Conversazione con Silvia Testoni

La tecnica vocale è uno dei ricorrenti temi di confronto tra direttori di coro. Le grandi società corali sempre più spesso affidano la preparazione vocale dei coristi a professionisti esterni il cui profilo si sta delineando con precisione anche grazie ad accademie dedicate come quella dell’Asac. Il più delle volte, però, è il direttore stesso a farsi carico di queste esigenze occupandosi personalmente, oltre che dell’insegnamento delle parti e della concertazione, anche della vocalità.

Un lavoro complesso di cui vogliamo parlare con Silvia Testoni cantante, attrice attrice e docente esperta di metodo Estill.

Ma la parola “metodo” in questo specifico caso non è appropriata: si tratta di un addestramento vocale nato dalle ricerche e dall’esperienza personale della cantante lirica americana Jo Estill (1921-2010) e oggi diffuso in tutto il mondo. Sulla base di una imponente serie di studi che la fondatrice realizzò con medici foniatri e otorinolaringoiatri a partire dalla fine degli anni ‘70 vennero analizzati approfonditamente i fenomeni vocali servendosi di strumenti innovativi per l’epoca come il laringoscopio e lo spettrometro. Tramite questo approccio all’anatomia vennero codificati i meccanismi dell’emissione vocale in tutte le sue varianti. Si tratta delle 13 “figure obbligatorie per il controllo della voce”. Dalle molteplici combinazioni di questi elementi nascono le definizioni delle sei qualità principali della voce (da altri chiamate registri vocali) utilizzate nell’addestramento Estill. Insomma, un approccio molto tecnico che, intenzionalmente, tralascia gli aspetti artistici del canto. Anche per queste ragioni non sono mancate critiche, talora aspre, a questo approccio da taluni definito meccanicistico e parziale. Dopo queste necessarie precisazioni cominciamo a conoscere l’esperienza personale di Silvia Testoni in questo campo con alcune domande:

Come e quando è nato il tuo interesse verso il lavoro di Jo Estill?
È nato dalla conoscenza personale con Elisa Turlà (soprano e presidente del Centro Studi Estill scomparsa nel 2015) che era stata allieva di Jo Estill. Fu lei a portare il metodo in Italia e nel 1997 la aiutai a organizzare il primo corso. Ebbi così modo di vedere le prime registrazioni video originali in cui Jo Estill illustrava le sei qualità della voce (poi formalizzate come Speech, Falsetto, Sob, Twang, Belting e Opera). Non ti nascondo che, in un primo tempo, fui diffidente: temevo di trovarmi davanti all’ennesima “americanata” in cui si scopre l’acqua calda. In breve, però, capii che l’approccio alla materia era serio e scientifico. Dopo anni, infatti, possiamo dire che la terminologia usata dal metodo Estill sia stata in buona parte assorbita dal mondo scientifico. Il linguaggio mi interessa molto, non mi piace chiamare le cose in un modo solo ma è anche vero che se gli ingredienti base sono chiari e definiti anche la ricetta che ne deriva sarà più chiara e riproducibile. La sostanza del metodo, riassumendo, è che la voce è un mix di elementi che possono essere dosati a patto che siano ben conosciuti e distinti. Il metodo distingue gli “ingredienti base” del fenomeno vocale ai fini della composizione di una “ricetta”. I termini “Voce di testa” e “Voce di petto” sono ormai secolari e sempre validi. Possono essere sufficienti all’inizio degli studi ma andando avanti è doveroso entrare più nel dettaglio. Se dovessi dire qual è il valore più importante dell’Estill direi senza dubbio che è un percorso di comprensione personale, su se stessi, del fenomeno vocale. Proprio da questa esigenza di capire ciò che avveniva nella propria voce nacque la ricerca di Jo Estill, la cantante lirica che iniziò questo affascinante percorso di studio nel tentativo di capire cosa c’era dietro il suo istinto vocale. Grazie ai primi laringoscopi e allo spettrometro poté finalmente vedere con i suoi occhi il funzionamento degli organi vocali. Fu uno snodo importantissimo per la foniatria e la vocologia che portò Jo Estill a definire
con grande precisione i fenomeni vocali. Ci sono ambiti professionali nei quali è necessario essere dettagliati, pensiamo al teatro musicale o al doppiaggio. Queste professionalità richiedono la capacità di cambiare suono con consapevolezza e precisione. Nel mio lavoro di insegnante ho trovato molto utile utilizzare il linguaggio Estill in svariate circostanze. È importante dare all’allievo una definizione di ciò che accade nella propria gola anche se (e questo è proprio uno dei tradizionali problemi della didattica del canto) non lo si può vedere con i propri occhi. Io approfondii il metodo alla fine degli anni ‘90 ma fu all’inizio degli anni zero che si diffuse un po’ in tutto il mondo. Oggi, grazie a tanti insegnanti, è presente in tutti i continenti.

Quali sono i punti di forza del metodo Estill?
Sicuramente il suo basarsi sulla fisiologia, sull’anatomia ha permesso di sviluppare un’autoanalisi estremamente precisa dell’emissione vocale nelle sue varie componenti. Ciò permette all’insegnante e allo studente di isolare i vari fattori che poi, miscelati assieme, vanno a comporre la “Voce”. Il linguaggio Estill, non a caso, è stato utilizzato massicciamente anche da altre scuole di canto sia classico che moderno. Il suo essere un sistema per conoscere la propria voce fa si che possa anche essere un valido aiuto contro l’ansia, da sempre il principale nemico di ogni cantante.

Il mondo della coralità è quasi completamente composto da amatori. Credi che questo sia un ostacolo nel proporre una seria preparazione vocale?
Chiunque si diverte nell’ottenere miglioramenti dalla propria voce e non è raro riuscire a coinvolgere in un percorso formativo anche gli adulti più “resistenti”. Spesso il problema è proprio il concetto stesso di tecnica vocale, che risulta poco gradito ai coristi se non si ha l’accortezza di inserirlo gradualmente nella routine corale e nello studio del repertorio. Anche la terminologia dell’Estill, a mio parere, va adattata alle circostanze e al tipo di uditorio che ci troviamo davanti. I nomi stessi delle varie “figure” possono essere cambiati se ciò è funzionale ad una miglior comprensione. Ciò che conta è che il cantore capisca l’utilità di ciò che sta facendo.

In che modo la tecnica Estill può essere applicata ai gruppi? Ritieni che sia opportuno affrontare la tecnica vocale separatamente dal resto dell’attività corale?
Penso che la tecnica vocale sia comunque un utile allenamento anche se non ci possiamo nascondere che risulti estranea a molti coristi, specie quelli legati ad un approccio alla coralità più istintivo. Nonostante ciò credo che sia sempre meglio proporre la tecnica vocale a tutti evitando le sessioni separate: le dinamiche che ne risulterebbero potrebbero essere nocive per la coesione del gruppo. Determinante sarà sempre il modo (il quanto, il come e soprattutto il perché) in cui l’addestramento viene proposto ai coristi.

Credi che questa metodologia sia sufficientemente conosciuta dagli addetti ai lavori e, in particolare, dai direttori di coro?
Direi proprio di no. È poco conosciuta e, qualche volta, anche snobbata nonostante la sua notevole diffusione nel mondo del canto lirico e, in particolare, del teatro musicale. In molti casi il maestro di coro non è un cantante ma un organista o un compositore: è chiaro che si parla di approcci più lontani dal mondo della tecnica vocale.
La figura del preparatore vocale comincia ad essere diffusa nel mondo corale. Si tratta di una innovazione a cui alcune associazioni regionali hanno già dato spazio costituendo appositi corsi di formazione: cosa ne pensi?
Credo che, in generale, la divisione degli ambiti sia un fatto positivo, che conferisce autorevolezza sia all’esperto di vocalità che al maestro stesso. Sono convinta che sia un vantaggio, oltre che dal punto di vista tecnico. anche dal punto di vista umano perché la presenza di figure professionali distinte può portare a stemperare meglio le tensioni che, inevitabilmente, si creano anche nel mondo corale. Un cambiamento di passo può essere uno stimolo efficace all’interno di un gruppo amatoriale. Certamente un lavoro costante sulla tecnica può portare risultati molto più tangibili. Non lo vedo come un lusso ma come un’innovazione positiva, da incoraggiare.

Parliamo di tecnica vocale nei vari repertori. Come vedi l’uso dell’Estill nei più diffusi stili corali come quello operistico, gospel, polifonico?
Anche in fase di insegnamento delle parti può essere efficace proporre alcune figure base e abbinare le varie
qualità della voce a determinate indicazioni dinamiche. Dall’Estill si può trarre una sorta di alfabetizzazione tecnica del corista: pensiamo solo alla definizione dei vari tipi di attacco! Le varie figure, comunque, sono tutte utili nei vari repertori corali. Penso al Sob e all’Opera per il repertorio classico piuttosto che al Belt o al Tweng per il popolare o il Gospel. Sarà compito del maestro esplicitarne l’impiego a seconda dei momenti legandolo alle esigenze tecniche poste dal repertorio tenendo conto anche dell’età media dei coristi e del loro grado di disinibizione vocale. Particolare attenzione credo sia da tenere verso gli adolescenti i quali sono, ovviamente, alla ricerca del proprio suono oltre che molto influenzabili dal giudizio esterno. Usare una terminologia troppo tecnica con i ragazzi può non essere del tutto comprensibile ed efficace o, peggio, può causare ansia. Meglio affrontare la preparazione vocale partendo dalle esigenze espressive in un’ottica di ricerca del “benessere” nel canto. Questo è sicuramente uno dei casi in cui il lavoro collettivo può essere più proficuo di quello individuale perché diluisce la tensione e “l’ansia da prestazione” di cui tanti allievi, non solo adolescenti, soffrono sempre più frequentemente. È un problema tipico del nostro tempo.

Come integri gli esercizi di vocalità nella conduzione delle tue prove?
Ipotizzando di dover condurre una prova della durata di 90 minuti non dedicherei agli esercizi di vocalità mai più di 15 o 20 minuti, magari divisi in due parti. Ma, come si diceva prima, possono comunque verificarsi occasioni di approfondimento della vocalità anche durante lo studio e la memorizzazione del repertorio. Variare la scaletta delle prove è comunque sempre una buona strategia per tenere desto l’interesse dei coristi.

Suggerimenti per approfondire:

Federico Albano Leoni: Voce corpo e linguaggio Alfred Tomatis: L’orecchio e la voce
Kimberly Steinhauer, Mary McDonald Klimek, Jo Estill: The Estill Voice Model
Silvia Magnani: Io canto
https://www.voceartistica.it
https://www.estillvoice.com