Trasformare una classe di scuola primaria in un piccolo coro a voci bianche è un impegno che non va preso alla leggera e che richiede tutta una serie di accorgimenti volti a massimizzare la resa “artistica” del gruppot5 classe senza danneggiare in alcun modo i delicati organi vocali dei bambini. Purtroppo fin troppo spesso invece i giovani cantori vengono affidati alle cure di persone non solo inesperte, ma perfino prive delle minime nozioni di vocalità, che scelgono i brani da imparare solo in base alla bellezza della melodia o al significato del testo: criteri che sarebbero eccellenti in altre circostanze, ma che rischiano di trasformare l’esperienza del canto corale in una inconsapevole sofferenza per gli organi fonatori, mettendoli a rischio di subire danni rimediabili, nella migliore delle ipotesi, solo nel lungo periodo. Fermo restando che la scelta migliore è quella di affidarsi ad un conoscitore di vocalità infantile (magari facendo riferimento ad AERCO per ottenere i nominativi degli esperti in zona), anche un semplice insegnante di scuola primaria può benissimo portare avanti un discorso di coro in classe, possibilmente a due voci, osservando alcune semplici regole e piccoli trucchi del mestiere. Fase uno: imparare a respirare correttamente La respirazione, in quanto atto naturalissimo ed indispensabile alla nostra stessa esistenza, è trascurata – o meglio, data per scontata – e quindi del tutto bypassata nell’insegnamento del canto corale. Al contrario, essa è fondamentale per una corretta igiene degli organi vocali e per un sempre migliore uso della voce. Esercizio 1: tutti in piedi, braccia morbide lungo i fianchi, spalle rilassate, piedi appena divaricati. Spingiamo avanti e indietro per una mezza dozzina di volte i muscoli del basso ventre, trattenendo il respiro. Sentiremo, dopo pochi secondi, un senso di fastidio localizzato all’altezza dello stomaco: si tratta del diaframma, muscolo a forma di cupola rovesciata posto a separare torace e addome, che vorrebbe intervenire nell’atto respiratorio. Esercizio 2: nella stessa posizione, spingere avanti i muscoli del basso ventre permettendo all’aria di entrare, fermarsi un paio di secondi poi lasciar uscire l’aria lasciando rientrare l’addome in posizione di riposo. Ripetere almeno 8 volte, e utilizzare questo esercizio come introduzione ad ogni lezione di canto corale. Fase due: utilizzare la risonanze della maschera facciale La voce umana sfrutta due casse di risonanza per amplificare ed arrotondare il suono delle corde vocali: la prima, di uso più semplice ed immediato, è il torace; basta produrre un qualunque suono basso tenendo una mano sullo sterno per rendersi conto delle vibrazioni che si trasmettono dalla laringe. La seconda, molto più favoleggiata che veramente conosciuta ed utilizzata, è la cosiddetta maschera facciale, cioè il complesso delle ossa che sono attorno agli occhi: fronte, tempie, zigomi e naso. La voce, quando si riesce ad indirizzarla a risuonare in questo punto, diventa molto più ricca di armonici, flessibile nell’uso, estesa e potente. Esercizio 1: tenendo un dito sulla parte ossea del naso, dopo aver inspirato correttamente come da paragrafo precedente, pronunciamo e teniamo lunga una lettera N. Sentiremo che il naso vibra leggermente. entiremo che il naso vibra leggermente o so, dopo aver inspirato correttamente come da paragrafo precedente, pronunicamo l’i ch Esploriamo con il dito tutta la maschera, e cerchiamo di rendere sempre più forte la vibrazione. Ritentiamo usando, al posto della N, la lettera M. Esercizio 2: nella stessa posizione dell’esercizio precedente, pronunciamo la N e rendiamoci conto della vibrazione del dito, poi abbassiamo lentamente la punta della lingua e trasformiamo il suono in quello di una I, continuando a far vibrare la maschera come con la N. La I deve essere pronunicata larga, con i muscoli rilassati e la bocca leggermente ovale (assolutamente non appiattita!). Esercizio 3: Come l’esercizio 2, ma introducendo, dopo la N, le lettere A, O, E. Queste tre vocali vanno sempre pronunciate larghe e con la bocca aperta nel senso verticale: la misura dell’apertura della bocca la possiamo ottenere introducendo le dita indice, medio ed anulare sovrapposte verticalmente. Come vedete, si tratta di avere la bocca pressoché spalancata, ma in senso verticale e non orizzontale come spesso si vede fare. Fase tre: scegliamo i canti con discernimento A questo punto potremmo anche accontentarci di quel che abbiamo fatto (e, credetemi, sarebbe già molto!) e cantare tutti insieme servendoci di una base. Ottimo. Poi prendiamo a casaccio una canzone che costringa i nostri alunni a cantare delle note altissime, a strillare come aquile e a sforzare la voce: si, ma il testo è bello, e poi i bambini dello XXXXXXXX X’XXX la cantano! (al posto delle X metteteci il primo festival di canzoni per bambini che vi viene in mente). Vero, quei bambini la cantano, ma sono superselezionati, la studiano per due mesi e spesso fanno fatica anche loro. Ancor meno punto di riferimento devono essere, per noi, i ragazzi che si esibiscono nei talent shows infantil-adolescenziali che ultimamente spuntano come funghi sulle reti televisive generaliste. Le voci dei bambini “normali” sono delicate, non hanno una grande estensione e sono, nonostante quel che può sembrare durante l’intervallo, piuttosto fragili. Non forzatele! Scegliete un canto che si possa fare ad intensità sonora relativa, permettendo magari alcuni crescendi, diminuendi e variazioni dinamiche. Se il testo della canzone vi piace ma la musica è inaccessibile, meglio leggerlo sotto forma di poesia piuttosto che danneggiare le voci dei bambini. Fase quattro: e se facessimo un po’ di polifonia? Cantare a due voci non è così complicato come si potrebbe pensare e non richiede delle conoscenze astruse. Con un po’ di pazienza e un cammino graduale si può arrivare molto lontano. Occorre però fare una scelta: a chi affidare la seconda voce? Io vedo, con i corsi di canto corale che svolgo nellat4 provincia di Ravenna, una quindicina di classi ogni anno scolastico; quindi è escluso che possa conoscere i ragazzi abbastanza per una selezione mirata. Affido quindi la scelta agli insegnanti della classe, dando loro un criterio di tipo extramusicale: chiedo di scegliere i bambini che mostrano il maggior livello di indipendenza mentale e di consapevolezza nel rendersi conto se quel che stanno facendo sia giusto o sbagliato. Dal punto di vista numerico chiedo di  scegliere all’incirca un terzo del numero degli alunni. Questi criteri potranno stupire, ma riflettiamoci su. Supponiamo che il brano da cantare sia il celeberrimo canone “Fra Martino campanaro” (cosa che vi esorto a fare, come primo esperimento di polifonia applicata). Il primo passo sarà quello di far cantare a tutta la classe il brano. Acquistata la necessaria sicurezza, si separano (e si raggruppano!) le due sezioni e si fa partire con la prima voce il gruppo più numeroso, mentre quello selezionato farà da controcanto. Ovviamente – trattandosi di un canone – le due voci presentano la stessa altezza tonale e la medesima difficoltà ritmica, quindi tutto si gioca sull’indipendenza mentale. Lo stesso vale se anziché un canone sceglieremo un brano dove le due voci siano frequentemente a distanza di terza parallela, dove fare confusione può succedere anche ad un musicista esperto. Il primo gruppo, essendo quello costituito da studenti un po’ meno indipendenti mentalmente, deve essere più numeroso dell’altro per essere forte (ricordiamo che quanto più numeroso è un coro tanto più è intonato). Può essere utile, in caso di difficoltà, disporre le due sezioni circolarmente con le facce verso l’interno del cerchio, in modo che la voce del gruppo sia più “presente” rispetto a quella dell’altro. In ogni caso, sempre meglio un brano ad una voce fatto bene rispetto ad uno a due voci fatto male… Abbiamo messo molta carne al fuoco. Appuntamento alle prossime uscite per ulteriori approfondimenti, magari su richieste da parte dei lettori. Buon lavoro!