Condividere: secondo una delle ipotesi etimologiche la parola viene da cum, dis, vĭdere, ossia mettere insieme chi, essendo separato dagli altri, vede ‘singolarmente’; guardare dunque tutti insieme, ma mantenendo la propria unicità, la propria visione. Sono molto orgogliosa di questo numero di FarCoro, che si apre con un focus sulla vocalità ‘leggera’ dei cori pop e jazz: innanzitutto un’intervista a Laura Rebuttini, cantante, direttrice coro ed esperta vocal coach, che per l’appunto condivide con noi la sua quotidiana esperienza di insegnamento e applicazione delle tecniche per migliorare e plasmare l’emissione, allenare l’ascolto e la consapevolezza della propria voce insieme agli
Cor altri nei cori amatoriali. Una testimonianza preziosa, dalla quale partire per riflettere sia su come poter intervenire in presenza delle tipiche abitudini vocali di coristi non formati, come le faticose compensazioni laringee (altrimenti dette ‘cantar di gola’), sia per scoprire una molteplicità di nuove idee formative, come workshop di improvvisazione vocale circolare o per imparare a gestire le tensioni corporee prima di un concerto. Poi, i contributi di Giovanni Bataloni, che ci racconta la sua esperienza didattica con cori jazz (dal lavoro sul tactus a quello sul parlato, con una piccola ‘spigolatura’ che mostra come la pratica esecutiva jazzistica abbia molto in comune con quella rinascimentale), e di Massimo Pizzirani, direttore del coro EKOS Vocal Ensemble con cui porta avanti uno spumeggiante lavoro sul repertorio pop e ne esplora la teatralità della performance. A questi fa da contrappunto – nella rubrica Popolare – un contributo di Alessio Benedetti: “I cori alpini… prima dei cori alpini”, dedicato agli esordi della coralità popolare maschile poi resa celebre dai grandi cori SOSAT/ SAT, ma che affonda le sue radici nello straordinario lavoro di chi, negli anni della Grande Guerra (e a volte direttamente dalla trincea), appuntò in diari e memorie la pratica del canto spontaneo dei soldati. Fra queste figure di grande modernità, l’articolo si concentra su Piero Jahier, autore nel 1918 dell’antologia Canti di soldati, dove i testi delle musiche sono corredati da Regole del canto a orecchio e da interessantissime annotazioni di prassi esecutiva 1. In calce al suo articolo Benedetti ci fornisce la trascrizione integrale di questi importanti testimonianze, permettendoci così di andare direttamente, e comodamente, alla fonte.
Anche Francesca Canova, Serena Daolio e Francesca Galeotti condividono con noi riflessioni riguardanti la voce, il coro e la musicoterapia maturate nel corso dell’esperienza ‘olistica’ del Coro USHAC Arcobaleno di Carpi (MO): altre appassionate testimonianze di come la coralità possa, voglia, debba coinvolgere davvero tutti, superando le barriere e gli scogli che una grave malattia o la disabilità pongono sulla strada.

Quanto all’approfondimento storico, ringrazio Alessio Romeo per il ritratto di Gian Francesco Malipiero, compositore veneziano autore di belle pagine corali e ben noto a chi si occupa di Monteverdi: sua è infatti la cura della prima edizione completa delle opere del genio cremonese, un monumento di importanza decisiva che gettò le basi sia della fortuna moderna dell’autore che della musica antica tout court, proprio negli anni in cui veniva riscoperto Antonio Vivaldi; a corredo, troverete tutti i 5 libri-parte del celebre madrigale monteverdiano Ecco mormorar l’onde, da confrontare con l’edizione moderna curata da Malipiero.
E venendo ad una delle rubriche a cui più sono affezionata, con il pensiero che inevitabilmente va alle tragiche vicende di guerra, ecco che diviene più che mai importante incontrare i linguaggi musicali ‘altri’, «travalicando – come scrive Andrea Angelini – confini e differenze» nel reciproco ascolto: Musica dell’anima di questo numero è dedicata a questo, e nello specifico al ruolo del suono e della musica nella preghiera islamica. Ringrazio Silvia Biasini, direttrice artistica di Spiritus Choral Festival, per aver proposto questa importante collaborazione con Abu Bakr Moretta, autore dell’articolo e presidente della Comunità Religiosa Islamica italiana: essere curiosi nella conoscenza reciproca è condizione necessaria per poter instaurare un vero dialogo interculturale e interreligioso. Completano il numero il ricordo commosso dei gregorianisti Daniel Saulnier e Nino Albarosa, entrambi scomparsi nel 2023, a firma di D. Antonio Di Marco OSB; ringrazio la Redazione per aver ideato a questo proposito la rubrica Dedica, che d’ora in poi accoglierà articoli come questo ma senza limitarsi al ricordo di chi non c’è più: un’occasione per conoscere meglio, o magari per la prima volta, figure che si occupano o hanno dedicato l’intera vita alla coralità, con affetto e riconoscenza, e magari da ‘punti di osservazione’ non scontati.
Ancora, il racconto della masterclass tenuta da John Rutter a Parma lo scorso marzo, e l’intervista a Marco Cavazza, nuovo direttore del Coro Regionale dell’Emilia- Romagna; e ancora ‘musica dell’anima’ per la rubrica Repertorio: il giovane compositore Fabio Ciaponi propone una bella Ave Maria a quattro voci, che ha visto una prima esecuzione nella splendida Abbazia di Chiaravalle della Colomba ad Alseno (PC), e attende di risuonare nuovamente dalle voci di altri cori.
Facendo mie le parole con cui Laura Rebuttini conclude la sua testimonianza, la mia speranza è che leggere FarCoro sia sempre di più uno stimolo «a “fare cose”, a sperimentare, a studiare”»: un punto di ritrovo, fra le pagine della rivista, per condividere esperienze, approcci, idee ed eventuali difficoltà. Perché vivere in coro è questo: emozionarsi, sperimentare, giocare… ma soprattutto condividere.
1. La seconda edizione dell’antologia (1919) presenta, oltre ai testi dei canti, anche le musiche, trascritte a orecchio e armonizzate dal direttore d’orchestra e compositore Vittorio Gui: una scelta editoriale di novità assoluta per quei tempi. Fra i canti armonizzati troviamo Quel mazzolin di fiori, Ai preât la biele stele, Il testamento del maresciallo, Dove sei stato mio bell’alpino e tanti altri brani poi entrati stabilmente nel repertorio corale.