Il 2018 è un anno ricco di ricorrenze, da quelle storiche come il 100° dalla fine della prima guerra mondiale al 50° del Sessantotto, a quelle di nascita o di morte di grandi musicisti, come Adriano Banchieri, Gioachino Rossini, Claude Debussy e Ildebrando Pizzetti, per citarne alcuni. Nelle uscite di quest’anno vogliamo anche noi ricordare questi importanti compositori. Nei primi due numeri analizzeremo alcuni brani corali di Debussy e Pizzetti. Questi, furono autentici protagonisti della vita musicale e culturale del primo Novecento. Tra le tante affinità che li accomuna, vi è la particolare attenzione rivolta al rapporto tra il testo e la musica.

La ricerca di nuove modalità di espressione nel complesso panorama del Novecento ha determinato un rapporto nuovo tra parola e musica. Tra le proposte più significative di rinnovamento di tale rapporto Debussy, con la sua concezione drammaturgica più vicina ai movimenti letterari o pittorici dell’epoca che a quelli musicali propriamente detti, è stato senz’altro uno dei modelli forti. Il suo modo di comporre è determinato dalla lingua e non da predefinite concezioni melodiche o formali. Egli segue le inflessioni della parola, da cui prende non solo la varietà e la ricchezza ritmica, ma anche le sue forme melodiche e armoniche, la libertà di una linea che, come un arabesco, crea il proprio spazio e le proprie tensioni. “La sua drammaturgia si basa sui movimenti passionali che mirano ad un’espressione autentica: quando Debussy parla di andare «alla nuda carne dell’emozione», riassume questa forma di sensibilità in cui le convenzioni, gli effetti, le esagerazioni ed il pathos drammatico vengono lasciati da parte a vantaggio della segreta palpitazione degli esseri” [1]. Pizzetti s’ispira proprio al musicista francese quando afferma che attraverso l’ascolto del personaggio che vive la sua vicenda, si percepisce che egli si rivela più con l’andamento degli intervalli e degli accenti e dei ritmi espressi dalla musica, che non con la sola parola; questa sembra che si determini e si riveli nel suo vero e profondo significato solo attraverso il suono e che solo l’artista è in grado di svelare.

Questa particolare attenzione al testo e alla sua carica espressiva la potremo vedere proprio sia nel brano di Debussy, Dieu! Qu’il la fait bon regarder!, che nella Messa di Requiem di Pizzetti che analizzeremo invece nel prossimo numero.

Tutto questo e molto di più troverete nelle pagine della nostra rivista, nella speranza che possiate scoprire sempre nuovi e interessanti spunti di riflessione.

Buona lettura!

[1] Philippe Albèra, Il teatro musicale, in Enciclopedia della Musica, a c. di Jean-Jacques Nattiez, Einaudi, Torino 2001, vol. 3, p. 227.