Durante questi tormentati giorni un conoscente italiano che vive in Russia, mi ha chiesto, vedendomi pubblicare diversi post di condanna nei confronti dell’aggressione all’Ucraina, se ora anch’io avrei sospeso le tante collaborazioni con istituzioni russe che sia come presidente AERCO che come direttore artistico di alcuni festival corali sto portando avanti, con soddisfazione, da anni.
L’ho subito rassicurato dicendogli che non fa parte del mio DNA discriminare una cultura solamente perché il capo di quel popolo è improvvisamente impazzito oppure, al contrario, sta attuando un suicida progetto espansionista.

Mi fermo qui con le sottolineature politiche che, comunque le si tratti, vanno ad accontentare qualcuno e a infastidire altri. Non è questa la sede opportuna per questo tipo di valutazioni mentre invece mi trovo nel luogo giusto per le considerazioni sulla cultura corale russofona, ovvero di chi parla prevalentemente quella lingua come principale. Ci stanno dentro, ovviamente sia i russi che gli ucraini. Quando si parla di musica corale russa non si può prescindere dalla sua collocazione liturgica. La musica liturgica russa è la tradizione musicale della Chiesa ortodossa russa. Questa tradizione iniziò con l’importazione della musica religiosa dell’impero bizantino allorché la Rus’ di Kiev si convertì all’ortodossia nel 988.

In quel periodo, il Monte Athos era il centro musicale del mondo ortodosso. Monaci da tutta l’Europa orientale e da Bisanzio si recavano in quel luogo per la formazione musicale e per imparare i modi del canto ortodosso. Al Monte Athos, i monaci russi impararono la notazione neumatica bizantina per il canto, che adottarono prontamente e che riportarono con loro nella Rus’. Questo canto bizantino si trasformò rapidamente in un distinto stile russo, il canto Znamenny che fiorì e si diffuse soprattutto al nord (nella zona di Novgorod, principalmente) e al sud-ovest.
Dal sacco di Kiev nel 1240 e dalla successiva occupazione della Rus’ da parte dei mongoli fino alla loro espulsione nel 1480, si hanno rare notizie riguardanti la musica russa, ma le poche fonti esistenti mostrano piccoli cambiamenti al canto Znamenny, a parte alcuni cambiamenti notazionali.

Nel XVI secolo, la tradizione liturgica russa si divise tra il nord (la regione dominata da Mosca) e il sud-ovest (vicino a Kiev). Nel nord, il canto Znamenny e il canto Demestvenny cominciarono a diventare più elaborati. Il sistema neumatico divenne sempre più intricato. Inoltre, le varianti regionali e i neumi divennero parte della tradizione stabilita in quelle aree, rendendo quasi impossibile per i cantanti leggere a vista qualsiasi canto dalla partitura. Il canto stesso divenne anche molto più melismatico di prima. Questo portò all’istituzione di scuole di canto annesse ai monasteri, la più notevole delle quali fu la scuola di Novgorod. Ivan IV, trasferì la scuola di Novgorod a Mosca per aumentare il prestigio del Cremlino. Lo zar fu anche un compositore di canti, due dei quali esistono ancora oggi in condizioni leggibili ed eseguibili. La polifonia apparve in questo periodo sotto forma di eterofonia, che nella tradizione russa significava più cantanti che cantavano il cantus firmus mentre altri improvvisavano liberamente intorno ad esso pur mantenendo forti legami con la linea melodica originale.

Nel sud-ovest, la Chiesa ortodossa con sede a Kiev dovette affrontare la costante concorrenza di quella cattolica. Per rimanere all’altezza dei gesuiti, gli ortodossi aprirono diverse scuole che insegnavano ai laici a cantare e a leggere i neumi. Presero in prestito alcuni brani da altre lingue slave come quella serba, bulgara ed altre e, inoltre, standardizzarono sia la notazione che il metodo di insegnamento, mescolandoli insieme per formare un caratteristico stile di canto kyiv. Alla fine, durante il Rinascimento polacco, la Chiesa ortodossa di Kyiv adottò completamente gli stili polifonici popolari dell’epoca. Mantenne però il canto Znamenny e gli 8 echoi (definizione presa dalla teoria musicale bizantina) ma introdusse lo stile del canto discendente dei loro ‘avversari’ cattolici. La notazione adottò il pentagramma a 5 linee (al posto del tetragramma in uso fino a quel momento) e la notazione quadrata.

Il XVII secolo fu segnato dalle riforme. Il canto era diventato incredibilmente complesso per cui vari metropoliti tentarono di semplificare il sistema. Shaidur fu il primo e nel 1600 creò una notazione che mostrava chiaramente l’altezza iniziale di ogni brano, conosciuta come marcatura Shaidurov. Lo zar Alexei Mikhailovich e il patriarca Nikon patrocinarono lo stile sud-occidentale a discapito di quello moscovita, adottarono entrambi il modello gesuita di educazione, importarono cantanti da Kyiv e sostituirono il canto Znamenny con lo stile adoperato nel sud-ovest. Durante il regno di Alexei il canto Znamenny fu rimosso completamente dall’uso popolare.

All’inizio del XVIII secolo, le funzioni religiose divennero più simili a quelle cattoliche, con la creazione permanente di cori di chiesa e con l’istituzione di un Ordinario Musicale, chiamato Obychny, impostato polifonicamente nello stile italiano e tratto dal canto antico modernizzato e dal repertorio popolare. L’uso di concerti corali, brevi composizioni corali a cappella, destinate all’esecuzione durante le pause della liturgia (quando il clero stava ricevendo la Santa Comunione), fu soprattutto popolare dalla metà del XVII all’inizio del XIX secolo.

Alcune esecuzioni contemporanee prevedono piccoli gruppi, anche solo di 4-5 persone, con un cantante per ogni parte. I coristi sono spesso professionisti, tutti uomini, e cantano in luoghi sacri. Le loro performance sono di carattere intimo, ma nondimeno potenti. Tuttavia, altre esecuzioni da concerto si sono avvalse di ensemble relativamente grandi, includendo anche diversi bassi profondi. Tali esecuzioni sono caratterizzate da intensità, muscolosità, contrasto dinamico, e spesso da un vibrato massiccio. Questo approccio sembra derivare dalle esecuzioni dell’era sovietica e, per alcuni cori, è diventato l’approccio predefinito alla ‘miglior pratica’. Per esempio, la prima registrazione dei Vespri di Rachmaninoff eseguita da Sveshnikov nel 1965 è diventata quasi uno standard per molti cori slavi. Ovviamente, questo formato ‘da concerto’ è molto diverso dal formato ‘per la liturgia’ della tradizionale musica sacra russa e non tutti ne sono entusiasti. Tuttavia, per molti, l’effetto complessivo è ancora convincente e può essere profondamente commovente.

Avete visto che bel ponte corale c’è tra Ucraina e Russia? Facciamo tacere i cannoni per rimanere assordati soltanto da questa meravigliosa tradizione musicale!