimento del mottetto, realizzato con una scrittura mottettistica contrappuntistico-imitativa a cinque voci di stampo rinascimentale, che si fonda la visione luterana del testo paolino: “Ora, dunque, non c’è nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù”. Si tocca così il fondamento dell’esperienza spirituale di Lutero, poiché “non sono condannato dal momento che sono in Cristo Gesù”, in altre parole “sono salvato dalla sola fide”, che si esplica nella scelta consapevole.

Seguendo la decisione di credere in Cristo Gesù si arriva alla parte centrale del mottetto, il sesto movimento, articolato come doppia fuga a cinque voci. Qui ha sede il luogo di conversione: “Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi”. Espressione centrale dell’ortodossia luterana cristocentrica, dimostra come l’effetto dello spirito che dimora in me sia quello di liberarmi dalla schiavitù del peccato e della morte, rendendomi capace di decisione. Su questa doppia dichiarazione sono posti i due soggetti della fuga, composti secondo l’antico artificio del contrappunto doppio alla decima, così da permettere che, nell’ultima sezione della fuga, i due soggetti vengano esposti insieme in un climax crescente. Nell’Adagio che segue la fuga compare una forte dichiarazione, di cruciale importanza per il senso generale del testo del mottetto: “Chi non ha lo spirito di Cristo, non è suo”. In essa si scontra la  mistica nuziale con il paradosso dell’unione tra credente e Crocifisso: lo spazio improvvisamente si apre e resta sospeso alla figura dell’appartenenza a Cristo, in cui si identifica l’Agnello e il fidanzato.

Due versetti del testo paolino, il 9 e l’11, sono musicati come terzetti. Il primo commistiona elementi di stile mottettistico, dati dal ricorso a incipit imitativi realizzati con l’uso di parole-motivo, ed elementi di stile di trio con basso continuo. Nel secondo invece prevale lo stile di trio con basso continuo: non mancano parole-motivo che danno luogo a incipit imitativi, ma il basso mantiene comunque un carattere da basso continuo. Interessante notare come la vivacità della tonalità di Do maggiore, chiara e luminosa, insieme alle ampie colorature di semicrome sulle parole “spirito”, “vita” e “giustizia”, esprimano l’ossimoro dell’antìtesi tra la morte del corpo causata dal peccato e la vivacità dello spirito.

Nel decimo movimento, reso similmente al secondo come scrittura contrappuntistico-imitativa, è l’annuncio della risurrezione a concludere la dinamica della “vita dello Spirito”: “Se lo Spirito di Dio, che ha resuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha resuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi”. Rispetto al secondo movimento compare qui una sezione centrale che inizia in Sol maggiore, cui segue poco dopo un accordo di settima diminuita (vedi Es.8): questo chiaroscuro improvviso ben evidenzia da un lato la resurrezione di Cristo, dall’altro la parola “i morti”. Interessante anche trattamento del coro a cinque voci, che realizza un vero e proprio dialogo tra il soprano e il resto dell’organico fino al ritorno in omoritmia sulla parola “morte”: espedienti tipici della scrittura per doppio coro, sono qui adoperati efficacemente in una scrittura per organico ridotto.

 

Es.8: 10° movimento, So nun der Geist, batt. 414-418. Dettaglio della modulazione improvvisa a Sol maggiore e accordo di settima diminuita sulla parola Toten.

Il mottetto si chiude con l’ultimo corale figurato sul testo dell’ultima strofa dell’inno di Franck. Il materiale musicale è lo stesso del primo corale che apre il mottetto, mentre il testo esprime il coagulo finale del discernimento: “Via, spiriti di tristezza, | poiché il Signore della Gioia, | Gesù, ecco arriva”. Questo verso riecheggia il versetto dell’Apocalisse 3,20: “Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me”. Con l’ultimo verso che, come abbiamo visto, contemporaneamente apre e chiude il mottetto, l’itinerario spirituale dell’inno è profilato sia in senso circolare che lineare: la circolarità è denotata da quest’ultimo verso, la linearità è compresa in tali estremi, segnata dalla lotta spirituale che chiama al discernimento e a una decisione.

 

BIBLIOGARFIA

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Martin Petzoldt, J. S. Bachs Bearbeitungen des Liedes «Jesu, meine Freude» von Johann Franck, in Musik und Kirche, 55, Kassel, Bärenreiter, 1985.

Christoph Teobald – Philippe Charru, La teologia di Bach, Bologna, EDB, 2014 («Sguardi, collana a cura di Pier Luigi Cabri e Roberto Alessandrini»).

 

1. Col termine Kantionalsatz si intende l’armonizzazione semplice a quattro voci omoritmiche di una melodia composta sul testo di un inno luterano. Tale melodia è posta alla voce superiore per rendere possibile la partecipazione della comunità ecclesiastica al canto religioso. Nell’analisi che segue si farà riferimento ad essa come “melodia del Kantionalsatz” onde evitare l’uso improprio di altre terminologie tecniche quali cantus firmus e simili.

2. Klaus Hofmann, Johann Sebastian Bach. Die Motetten, Kassel, Bärenreiter, 2005, p.116.

3. Werner Neumann (1905-1991) fu personalità di spicco negli studi bachiani: fondatore del Bach-Archiv Leipzig nel 1950, fu il principale editore della Neue Bach-Ausgabe, nonché editore del Bach-Jahrbuch insieme ad Alfred Dürr.

4. Raffaele Mellace, Johann Sebastian Bach. Le Cantate, Palermo, L’Epos, 2012, pp. 160-62.

5. Gardiner suggerisce che la parola trotz grammaticalmente sia in realtà una preposizione che significa “nonostante”, ma nel contesto dell’inno di Franck assume la risonanza del nome Trotz, che esprime sfida e ripicca: «un guanto lanciato al “vecchio dragone” convocato davanti ai nostri occhi con la vivacità visuale di un Cranach o di un Grunewald». John Eliot Gardiner, La musica nel castello del cielo, Torino, Einaudi, 2015, p. 495.

6. Dato che tale triosonata è considerata spuria da molti studiosi, non è chiaro se sia stato il corale del mottetto a ispirare l’Adagio della triosonata o viceversa.