Pèn Graté nasce da frammenti di una filastrocca in dialetto bolognese rintracciati a Monghidoro (BO). Si tratta di una ninna nanna cantata verosimilmente da un padre malato al suo figlio più piccolo in cui gli stenti e le asprezze della vita, così comuni nel nostro passato, vengono riproposte con immagini molto crude. L’esaltazione del dato melodico anche attraverso la ricerca timbrica è uno degli obiettivi del brano in cui i materiali popolari vengono utilizzati sia in quanto figure riconoscibili, sia come serbatoi – intervallari, di polarità e, più in generale, di relazioni – impiegati nel processo elaborativo. Formalmente si individuano tre macro-sezioni: alla prima (fino al battere di battuta 37) segue un’ampia zona evolutiva (battute 37-83) che si aggancia in elisione alla ripresa (timbrica), con cui si conclude il brano. Attraverso variazioni dello stesso materiale, la prima zona vuole creare un tappeto sonoro – di sfondo alla melodia principale, sempre riconoscibile – espandendo progressivamente il registro (dalla quinta giusta iniziale alle tre ottave di ampiezza intervallare complessiva di battute 37) e conquistando via via timbri nuovi (ad esempio: la parte del coro maschile di battute 13-25 sarà immediatamente riproposta identica, ma con la sovrapposizione di un nuovo blocco cantato delle voci femminili). Nella parte centrale, le dialettiche procedono per contrasti più evidenti: ciascuna delle frasi che compone il periodo ternario delle battute 37-49, ad esempio, presenta una scrittura molto netta e diversa da quelle adiacenti (“fugata” la prima, di melodia su sfondo la seconda e omoritmica l’ultima). Saranno questi tutti e soli i tipi di zona di scrittura usati nella composizione. Il nuovo culmine tensivo di battuta 63 – ottenuto sempre per contrasto, in questo caso giocato su più fronti (registro, timbro, intervalli) – non sembra sufficientemente appagato dalla conclusione di battuta 69: è l’ampia zona successiva, dove una scrittura imitativa scivola sullo sfondo in continua evoluzione, a ricreare progressivamente tensione fino al nuovo culmine di battuta 78, definito dalla convergenza di numerosi parametri (ampiezza complessiva del registro massima sui culmini acuto e grave, massima densità di linee di sfondo). Le battute 79-82, quindi, scaricano la tensione accumulata grazie ad un veloce assottigliamento del registro utilizzato, che si ridirige verso la quinta giusta iniziale e predispone alla ripresa. Questo lavoro ha recentemente ottenuto un riconoscimento internazionale vincendo il concorso internazionale di composizione proposto dal rinomato Choral Project di San Jose (California, U.S.A.), diretto da Daniel Hughes, ed è stato eseguito dallo stesso coro californiano in vari concerti in America.

Pèn graté
Dilidilindolla pèn graté lè la papa, lè la papa.
Dilidilindolla pèn graté lè la papa di amalè.
Dilidò dilidò dilidondondo.
Fa la fa la nana fa la pur ch’anden tot a let ai bur,
Con la lom senza i stupin dorum dorum fa e nanin.
Fa la fa la nana fiol d’un frè diml a me chi le i to pé.
Le e guardién d’i capucin, dorum dorum fa e nanin.
Biribiritolla, pèn graté, mitim a lèt ch’a son malé,
Trota, trota pir balota du furmai e ‘na ricotta,
Un parol ed taiadel per rimpir al to budel.
Tiritirindina pèn graté, mitim a lèt ch’a son malé,
E pò cusìm ’na galinina ch’a la maegn pò domattina.
Se ’na galénna lè un pò tropa dén un pò a c’la patoza.
Se c’la patoza la nin vol dén un pò a chi la vol!

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