La scelta della partitura

Qui non mi occupo della scelta del programma di concerto, problema che non ho intenzione, in questa sede, nemmeno di sfiorare. Quello che mi interessa è far capire che oggi non esiste un solo tipo di testo a disposizione ma talvolta esistono numerose possibilità, che possono rappresentare una grande ricchezza o una enorme confusione. Quando eseguiamo dei pezzi di autori classici, spesso possiamo avere a disposizione numerosissimi tipi di partiture che posso elencare sommariamente per tipi: 1 – Edizione pratica: è un’edizione che nasce da particolari situazioni contingenti, come una specifica esecuzione o una specifica esigenza di mercato; per questo motivo è a volte scarsamente affidabile. Non sempre si capisce se il testo è integro (possono esserci dei tagli o delle omissioni), se è trascritto, se è trasportato o altro, né si capisce se le indicazioni riportate siano effettivamente del compositore o di un eventuale revisore. Quando trovo delle partiture di polifonia rinascimentale con quattro diesis in chiave, con legature di fraseggio, con crescendo e diminuendo di frase, con accenti e sforzandi, posso essere sicuro che il compositore aveva scritto ben altro e che l’edizione che ho in mano è frutto di una pesantissima rielaborazione. Se per vari motivi (impossibilità di disporre di edizioni migliori o di poter visionare il manoscritto originale) non potrò fare a meno di utilizzare tale edizione, sarà sempre meglio valutare criticamente il testo, non seguire pedissequamente le indicazioni talvolta assurde del revisore e, sulla base della struttura compositiva, cercare di ricostruire autonomamente, per quanto possibile, il vero pensiero dell’autore. Ricordiamoci che per secoli la figura del revisore è stata una figura che rielaborava (e spesso stravolgeva) completamente i testi per fare predominare le proprie idee o la situazione contingente in cui operava. 2 – Edizione scolastica: è un tipo particolare di edizione pratica che privilegia l’aspetto didattico rispetto ad altri. Può essere a sua volta sia una edizione scarsamente affidabile, sia una edizione ad alto livello di scientificità. La sua caratteristica è di presentare arcate, fiati, diteggiature, segni espressivi, consigli esecutivi, suggerimenti per la realizzazione di abbellimenti, suggerimenti interpretativi, informazioni storiche sul brano e sull’autore, e tante altre informazioni di importanza didattica. 3 – Edizione scientifica: comprendo genericamente sotto questa terminologia una tipologia molto vasta di tecniche editoriali diverse. In termini generali si tratta di una edizione accurata e attendibile che cerca di rendere conto della volontà dell’autore riscontrabile in un determinato testo o manoscritto. In questa categoria possiamo avere i fac-simili degli originali, le ristampe anastatiche di edizioni curate dall’autore, le trascrizioni fedeli di manoscritti e tante altre forme editoriali sulle quali non mi dilungo. 4 – Edizione critica: è la forma più completa di edizione scientifica e rappresenta generalmente, ove disponibile, un testo col quale, comunque, è meglio confrontarsi. Per edizione critica si intende una edizione che dà contezza di tutte le volontà autentiche dell’autore rispetto all’opera in oggetto, oltre che del funzionamento interno dell’opera stessa. Quindi contiene tutte le varianti conosciute, le indicazioni che l’autore ha aggiunto successivamente alla composizione durante le prove dell’opera, tutte le informazioni disponibili sulle intenzioni dell’autore riguardo all’opera, le varianti di testo o di libretto, le annotazioni dell’autore riguardo all’esecuzione e molto altro ancora. Qualora le fonti autentiche (manoscritti e altro) risultassero perdute, l’edizione critica dà contezza di come l’opera è pervenuta a noi e di come i testi di cui disponiamo discendano dall’ipotetico manoscritto, creando il cosiddetto albero stemmatico, ovverosia l’albero genealogico del testo di cui disponiamo (considerato come figlio) in relazione al manoscritto originale (considerato come capostipite). Anche se dell’opera ne rimanesse un solo manoscritto senza varianti o indicazioni aggiuntive, l’edizione critica analizza l’opera e dalle caratteristiche interne di questa (secondo i criteri dell’ermeneutica, cioè basandosi sul concetto che “un testo spiega se stesso”) si possono spesso dedurre ulteriori considerazioni sulle volontà dell’autore (discrepanze, contraddizioni, omissioni, sviste). L’edizione critica, diversamente da ogni altra edizione, è costituita da due parti distinte: la partitura (o le partiture qualora ci siano numerose varianti) e l’apparato critico, ovverosia il testo che contiene tutte le informazioni e le considerazioni sull’opera, battuta per battuta. Le edizioni critiche a volte permettono delle interessanti possibilità che nascono dalle varianti scritte dall’autore: per esempio un compositore potrebbe avere scritto una determinata parte estremamente virtuosistica in vista di un’esecuzione da parte di un grande virtuoso e in seguito potrebbe aver scritto la stessa parte molto semplificata per una successiva esecuzione da parte di un esecutore meno dotato. L’edizione critica, contenendo entrambe le varianti, permetterà al musicista di scegliere il testo più adatto alla situazione contingente in cui si trova ad operare. Quando un musicista comincia a capire il valore e l’importanza dell’edizione critica, allora viene il momento di passare al naturale sbocco di questa: l’esecuzione critica. Oltre a queste tecniche di edizione, nelle quali viene riportato il testo dell’autore con modifiche minime o nulle, esistono ulteriori tipologie di testi che appartengono alla categoria delle elaborazioni, cioè attività in cui una persona diversa dall’autore modifica l’opera ottenendo una nuova elaborazione (siamo, quindi, nell’ambito delle edizioni pratiche): a) Antologia o florilegio: quando un’opera è composta da tante parti, da tanti numeri musicali, da tante sezioni, l’antologia ne presenta solo alcune, le migliori, secondo il giudizio del curatore, oppure le più famose o le più eseguite. b) Trasposizione: si tratta del trasporto di un brano in un’altra tonalità. È una cosa comunissima nella musica corale, ma frequente anche nella musica per strumenti a fiato e specialmente nella musica vocale per meglio adattare il brano alla tessitura vocale dei cantanti. Molte edizioni pratiche sono trasposizioni di testi per comodità di esecuzione. c) Trascrizione o strumentazione: si tratta della riproposizione di un pezzo per un altro organico, effettuando tutti gli aggiustamenti del caso. Tante volte un pezzo per coro viene eseguito da dei fiati oppure un pezzo per un gruppo di un certo tipo viene eseguito da un organico molto differente. La trascrizione può essere un atto creativo di notevole portata, tanto che esistono numerose trascrizioni d’autore che possono essere considerati autentici capolavori, senza tenere conto che molti compositori erano usi a trascrivere le proprie opere per differenti organici per aumentare la circolazione delle loro stesse composizioni. La strumentazione è concettualmente la stessa cosa della trascrizione, ma si usa questo termine preferibilmente quando da uno spartito per pianoforte o per organico molto ridotto si trascrive per organico molto più esteso, mentre si usa il termine trascrizione generalmente per indicare una rielaborazione verso un organico equivalente o più piccolo. Esempio classico: i celebri “Quadri di un’esposizione” scritti per pianoforte da Mussorgskij e strumentati per orchestra da Ravel. d) Arrangiamento: con questa parola si intende una vasta tipologia di interventi su di un testo musicale che va dalla trascrizione, alla rielaborazione, all’aggiunta di interventi musicali creativi, alla trasformazione di elementi, alla modifica di strutture, ecc. Praticamente l’arrangiamento può essere sia un differente confezionamento di un pezzo di musica, sia un nuovo atto creativo che porta ad una nuova opera il cui diretto legame con la precedente è, però, chiaro e riconoscibile. I diritti d’autore Questo è un argomento spesso molto trascurato dai musicisti, e che, quindi, permette di incappare in guai molto seri e in multe sostanziose. Inoltre chi proviene dal mondo della musica da camera, dove è sufficiente avere il proprio spartito in originale, spesso non si rende conto delle macroscopiche conseguenze del diritto d’autore quando si ha a che fare con gruppi numerosi e con complessi materiali di esecuzione. Le opere dell’ingegno sono tutte protette dal diritto d’autore, che è un diritto riconosciuto a livello internazionale e che comporta sia dei diritti a livello puramente giuridico (per es. il diritto a ritirare la propria opera e impedirne l’esecuzione) sia il diritto allo sfruttamento economico. Questo significa che, salvo che questo non sia diversamente specificato dall’autore o dall’editore, è vietata la fotocopia delle opere musicali, tranne che come copia privata di un’opera già posseduta in originale. Mi spiego: io non posso fotocopiare una partitura edita che ho trovato in una biblioteca o presso un amico e utilizzarla per un concerto o per una esecuzione. Se incappo in un ispettore di una società per i diritti d’autore, riceverò, come minimo, una sostanziosa multa. Posso, tuttavia, fotocopiare liberamente una partitura di mio possesso, per esempio per riempirla di ogni tipo di segni colorati, appunti e grafici. Questo vale anche per le parti di esecuzione: per potere eseguire la musica da me scelta dovrò acquistare non solo la partitura originale, e fin qui è ovvio, ma dovrò acquistare pure tutte le parti di esecuzione in originale. Non basta acquistare una parte di coro e fotocopiarla per il numero dei coristi, oppure acquistare una parte di violino e fotocopiarla per il numero dei leggii (sempre che questo non sia previsto esplicitamente dall’editore). E qui, spesso, i costi si fanno molto alti. In molti casi, poi, le parti di esecuzione non sono in vendita, ma vengono noleggiate secondo tariffe che possono essere in base al tempo di noleggio oppure al numero di esecuzioni, quando non in base ad entrambi. Questo comporta che il costo per le parti di esecuzione può essere anche elevatissimo, i prezzi sono stabiliti dagli editori e sono sempre molto alti se li confrontiamo con i compensi che ricevono mediamente i musicisti del settore classico per le loro prestazioni. Non è infrequente che l’acquisto o il noleggio del materiale di esecuzione sia la spesa più grande di tutte, superando i compensi dei musicisti e le spese organizzative. In ogni caso è obbligatorio contattare l’editore o il suo rappresentante nazionale e informarsi della politica commerciale applicata ad ogni singolo pezzo che si intende eseguire. Gli enti lirici e le grandi orchestre generalmente hanno un professionista, l’archivista, che svolge a tempo pieno il compito di procurare, noleggiare, conservare, annotare, distribuire e archiviare le parti d’esecuzione, che richiedono un impegno molto grande. Benché oggi stiano nascendo dei movimenti che vogliono indurre a produrre opere dell’ingegno unicamente come dono degli autori al progresso dell’umanità, l’esecuzione pubblica di qualsiasi opera musicale richiede il pagamento del diritto d’autore, perfino le opere di autori morti da secoli. Le opere di autori morti da almeno 70 anni, infatti, entrano a fare parte del pubblico dominio, quindi possono essere liberamente copiabili; nonostante questo il pagamento del diritto d’autore per l’esecuzione è ugualmente dovuto, anche se poi finisce in un fondo che viene incamerato dalle società per il diritto d’autore (in Italia la SIAE). Se, però, l’opera di pubblico dominio viene eseguita in una edizione tutelata (per es. se eseguo una composizione di Mozart usando una moderna edizione critica) vige ugualmente il divieto di copia e, chiunque utilizzi un materiale di esecuzione, deve sottostare alle regole (e alle tariffe!) imposte dall’editore.