Se lo scopo del dirigere è quello di fare un concerto o comunque un’esibizione finale, imparare a memoria il brano può essere molto utile, anche perché dà una grande sensazione di dominio assoluto della partitura. Si badi bene: non c’è alcun rapporto tra la memorizzazione e la qualità di n’esecuzione. Ho visto dei direttori dirigere malissimo a memoria e altri dirigere meravigliosamente con lo spartito. Georg Solti, per esempio, ha diretto per tutta la vita con lo spartito sempre aperto davanti ed è sempre stato un artista di primo piano nel panorama mondiale. La celeberrima affermazione di Hans von Bulow che un direttore «deve avere la partitura in testa e non la testa nella partitura», non significa che tutti debbano necessariamente dirigere a memoria, ma che ogni direttore deve avere studiato profondamente le partiture che dirige. Poi, che il leggio sia pieno o vuoto, è un dettaglio irrilevante.

Quindi mettiamo subito bene in chiaro: per dirigere un pezzo occorre comunque memorizzarlo e farlo proprio nell’orecchio interiore. Altrimenti non sarà mai possibile fare decentemente le prove, che sono un continuo confronto tra l’immagine della musica memorizzata nell’orecchio interiore e la musica effettivamente prodotta dagli esecutori. Inoltre esistono delle situazioni dove dirigere a memoria non è particolarmente consigliabile (anche se esistono dei superdotati che fanno sempre eccezione): mi riferisco all’opera lirica, soprattutto quando è piena di lunghi recitativi accompagnati, e alla musica contemporanea, a causa dell’enorme complessità della metrica. Come pure esistono dei casi dove è impossibile leggere la partitura, per evitare di dover voltare pagina ogni mezzo secondo o perché in certi casi la partitura è così complessa che non può essere eseguita altro che a memoria, un esempio per tutti la Sacre du Printemps di Stravinsky, soprattutto il finale. Quando parliamo di memorizzazione, parliamo unicamente di dirigere in pubblico a memoria, e questa è un’altra questione, rispetto al doveroso studio che ogni partitura richiede. Riflettiamo però su di un fatto: mentre uno strumentista deve ricordare con precisione tutte le singole note che dovrà suonare, il direttore ha una memorizzazione molto particolare, molto sintetica, limitabile essenzialmente solo ad alcuni parametri. Le cose indispensabili da memorizzare, quindi, sono:

»La metrica del pezzo e tutti i suoi cambiamenti.

»La forma e il fraseggio (sezioni, frasi, periodi, gruppi di battute e loro ulteriori raggruppamenti).

»I coloriti e le espressioni principali (accenti, staccati, legati, ecc.).

»Le entrate delle varie voci e dei vari strumenti.

»Tutti i movimenti attivi della direzione, ad es. corone, respiri, cesure, ecc.

Come si può ben vedere, rispetto alla memorizza zione di un brano per suonarlo sullo strumento, la memorizzazione per un direttore è molto più semplice. Pertanto non è una cosa difficile da affrontare. Molti direttori di formazione pianistica amano memorizzare le partiture suonandole al pianoforte, altri preferiscono un memorizzazione immaginativa. In questa sede non ho intenzione di affrontare dettagliatamente i principi della mnemotecnica musicale, tuttavia ognuno può trovare la sua strada personale mediante prove ed errori. E comunque una partitura ben studiata ed analizzata a fondo si manda a memoria con estrema facilità.

NB: Il presente articolo costituisce un breve estratto dal “Manuale di Direzione” di Andrea Landriscina.