Mi chiamo Carolina Aimi, ho 28 anni e canto in coro da più di 10 ormai, prima nel coro del Liceo G.D. Romagnosi, poi nel coro Quod Libet, infine nell’ensemble Cor de’ Vocali. La grande costante della mia vita corale è il Maestro Leonardo Morini, con cui ho il piacere di dialogare oggi.

Leonardo, “Leo”, diplomato in organo e composizione organistica al Conservatorio A. Boito di Parma, è una figura poliedrica che ha costruito la propria carriera musicale con esperienze diverse, dalla musica da camera alla direzione corale, dalla composizione di musical all’insegnamento scolastico. Per noi del Cor de’ Vocali è il cuore e il fulcro di ogni esperienza musicale.

Dunque, Leo, ormai sei un’istituzione per i cori scolastici. Come hai cominciato? Era un tuo progetto fin dall’inizio o è stato un caso fortuito?

Ho sempre amato cantare in coro, ma nella mia mente non si era mai affacciata l’idea di trovarmi dall’altra parte della barricata e ancora più lontana era l’idea di potermi trovare a capo di una compagine scolastica. Come spesso avviene la tua vita può prendere direzioni che non avevi previsto né progettato. Basta un caso, un piccolo episodio per cambiare il corso degli eventi e lo scenario che avevi immaginato per te. La mia esperienza come direttore di cori giovanili è iniziata nel 1994 assieme ad un piccolo gruppo di studenti del Liceo scientifico “Ulivi” di Parma, riunitisi per realizzare una colonna sonora ad uno spettacolo teatrale su “Fra Salimbene”. L’esperienza piacque talmente ai ragazzi che si decise di proseguire come coro autonomo. Erano gli anni che preludevano all’autonomia scolastica e presto si sarebbe introdotto il P.O.F nel curricolo scolastico, di cui l’attività di Canto Corale entrò a far parte. Il nascituro coro del Liceo “Ulivi” segnò l’inizio della diffusione della coralità nell’ambito dei Licei della città. Di anno in anno nacquero  varie formazioni corali di studenti sotto la mia guida, e così a tutt’oggi mi trovo a dirigere cinque cori scolastici. Non avrei mai pensato che questa attività avrebbe assorbito la maggior parte della mia carriera e mi avrebbe regalato così tanto a livello musicale ed umano.

Dai cori scolastici al Cor de’ Vocali. Come è nata l’idea?

L’idea di una formazione giovanile post scolastica, che potesse dare una continuità a decine e decine di ragazze e ragazzi, costretti ad interrompere l’esperienza del coro dopo la maturità, stava lentamente maturando nella mia mente ma la sua realizzazione, ancora una volta, avvenne in modo fortuito tramite un’esperienza teatrale, che raccolse un piccolo gruppo di coristi provenienti da diversi Licei. Anche in questo caso, insieme ai ragazzi, ci trovammo d’accordo a proseguire, a dare un nome, una forma ed una continuità ad un gruppo che poi sarebbe diventato un coro retto da una vera e propria associazione. Oggi il Cor de’ Vocali è formato da una trentina di giovani ed è una bellissima realtà radicata nel territorio. In questi anni abbiamo avuto tante soddisfazioni, tra concerti, festival, un secondo posto di categoria al concorso Coramare di Sestri Levante ed un recentissimo EP con i nostri brani più rappresentativi.

Quando hai cominciato a lavorare con noi hai cambiato in qualche modo il tuo approccio? Ci sono differenze negli arrangiamenti che fai per noi e per gli altri cori?

Il Cor de’ Vocali costituisce la tappa di un percorso iniziato nei cori scolastici, che prevede la  formazione del corista negli aspetti tecnico-musicali, espressivi e in quelli riguardanti la sfera etico-sociale della partecipazione collettiva. Un gruppo scolastico che frequenta un laboratorio corale affronta, dalle basi, esercizi di vocalità, di respirazione, di sviluppo dell’orecchio e si trova per la prima volta a dover superare le difficoltà che presenta la polifonia. Non bisogna dimenticare, inoltre, che gli ensemble scolastici sono molto eterogenei anagraficamente e quindi, di natura, disomogenei come preparazione dei singoli, a causa dell’avvicendamento nell’iter curricolare. La scelta dei brani e degli arrangiamenti deve essere necessariamente modulata tenendo presente questi fattori. Occorre avvicinare i ragazzi al linguaggio corale attraverso un repertorio vicino alla loro sensibilità, con qualche prudente incursione nel genere classico. Nel caso del Cor de’ Vocali ho di fronte un coro omogeneo come preparazione, già tecnicamente strutturato e con una sensibilità musicale matura ed aperta, pronta ad allargare i propri gusti. Questo mi permette di osare maggiormente nella scelta del repertorio e nella difficoltà degli arrangiamenti.

C’è un modo specifico e unico in cui il nostro coro ti ha ispirato nel tuo modo di fare musica?

Ho cominciato ad amare la polifonia da quando ho mosso i primi timidi passi in Conservatorio, da quando la mia voce intonava per la prima volta le eleganti linee di Palestrina o quando le mie mani cominciavano a scoprire i possenti contrappunti bachiani. La musica, la polifonia in particolare, ha cambiato la mia vita ed è come se l’aver appreso tutti i segreti di questa arte mi avesse permesso di entrare in possesso di una sapienza iniziatica. Cominciai a maturare il desiderio di farla conoscere tra i giovani, di farne scoprire la bellezza, di far capire loro quanto sia emozionante sentire la propria voce muoversi in armonia con altre voci, di quanto nella polifonia il tutto condizioni il particolare e il particolare condizioni il tutto. La polifonia è la rappresentazione della realtà. La mia sfida è stata quella di far conoscere questo linguaggio ai giovani attraverso la musica che è più vicina a loro come sensibilità. Da qui la scelta di arrangiare brani di musica pop o rock con una forte presenza del contrappunto, come fossero mottetti di Palestrina. Questa esperienza, maturata negli anni nei cori delle scuole, si è rafforzata fino a diventare la cifra del Cor de’ vocali, ben espressa nel titolo del nostro progetto discografico, “Poplifonia”, recentemente prodotto.

Prima di parlare di qualche progetto nello specifico: ti aspettavi tutto quello che abbiamo fatto finora? Era nei tuoi programmi?

Sono sempre stato convinto che volere è potere. Non ci sono limiti agli obbiettivi che ci si prefigge se si lavora giorno per giorno con pazienza ed amore. Mi sono sempre paragonato ad un contadino che semina il proprio campo. Il contadino attende il frutto del suo lavoro con intima gioia perché sa che il terreno che ha seminato  e coltivato con umiltà, tanta pazienza e tanto amore un giorno darà i suoi meravigliosi frutti di cui tutti potranno godere. Un buon direttore deve coltivare il suo coro, alimentarlo senza risparmiarsi, dare fiducia, incoraggiare, responsabilizzare. Il destino e i risultati di un coro sono scritti nelle mani del suo direttore.

Qual è  il traguardo per cui ti senti più orgoglioso? Raccontami.

Ci sono tanti traguardi di cui sono orgoglioso. Uno su tutti è l’essere riuscito a contagiare con il coro, la musica, intere generazioni di ragazzi che rappresentano il futuro dell’umanità.  Durante la mia carriera di direttore ho conosciuto decine di alunni alle prese con difficoltà nell’inserirsi nell’ambiente scolastico, mancanza di fiducia in sé stessi, problemi di rendimento nello studio. Il coro ha rappresentato per loro una famiglia in cui poter essere sé stessi, in cui potersi esprimere senza la paura del giudizio, in cui ritrovare la fiducia e la serenità nello studio. Ho visto ragazzi ritrovarsi e rinascere. Non ci può essere traguardo più bello.

Del valore didattico della musica si è detto molto, e certo i cori scolastici giocano un ruolo importante per la formazione dei giovani. Pensi che questo sia vero anche per un coro come il nostro? Come vedi il rapporto tra cori scolastici e Cor de’ Vocali in questo senso?

Come dicevo prima, nei laboratori corali entrano in gioco non pochi elementi educativi che rappresentano un ruolo chiave nella formazione di un giovane studente. Sull’utilità della musica nella scuola non ci sono dubbi e il coro rappresenta il modo più spontaneo e facile per avvicinarla e viverla in prima persona. Nel coro il sapere e la cultura si fanno sangue, nervi ed ossa. Lo studente impara ad ascoltare e a controllare i propri mezzi espressivi, impara il valore di mettere il proprio contributo al servizio altrui. Nella vita non si è mai finito di imparare, la vita è una continua ricerca della verità, della perfezione oltre l’esperienza scolastica. Il Cor de’ Vocali rappresenta una continuità in questo senso. Insieme siamo alla ricerca, percorriamo una strada che non sappiamo ancora dove ci porterà ma che intanto ci fa vivere l’avventura dello studiare insieme, del crescere insieme, del gustare i nostri progressi, del gioire dei piccoli o grandi successi. Io stesso sto imparando insieme a voi e da voi.

Per concludere: hai un sogno nel cassetto, per quanto riguarda il nostro coro? Cosa ti piacerebbe realizzare?

Avere sogni nel cassetto significa porsi dei limiti. Una volta aperto il cassetto e vissuto il tuo sogno lo dovrai richiudere. Io preferisco tenerlo aperto, e deporre i miei sogni sulla scrivania, riempirlo e vuotarlo e di nuovo riempirlo… Mi piace pensare alla nostra attività corale come al corso delle stagioni, c’è il momento di chiudersi in casa per riflettere e il momento di uscire per godere della primavera che porterà cose nuove ed inattese, per vivere nuovi progetti. Tenere aperta la mente, tenere aperto il cassetto.

Ma ora mi piacerebbe capovolgere questa intervista. Ti farò io delle domande.

Carol tu sei una delle mi coriste più anziane. Come hai vissuto il passaggio dal coro del Liceo “Romagnosi” al Cor de’ Vocali? Quali sono le differenze che avverti tra le due realtà?

Si è trattato di un passaggio “mediato” da qualche anno nel coro Quod Libet, quindi tra un’esperienza e l’altra ho avuto tempo e modo di maturare, di crescere come corista. Di sicuro sono arrivata più consapevole di quale fosse il mio posto in un coro, non più intimorita come quando al Romagnosi mi ritiravo nell’ultimo angolino dei soprani. Quando ero a scuola ero terribilmente insicura, sia dal punto di vista personale che da quello musicale: ho dovuto aspettare che fossero altri a fare amicizia con me, mi sentivo costantemente inadeguata. Credo che il Cor de’ Vocali abbia rappresentato per me l’esperienza di condivisione e amicizia che la mia timidezza mi ha impedito di vivere a scuola. La sicurezza data dall’esperienza e dall’età mi ha permesso di affrontare la nuova avventura corale in modo molto più attivo e propositivo, ho avuto finalmente la sensazione di poter contribuire anche con idee e lavoro, tant’è che poi sono entrata anche nel Consiglio dell’Associazione.

Io per te sono sempre il maestro “Leo”, ma hai notato in me un diverso modo di gestire le realtà corali scolastiche e il Cor de’ Vocali?

In un primo momento no. Per molti aspetti sei sempre lo stesso maestro, lo stesso amico. Fai le stesse battutacce e gli stessi discorsi infiammati. Vai a scovare gli stessi minuscoli dettagli da cesellare e tralasci le stesse questioni più superficiali (la coreografia è destra-sinistra o sinistra-destra? La cambieremo ogni volta). Però, complice anche la maggior confidenza acquisita negli anni, nel Cor de’ Vocali ho visto molti altri lati della tua figura professionale e umana. A noi parli meno da insegnante e più da amico, eppure ci chiedi molto di più. I brani sono più complessi, i ritmi più serrati, le istanze personali tendono ad avere più peso in un gruppo più ristretto e più adulto. E’ un equilibrio difficile e vedo che ti muovi in modo diverso, forse improvvisando tu stesso a seconda della situazione che ti trovi davanti. Di certo non siamo sempre stati un gruppo facile da guidare e ti ho visto affrontare anche decisioni difficili, per quanto sempre guidato dallo stesso spirito ardente.

Il Cor de’ Vocali corrisponde ad un modello ideale di coro giovanile? Pensi che ci siano aspetti che potremmo migliorare? Te lo aspettavi così?

Devo ammettere che non mi aspettavo nulla del genere: questa esperienza mi sta insegnando molto anche su me stessa, oltre che sulla mia voce. Inizialmente mi aspettavo una replica di un coro scolastico, più ristretta e più motivata, ma non molto di più. In un primo momento forse è stato davvero così. Con gli anni, però, è diventata un’esperienza totalizzante. Sembra retorico affermare  che siamo diventati una famiglia, ma mi sembra un paragone calzante: non sempre andiamo d’accordo, forse a volte ci sentiamo “costretti” alla convivenza, eppure siamo consapevoli di dipendere gli uni dagli altri e alla fine amiamo collaborare per un unico obiettivo. Credo che la cosa più difficile per tutti, per quanto fondamentale per un coro, sia l’ascolto reciproco. In un coro scolastico ti senti una gocciolina nel mare, mentre con te abbiamo intrapreso un percorso di studio personale… Abbiamo scoperto la nostra voce, ma a volte è difficile lasciare che si amalgami di nuovo in un insieme. Tornare gruppo è molto più difficile di quanto sembri, ma imparare ad ascoltare gli altri prima che se stessi è una anche un dono prezioso che l’esperienza corale ci fa.

Tu che hai anche cantato in un coro di adulti, quali sono gli aspetti che lo differenziano da un coro giovanile?

Sono d’accordo con te quando dici che è lo spirito del direttore a influenzare il carattere di un coro, quindi in un certo senso non ho trovato grande differenza tra il Quod Libet e il Cor de’ Vocali, considerando che sono sempre stata diretta da te. La convivialità e l’atteggiamento scherzoso con cui si affronta lo studio serio sono gli stessi. In un coro di adulti però mi sentivo sempre quella “piccolina”, tendevo a starmene in un angolino e cercavo di osservare e imparare dagli altri, soprattutto le dinamiche interne al gruppo. Nel Cor de’ Vocali mi sono ritrovata “veterana” e quindi, pur avendo tantissimo ancora da imparare, ho trovato molto più coraggio di mettermi in gioco e contribuire alla vita del coro prima e dell’associazione poi. Credo che in generale questo coro abbia caratteristiche di dinamismo, un certo essere vulcanico e in continuo divenire che lo distaccano nettamente dalle altre esperienze che ho avuto. Non si può certo dire che per noi sia solo un passatempo.

Quali sono le tue aspettative future per il Cor de’ Vocali?

Che domanda difficile! Fare previsioni è certamente impossibile, ma quello che mi piacerebbe vedere – e per cui stiamo già lavorando – è una coesione del gruppo ancora maggiore, che ci permetta di realizzare progetti sempre più ambiziosi. Non è certo la fama che mi interessa, ma ho sempre amato quella scarica di adrenalina data dal lavorare insieme per un obiettivo e vederlo finalmente realizzato. Come quando abbiamo studiato come matti per il concorso di Sestri, senza altro obiettivo che fare una figura dignitosa, e ci siamo sentiti annunciare secondi classificati. Un momento che non dimenticheremo mai e una lezione preziosa, a mio parere.

C’è qualche esperienza che ti è rimasta particolarmente nel cuore sia nel coro Romagnosi che nel Cor de’ Vocali ?

Dei tempi del liceo ricordo una campale giornata di fine maggio, in cui partecipammo a una rassegna di cori scolastici a Modena, cantando sotto il sole di mezzogiorno in un chiostro, sciogliendoci nelle nostre maglie sempre troppo pesanti e sempre di mille sfumature diverse. Finita la rassegna, ricordo un treno, una corsa dalla stazione al Teatro Regio, un pomeriggio di prove generali per il progetto ParmaIncontra… Era un sabato e quella sera, al cinema con le amiche, dormii per tutta la proiezione, ma ero piena di gioia per quella giornata passata immersa nella musica. Analogamente, con il Cor de’ Vocali direi assolutamente il concorso di Sestri, soprattutto per quel passaggio repentino e bellissimo dalla tensione alla gioia, per i momenti passati a improvvisare insieme agli altri cori, tentando di spulciare un repertorio comune o imparando sul momento. Credo che in quel momento abbiamo colto lo spirito della manifestazione, lasciando che la competizione si esaurisse sul palco e facendo sì che ogni altro momento fosse di condivisione e amicizia tra cori.