Carrellata (non esaustiva) sull’immagine del canto corale nella settima arte

Il coro ci salverà?

Continuiamo a parlare di coro e cinema ma allontanandoci dai cori di voci bianche e dalla corsa al successo che era il trait d’union delle produzioni citate nello scorso articolo. Tra i film in cui il coro costituisce l’elemento centrale della trama potremmo individuare un filone più rivolto al sociale. In queste pellicole il canto corale viene presentato quasi come una terapia, una sorta di gruppo di auto mutuo aiuto in cui la resa artistica passa in secondo piano rispetto al valore umano e sociale della attività corale. È sicuramente il caso di: “Una canzone per Natale” https://www.youtube.com/watch?v=TsfI-jPUR_o titolo italiano di “The Christmas Choir” (2008) – Canada – di Peter Svatek. Il film è ispirato alla vera storia del coro costituito a Montreal negli anni ‘90 tra gli ospiti di un ricovero per senza tetto. La vicenda mette in relazione due mondi a prima vista, lontanissimi: quello del protagonista, uomo d’affari di successo con la passione per la musica, e quello dei senza tetto di una grande città. L’improvvisato maestro di coro propone loro di cantare dei carols natalizi nei tunnel della metro per chiedere offerte in sostegno della struttura che li ospita. L’idea, all’inizio, sembra solo un modo per raggranellare qualche spicciolo. In realtà diventerà qualcosa di molto più importante per tutti i partecipanti, maestro compreso. Quello che emerge, dopo i primi momenti di paura e diffidenza, è la bellezza del cantare insieme e un piccolo, ma significativo miglioramento nell’immagine che questi emarginati hanno di sé. Incredibilmente, nonostante la vicenda si svolga tra gli ospiti di un ricovero per senza tetto, ritroviamo anche qui la classica scena dell’audizione. In questo caso si, necessaria ai nostri eroi per poter ottenere il permesso di cantare nei tunnel della metropolitana. I classici natalizi presenti nel film sono cantati in modo assai realistico ad una o due voci a cappella.

Una forte sensibilità sociale è espressa anche da “Gabrielle. Un amore fuori dal coro”
https://www.youtube.com/watch?v=ZMa2630WEEA

Titolo originale “Gabrielle”. È un film del 2004 della regista canadese Louise Archambault. A fare da sfondo al contrastato amore tra un ragazzo e una ragazza affetti da ritardo mentale, c’è il coro delle Muses de Montrèal nato per dare una formazione professionale in campo artistico ai portatori di disabilità. Non manca il momento trionfale del concerto conclusivo in cui il gruppo accompagna dal vivo uno spettacolo del cantautore canadese Robert Charlebois.

Tutt’altra atmosfera, decisamente più spumeggiante, per la commedia “Sister Act” del 1992. Il film di Emile Ardolino non ha certo la pretesa di veicolare contenuti profondi, ma ha reso familiare al grande pubblico l’argomento “coro”. L’enorme successo di questo film è inscindibile dalla sua colonna sonora, costituita da alcuni classici del gospel e da adattamenti per coro femminile di qualche brano pop. La trama è nota: la protagonista, una cantante da night club brillantemente interpretata da Whoopi Goldberg, si ritrova costretta a nascondersi in un convento. Nonostante la sua estraneità all’ambiente accetta di dare una mano allo scalcinato coro delle suore che la ospitano. La musica consoliderà i rapporti tra le consorelle e le spingerà ad una maggiore apertura verso gli altri. Buona parte della trama si regge sul gioco dei contrasti e, prevedibilmente, anche la musica corale viene fatta rientrare in questo schema in cui vengono contrapposti il vecchio e il nuovo, i canti tradizionali e il vocal pop.

https://www.youtube.com/watch?v=NNkFp4rwsc0

Molto “ecumenicamente” le parti soliste sono distribuite tra tutte le consorelle anche se con timbri vocali buffi o sgraziati. Il conciliante lieto fine (trattandosi di film americano la gara tra cori non poteva mancare!) ha generato anche un sequel in cui la protagonista si prodiga nella costituzione di un coro scolastico che serva ad integrare i ragazzi emarginati.
Nei prossimi due film citati (entrambi europei) il coro non solo è il protagonista assoluto delle vicende ma assurge, sullo sfondo di avvenimenti drammatici, a fattore di rinascita. Una sorta di cura per l’anima moltiplicata dalla condivisione che infonde forza a chi canta e a chi ascolta. Anche le scelte musicali sono meno prevedibili che nelle produzioni statunitensi.

“As It Is in Heaven” è un film svedese del 2004 (https://www.youtube.com/watch?v=_BA8IBhYlRI) diretto da Kay Pollak. Film drammatico in cui tutta la trama ruota intorno ad un musicista, personaggio tormentato ma di grande talento e comunicativa, e ad un piccolo coro parrocchiale. L’azione vede il tentativo del direttore di portare avanti il proprio discorso musicale con sincerità e intensità convinto che la musica serva ad aprire i cuori delle persone e a renderle migliori. Non mancano i momenti drammatici, tutti innescati dal desiderio di vita e autenticità risvegliato nei coristi dal canto comunitario. Lo sguardo del regista indugia sulle dinamiche emotive che si sviluppano durante le prove e nelle esecuzioni pubbliche in chiesa: nei momenti più intensi è il coro a prendere idealmente la parola stemperando così una tensione che rischia di diventare insopportabile. I brani corali, quasi tutti inni religiosi tradizionali, sono cantati a cappella in versioni semplici ma efficaci. Interessante la scena in cui il maestro, incalzato dai coristi, spiega perché preferisce NON far partecipare il suo coro ad un concorso: la competizione, a suo parere, confligge con il vero scopo della musica cioè aprire il cuore delle persone. Nel corso della vicenda lo vedremo, in parte, contraddirsi ed accettare di portare il gruppo al grande festival europeo “Let the peoples sing”.


“La sfida delle mogli” (2019) di Peter Cattaneo
Il titolo italiano non rende ragione a questo film inglese, tratto da una storia vera, che vede protagoniste le mogli dei militari britannici in missione in Afganistan; una situazione di ansia e incertezza che unisce queste donne loro malgrado e che, troppo spesso, sfocia in malinconiche sbronze collettive al sabato sera. Kate, moglie del comandante del battaglione, e Lisa decidono di formare un coro per stemperare l’ansia e condividere le esperienze di ognuna di loro.
https://www.youtube.com/watch?v=tGlVx96h2xs Tra rivalità e malintesi l’appuntamento settimanale con il coro diventerà importante per tutte le partecipanti e aiuterà ad affrontare meglio vere e proprie tragedie. Il meccanismo della sublimazione del dolore e della sua condivisione viene evocato per tutto il film e raggiungerà il suo apice nell’esecuzione di un brano scritto dalle stesse coriste.
Ed ora alcuni cenni su varie pellicole, più o meno recenti, in cui il coro costituisce solo uno sfondo ad altri avvenimenti o un momento di “colore”. “Caterina va in città” (2003) regia di Paolo Virzì. Si tratta di una commedia dai toni agrodolci sull’eterno contrasto tra città e provincia. Nel film il coro fa parte dell’ambiente da cui la protagonista Caterina, adolescente di provincia, proviene. La ragazza è una corista entusiasta e la sua partenza dalla piccola cittadina di Montalto alla volta della capitale è preceduta da una scena in cui il coro amatoriale di cui fa parte esegue lo “Jubilate Deo” di Mozart. Nel corso della vicenda il suo personaggio si connota come ingenuo e “all’antica” e questa sua passione (spesso sottolineata dall’inserimento di cori verdiani) marca nettamente il suo essere e sentirsi fuori moda.
“The social network” (2010) regia di David Fincher: il film racconta l’ascesa dell’inventore di Facebook Mark Zuckerberg a cominciare dagli anni di studio ad Harvard. Si tratta, perciò, di una storia vera anche se assai spettacolarizzata. Tra i primi soci del protagonista troviamo i due facoltosi gemelli Vinkelwood che sembrano incarnare sullo schermo il prototipo del giovanotto “nato con la camicia”. Infatti sono entrambi membri di un esclusivo club universitario, di una squadra di canottaggio e di un gruppo vocale a cappella. In questo caso il canto corale diventa simbolo di un’attività prettamente elitaria in stridente contrasto con lo stile di vita da nerd, ai limiti dell’abbruttimento, del protagonista.
Analoga atmosfera la ritroviamo in una famosa scena di “Una poltrona per due” (1983) regia di John Landis. In questa divertente commedia l’ambiente “upper class” da cui proviene il personaggio interpretato da Dan Aykroyd è disseminato di status symbol eloquenti: abiti di sartoria, macchine di lusso, club esclusivi. Da notare il siparietto che vede i suoi amici, membri di un elegante circolo del tennis di Filadelfia, cantare a cappella, intonatissimi, per intrattenere le ragazze.
“Cold War”, titolo originale “Zimna wojna” è un film polacco del 2018 diretto da Paweł Pawlikowski. A margine della vicenda principale (una storia d’amore con risvolti tragici) vengono evocati i trionfi dei gruppi folkloristici dell’est europeo durante gli anni della guerra fredda. C’è anche un accenno alle campagne di ricerca etnomusicologica sul campo. I brani corali proposti sono raffinate elaborazioni di melodie tradizionali polacche. Il loro uso nel film esaspera l’atmosfera malinconica e straniante che fa da cornice al dramma dei due protagonisti.
“Un altro giro” (2020) regia di Thomas Vinterberg. Questo film danese ha vinto l’oscar come miglior film internazionale nel 2020. La vicenda agrodolce di quattro amici in piena crisi di mezza età è sottolineata da una colonna sonora insolitamente ricca di musica corale a cappella: le note di alcuni canti tradizionali elaborati per coro a voci virili enfatizzano, rendendole più toccanti, alcune scene conviviali. Il coro diventa, inoltre, decisamente protagonista in alcune sequenze ambientate in un liceo. Questo è il contesto: nell’assemblare ed eseguire con gli studenti alcuni inni patriottici danesi uno dei protagonisti della vicenda, insegnante di musica, riesce finalmente a trovare la giusta empatia con la propria classe. L’impressione è che l’inserimento di queste scene corali voglia rendere tangibili alcune emozioni collettive, come lo spirito di appartenenza e la solidarietà. Interessante, dal mio punto di vista, che ciò, sia reso facendo cantare i ragazzi in un’atmosfera di quotidianità assai lontana dai cliché hollywoodiani e da qualunque idea di competizione. Al termine di questa breve rassegna tento di fare alcune riflessioni sperando di fornire spunti per ulteriori approfondimenti. C’è una grande distanza tra l’immagine della coralità proposta dalla cinematografia statunitense e quella emergente dalle produzioni europee. Il cinema americano propone una visione del canto corale estremamente semplificata e, nel contempo, spettacolarizzata e non realistica. L’attenzione è spesso rivolta alle figure soliste e alla competitività tra i cori o all’interno degli stessi. Tra i generi proposti il gospel e il vocal pop sono assolutamente predominanti. Da un estremo all’altro: diversi film propongono storie incentrate sul poter terapeutico del canto corale in situazioni di disagio psichico, sociale ecc…. Il “topos” dell’audizione è diffusissimo e non risparmia nemmeno i soggetti cinematografici che vedono protagonisti cori di voci bianche. Sono rimasta sorpresa dal vedere quanto spazio viene riservato, in molti film, alle fasi di riscaldamento e tecnica vocale: evidentemente sono ritenute più interessanti rispetto ad altri momenti delle prove come l’insegnamento delle parti. Nel cinema nordeuropeo troviamo immagini più realistiche della coralità amatoriale. I repertori utilizzati sono spesso legati alla tradizione. Buona visione!

Ringraziamenti

Ringrazio infinitamente Luca Baroncini, grande esperto di cinema, che mi ha dato utili consigli per la redazione di questo articolo.
Ecco qualche riferimento per conoscere meglio il suo lavoro:
Direttore Responsabile del mensile cartaceo libertario “Cenerentola”
Redattore della rivista online di critica cinematografica “Gli spietati”
https://www.spietati.it/
Gestore della pagina Facebook “Cinema in sala” dedicata alla sala cinematografica.
https://www.facebook.com/cinemainsalaLB/

Interessanti spunti di riflessione anche in:
Fabio De Propris
“La voce cantata nei film. Un sondaggio nel Novecento e nel XXI secolo attraverso cinema e canzoni”
In Natura Società Letteratura, Atti del XXII Congresso dell’ADI – Associazione degli Italianisti (Bologna, 13-15 settembre 2018), a cura di A. Campana e F. Giunta, Roma, Adi editore, 2020