Per un compositore l’analisi musicale di proprie opere credo sia un percorso più complicato della stessa composizione. Siamo costretti a confrontarci con i nostri processi mentali, le nostre idee e conseguentemente ad interrogarci sulla modalità di sviluppo di questi percorsi. Durante la mia formazione ho sempre affidato grande importanze all’analisi come imprescindibile spunto didattico ma ancor più come punto di partenza per un’interpretazione, sia da esecutore sia da direttore, il più “competente” e coerente possibile. Il grande ventaglio di varietà analitiche e di scelte metodologiche mi impone, in questo contesto, di optare per una visione sintetica che metta in evidenza prontamente le caratteristiche formali ed espressive utili ad un approccio immediato con l’opera. L’analisi è un’attività tipicamente creativa che richiede idee, quanto la composizione. Occorre perciò tendere l’orecchio al pezzo e non imporgli uno schema interpretativo precostituito: entriamo in contatto con un’opera come con una persona, instaurando un dialogo.
Il testo riguarda il celeberrimo Inno Eucaristico “Ave Verum Corpus”, testo poetico fatto risalire al XIV sec., nel quale si contempla la presenza reale di Gesù Cristo.
La prima caratteristica da evidenziare riguarda l’organico che prevede, oltre ad un coro misto SATB, la presenza del violoncello al quale è affidata una parte di rilievo: lo strumento è concepito come una sorta di deus ex machina che regola i diversi episodi macroformali del mottetto e ne suggerisce l’impianto armonico dialogando costantemente con il coro e imponendo, allo stesso tempo, il suo spiccato piglio solistico.
Il gesto musicale
Tra i più suggestivi testi eucaristici, dovrebbe essere tradotto nel suo inizio non limitatamente alle sole due parole “Ave Verum”, ossia “Ti saluto”, ma “Ti saluto, in amoroso omaggio mi piego verso di Te, o vero corpo, nato dalla Vergine Maria…”.
Tutto il mottetto è caratterizzato, perciò, da un incedere solenne da parte del coro, costantemente in rapporto ossequioso al Testo. L’incipit è concepito come una lenta espressiva e mistica adorazione evidenziata da lunghi fraseggi corali i quali mettono in netto risalto la dissonanza semitonale sol-fa#, dissonanza che caratterizza tutto l’impianto armonico.
E’ senz’altro opportuno evidenziare come alcuni dei Grandi Autori che hanno influenzato la mia formazione e il mio essere musicista, quali Palestrina, Bach, Brahms, Ligeti hanno lasciato una traccia più o meno trasfigurata anche in questo brano. Soffermandomi brevemente sull’aspetto armonico, è senz’altro evidente l’impianto modale[1], diciamo pure arcaicizzante. Al contempo, l’utilizzo armonico delle dissonanze diatoniche (sol-fa# do-si) strutturali della scala modale, rendono il gesto espressivo particolarmente denso.
Assecondando il mio personale percorso genetico di un’idea compositiva, anche questo mottetto è caratterizzato dal gesto espressivo della nascita del suono dal nulla particolarmente evidente nell’incipit contraddistinto da lunghi cluster (seppur ridotti a due suoni) in pp mistici e ieratici, i quali prepareranno lo sviluppo, o se vogliamo, un’esplosione dinamica e armonica verso le parole Maria Virgine (misure 15-16), primo apice melodico/dinamico.
La struttura formale
Il gia citato cluster, assieme alla tecnica compositiva del corale omoritmico e del contrappunto sono gli espedienti compositivi che regolano e caratterizzano le tre macrosezioni che compongono l’opera:
- prima sezione, introdotta da una marcata presenza del violoncello, da misura 1 a misura 27
- seconda sezione da misura 28 a misura 40
- terza sezione da misura 41 a misura 47
Appoggiando una suggestione matematica, l’estensione di ogni sezione è la metà della precedente.
Inoltre, sempre in rapporto a logiche ternarie, è possibile incontrare il numero 3 in molteplici aspetti:
3 sono le aree macroformali
3 sono le tecniche compositive adottate
3 sono gli apici espressivi raggiunti (sulle locuzioni Maria Virgine, in cruce, et sanguine)
La prima sezione, come detto, oltre ad essere caratterizzata da un grande gesto in crescendo, palesa l’impianto armonico e conduce il discorso da un lento e timido incedere sulle parole Ave verum corpus ad un ritmo incalzante e sillabico sulle parole “natum de Maria Virgine” e successivamente “vere passum”. Si noti, inoltre, il dialogo alternato tra il movimento sillabico a crome del coro e delle risposte a quartine di sedicesimi del violoncello, il quale incalza le voci fino al raggiungimento del secondo apice melodico ed espressivo sulle parole “in cruce”.
Da questo secondo apice la materia sonora si dipana e prepara una prima stasi espressiva e formale sulle parole pro homine, accompagnata da una fermata “coronata” del violoncello. Fermata che darà luogo ad una successiva ripresa verso la seconda macrosezione.
La seconda parte è contraddistinta dalla ripresa del tema a quartine di sedicesimi del violoncello, che manterrà questa struttura di ostinato per tutta la sezione, fino alla litania conclusiva.
Due sono gli episodi presenti in questa sezione ed entrambi caratterizzati dalla tecnica del corale. Il primo (cujus latus) inquadrabile come un doppio corale tra le voci femminili (a valori larghi) e le voci maschili (a valori stretti), che conduce al terzo e ultimo apice melodico/espressivo verso le parole et sanguine. Da quest’ultimo allargamento il discorso si comprime da un punto di vista espressivo ripiegandosi con un secondo corale (in questo caso omoritmico su pedale del violoncello) con un gesto intimo verso mortis examine.
Da questo ripiegamento il discorso riprende con un andamento litanico evidenziato da una struttura contrappuntistico-imitativa di nuovo in dialogo con la struttura a quartine del violoncello; questa nuova falsa ripresa sarà motivo di conduzione verso il breve ed improvviso Amen finale, costituito da un unisono delle quattro voci sulla tonica (o meglio finalis) strutturale.
In ultima analisi evidenzio la matrice di chiara fonte gregoriana di alcuni procedimenti melodici, uno per tutti il processo litanico conclusivo (miserere mei), ponendo con forza l’attenzione sull’imprescindibile e doveroso confronto con la tradizione del Canto Gregoriano, culmen et fons della liturgia cattolica.
Ave verum Partitura – Guastalla
[1] Tritus, trasposto a Do
Scrivi un commento