Il 16 settembre si è spento Gianni Malatesta dopo una vita dedicata alla musica. Sono certa di non esagerare dicendo che, per la coralità di ispirazione popolare italiana, si tratta di un pezzo di storia che ci lascia.
Nato nel 1926 a Badia Polesine in provincia di Padova, aveva respirato musica fin dalla prima infanzia grazie al padre, diplomato in violino, e alla madre, pianista dilettante. Le sue doti musicali si incanalano presto nell’attività corale grazie alla sua padronanza della tecnica vocale. Dal 1950 al 1957 è l’istruttore, modernamente diremmo “preparatore vocale”, del Coro Cai di Padova (allora diretto dal maestro Livio Bolzonella) in cui era entrato come corista. Dal 1958 in poi la sua vicenda è inestricabilmente legata a quella del Coro Tre Pini di Padova, da lui fondato nello stesso anno. Il gruppo padovano è stato per sessant’anni il luogo della sperimentazione e lo strumento privilegiato delle idee musicali del suo fondatore. La sua impronta ha segnato stabilmente anche la vicenda del Coro Monte Venda di Galzignano alla cui guida il maestro Malatesta è rimasto per trent’anni. La profonda conoscenza della voce maschile e la perfetta padronanza tecnica dello “strumento coro” sono stati il filo conduttore di tutta la sua lunga attività musicale. Il suo lavoro sembra tuttora dirci che tutto parte dalla voce. In questo senso non stupisce quanto egli ebbe varie volte occasione di affermare: il direttore di coro deve anche essere un buon cantante. I risultati di questa sua concezione della coralità si ritrovano nella qualità delle esecuzioni dal vivo caratterizzate dalla perfetta intonazione e da un suono curatissimo. Fu proprio in qualità di esperto di vocalità che il maestro Malatesta ebbe modo di collaborare con la nostra associazione (allora ancora chiamata A.E.R.C.I.P.) nei primi anni ‘70. I primi corsi di aggiornamento per maestri lo videro invitato più volte in qualità di docente.
Come compositore ed elaboratore ha lasciato un repertorio vastissimo: circa 180 titoli che spaziano dai tradizionali veneti e trentini alla canzone italiana degli anni ‘50, dalla musica antica ai classici della canzone americana fino alle tante composizioni originali sacre e profane. Si tratta di brani che sono entrati nei programmi da concerto di moltissimi cori italiani sia a voci pari che miste grazie anche alle trascrizioni pubblicate dallo stesso maestro Malatesta nel volume del 2006 “Miscellanea corale”. Leggere, uno dopo l’altro, alcuni dei suoi titoli più noti come “Me compare Giacometo” “Aria sulla quarta corda” “Na volta gh’era” “Firenze sogna” “Blue moon” “Yesterday” “Summertime” e tanti altri ci può chiarire un’altra peculiarità del suo modo di far musica. Mi riferisco al suo essere “onnivoro” rispetto alla provenienza, all’epoca e anche allo stile del brano da elaborare.


Dall’elenco dei suoi brani più eseguiti traspaiono le grandi fascinazioni musicali che sono alla base del suo stile compositivo: i canti tradizionali trentini veneti e friulani, Gershwin, Kern, Rodgers e la canzone americana e infine la musica classica che Malatesta ha sempre rielaborato per coro con libertà, senza alcun timore reverenziale. Tra i tanti titoli da lui firmati mi piace ricordarne uno in particolare: la splendida elaborazione di “Bella ciao” che per anni il Coro Stelutis di Bologna, allora diretto da Giorgio Vacchi, ha eseguito come brano di chiusura dei propri concerti. Efficacissima e solenne al tempo stesso questa partitura si è diffusa tra i cori italiani anche nell’adattamento per coro misto.