Riflessioni riguardanti la voce, il coro, la musicoterapia grazie all’esperienza “olistica” musicale del Coro USHAC Arcobaleno di Carpi (MO)
Il viaggiatore statunitense Christopher McCandless dopo numerosi viaggi esperienziali è arrivato alla conclusione che la felicità è reale solo se condivisa. Come musicista, soprattutto dopo le specializzazioni in Musicoterapia, vivo la musica come gioia, quindi un dono da condividere per renderlo tangibile, usufruibile, condiviso e ancor più prezioso. Con il Coro USHAC Arcobaleno di Carpi (MO) da me diretto, un grande progetto che coinvolge nel canto ragazzi portatori di handicap di diverso grado insieme a familiari, volontari, care-giver e coristi senza alcuna esclusione, abbiamo pensato di condividere un evento di bellezza musicale a tutto tondo con la comunità, con le famiglie, con artisti in un luogo fortemente iconico: il Duomo di Carpi. L’idea di partenza non era realizzare un “saggio” (accezione prevalentemente didattica/ dimostrativa) o un “semplice” concerto (accezione performativa), bensì era il bisogno di condividere la gioia del canto attraverso le nostre abilità resilienti e fonderle in un dialogo arricchente e armonioso di carattere esperienziale e partecipativo per chiunque fruisse l’esperienza. La volontà, forse un po’ supponente, ma sentita dai coristi spesso stanchi di sofferenze o difficoltà quotidiane ma vogliosi di esprimersi a tutto tondo, era quella di rendere tutti attori protagonisti, tutti autori di una storia, tutti pazienti e medici curanti dell’anima. Il titolo da me entusiasticamente proposto è stato “Dialogo di pace”, esperienza canora in cui i protagonisti sono chiamati a rappresentare la vera pace in maniera artistica: utilizzare poeticamente le proprie abilità senza sopraffare l’altro ma arricchendolo, creare ponti e nuovi modi per capirsi, cantare comprensione e armonizzare le differenze. Essendo tutte le voci uniche e speciali, non ci sarebbero stati gregari, tutti sarebbero stati protagonisti e prova tangibile dell’armonia. Inoltre, la pace è creativa, va inventata, pensata, coltivata e adattata, come il programma musicale e musicoterapeutico che andava definendosi.
Coro USHAC Arcobaleno
Così oltre al nostro corposo coro (40 coristi), abbiano invitato altri protagonisti che dovevano come noi mettersi in gioco, mettersi in mostra, ascoltare, improvvisare, dialogare e farci tutti migliorate con la loro arte. Il Coro USHAC Arcobaleno ha portato la propria esperienza sulla ritmica, sulle lallazioni e giochi vocalici (alcuni coristi hanno sì difficoltà nel linguaggio ma non ad interpretare brani ambiziosi e con valenze che sembrano provenire dalla logopedia, quali per esempio Adiemus di Karl Jenkins!). L’Associazione USHAC Carpi (Unione Sportiva Portatori di Handicap) ha coinvolto nel coro e nella musicoterapia anche per la prima volta la propria sezione giovanile (nuovi ingressi dai 13 ai 18 anni) che ha contribuito al canto anche attraverso la gestualità e la LIS, vera e propria lingua visibile che con eleganza supera le barriere dei testi cantati. Abbiamo coinvolto poi un fidato compagno di viaggio, il Coro Le Nuvole (Associazione Parkinson Carpi-MO), specializzato in musicoterapia e malattia di Parkinson insieme con A.L.I.Ce. Carpi (Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale), con il loro lavoro ispirato dalle neuroscienze riguardo all’attivazione dei gangli basali e con esperienze in concento con la logopedia riguardo la fonazione in toto. Abbiamo poi richiesto la preziosa collaborazione del soprano Serena Daolio che si è messa in gioco per noi: tra spartiti da comporre, vocalizzi da improvvisare, effetti vocali inusitati, abbiamo trovato il modo creativo di combinare le nostre voci bisognose con le sue prodezze tecniche, all’evidenza di range diversi ma compatibili (un soprano drammatico ed un coro eterogeneo con bisogni speciali). Abbiamo subito realizzato nelle nostre prime prove che condividere felicità, musica e abilità resilienti è un percorso vincente da far conoscere anche ai giovani: per questo motivo ho contattato il Coro di Voci Bianche Augusto Del Rio di Reggio nell’Emilia diretto da Francesca Galeotti. La loro estensione vocale e la timbrica peculiare delle voci bianche ha completato lo spettro completo delle partiture da me rielaborate, arrangiate e talvolta improvvisate. I bambini hanno rispettato i tempi dei coristi più bisognosi, hanno messo nella loro voce contagioso entusiasmo e visto la musica in un’ottica non solo didattica, concertistica o da concorso, ma come utilità e mezzo di comunicazione, talvolta come cura. Con gli sguardi, con le armonie, con i respiri, con la VOCE ci siamo detti tante cose come se ci conoscessimo e provassimo da tempo. La fiducia era palpabile, e noi direttori di coro abbiamo provato con esaltante emozione quel kairos, quel momento speciale come descritto dai filosofi greci, in cui tutto sembra essere connesso, sembra funzionare e comunicare. Un momento magico. Nei miei gesti, sentivo come le voci, quando cantano bene insieme in empatia, non possono mentire, possono solo celebrare la loro reciproca bellezza. Per l’occasione, finalizzata il 16 dicembre 2023, ho deciso di dirigere e accompagnare al pianoforte, in un’ottica di ascolto e aiuto, di contributo umile e attivo.
Coro USHAC Arcobaleno
Mi sono fatta aiutare da una profonda e vellutata base di violoncello (Francesco Bussei) e ho impreziosito le partiture con interventi di oboe e violino (Flavio Bussei); ho imparato a chiedere aiuto ai musicisti, non solo per un rinforzo armonico o un arricchimento melodico, ma per creare un clima collaborativo, per cercare soluzioni musicali a problemi di realizzazione, richiedendo di condividere un progetto. Così i musicisti hanno dovuto cambiare gli arrangiamenti in itinere, suonare talvolta in modo non convenzionale e in alcuni momenti contribuire con la loro voce. Penso che possa succedere che il musicista che, come me, proviene da studi accademici, tenda a specializzarsi troppo in un ruolo “inciso” nella partitura e dimentichi la propria musicalità a tutto tondo. Tutti ci siamo quindi messi in una “posizione scomoda” o comunque nuova e la sorpresa è stata trovare la soluzione creativa alle nostre difficoltà (è questo il significato di resilienza): un’esperienza dalle molteplici implicazioni metaforiche e molto incoraggiante.
Coro USHAC Arcobaleno
Sicuramente è la magia della valenza multiforme della voce che permette una riflessione a tutto tondo (valenze di psicologia, identità, espressione, benessere psicofisico: si possono approfondire tematiche tecniche e valenze trasversali leggendo ad esempio il libro di Gisela Rohmert, Il cantante in cammino verso il suono. Leggi e processi di autoregolazione nella voce del cantante, Diastema, 1995). Trovarsi per necessità o virtù a dover usare la creatività insieme anche in posizione “scomoda”, come dicevamo prima, è stato un pratico esercizio di problem solving, caratteristica spesso elogiata in ambienti di lavoro e management: non a caso sempre più ditte si rivolgono a professionisti della coralità, della body percussion, delle circle songs... Importantissimo ovviamente il ruolo del pubblico, che speravo potesse “sentire” non solo con le orecchie ma anche col cuore i benefici del canto e del coro attraverso le nostre voci. Abbiamo previsto nelle partiture alcuni interventi improvvisativo-vocali per “sfondare” la cosiddetta quarta parete. Ad un certo punto si è creato un bagno sonoro, un vortice di voci che ha riempito il Duomo e ha avuto l’effetto di un canto caldo, calmante e coinvolgente, un’esperienza primigenia che può ricordare l’ambiente favorevole della nostra gestazione, in cui suoni, vibrazione, cuore, respiro sono un fluire unico. Mi è capitato di ammirare, anche se nel più semplice mondo animale, come la mia gatta, spaventata dal veterinario, si calmasse con le sue stesse fusa, vibrazioni non ancora del tutto spiegate dagli etologi: lo stesso veterinario mi ha confermato un’interpretazione scientifica che le vede come una sorta di massaggio sonoro e autoincoraggiamento e consolazione. Penso che anche in noi umani il canto, un certo tipo di canto che abbiamo sperimentato in musicoterapia, possa consolare e “riarmonizzarci”. Noto però che l’effetto è esponenzialmente potenziato se avviene una condivisione (che è anche metafora del mio obiettivo di inclusione e riconoscimento sociale di soggetti deboli o con difficoltà), una vibrazione collettiva, in cui gli intenti si muovono in armonia. Il coro è così un rituale sonoro condiviso con l’abbattimento delle barriere tra amatori, professionisti, malati, medici, pubblico, direttori, musicisti e musicoterapeuti. Nei momenti in cui tutto “funziona” il suono circola, tutti sono in sintonia e in vibrazione simpatica ed empatica, l’individuo si perde per un attimo nell’esperienza sia attiva che riflessiva per poi ritrovarsi con una rafforzata autostima e con nuovi rapporti profondi. Diverse le tipologie tecniche di canto corale sperimentate nella serata: canone (voci che si rincorrono con egual importanza), bordoni affidati creativamente a diversi reparti (per inspirare la consapevolezza di esser talvolta gregari ma fondamenta dell’armonia) , giochi vocali con onomatopee con ostinato (per stimolare espressività, innalzare il tono d’umore e mettere in musica le piacevoli fatiche della logopedia), arrangiamenti a più voci miste in cui le melodie principali “viaggiano” tra i reparti come il gioco del testimone, piccole improvvisazioni inserite con gestualità guidata e prime esperienze di circle songs come ci ha insegnato il grande Bobby McFerrin (che ci ispira con la sua Don’t worry, be happy). Ringrazio quindi la professionalità di tutti i partecipanti del progetto che hanno avuto il coraggio e la creatività di “perdere” per un momento le loro consuetudini accademiche per poi ritrovarle nel percorso arricchite di nuove profonde consapevolezze musicali, in un approccio sistemico, globale e interdisciplinare. Per concludere, il racconto di un canone norvegese realizzato durante la serata: il coro delle voci bianche imita con la voce i violini, risponde il soprano in vece di flauto “in agilità”, la sezione maschile del mio gruppo di musicoterapia ha scelto di vocalizzare i timpani, la sezione femminile con suono un po’ nasale i clarinetti, in chiusura i giovani con spinta interpretano tromba e trombone, un solista improvvisa una viola dal carattere ombroso e vellutato… sembra però, in versione positivamente leggera, una “Prova d’Orchestra” quasi felliniana… Ironicamente cito il controverso film del Maestro che, tra mille altre profonde considerazioni, provocatoriamente sosteneva che una prova d’orchestra altro non è che il vano tentativo di un gruppo di individui diversi e disorganizzati (lui usa anche il termine “dissociati”) guidati da un altro individuo (direttore) nel realizzare un’utopia (l’esecuzione perfetta di un’idea altrui): nel nostro piccolo, abbiamo colto la “sfida” e provato a realizzare esattamente il contrario! Abbiamo provato, connettendo le nostre sensibilità, a realizzare insieme una nostra partitura in maniera interconnessa e creativa: il tentativo non è stato vano, il concerto è stato un successo. Proprio in quel film, un protagonista si chiede dove vada la musica quando tu non suoni più… noi rispondiamo che si trova e riverbera nei nostri cuori, nella nostra voce e nella vita di tutti i giorni, per stare meglio, insieme.
Coro USHAC Arcobaleno
L’USHAC ARCOBALENO ODV nasce nel 1986 ed è un centro permanente di vita associativa improntata alla partecipazione, alla solidarietà e al pluralismo, che ha lo scopo di favorire l’inclusione sociale dei disabili. Organizza attività sportive, come l’atletica leggera, il nuoto, basket e volley, attività ludico-motorie in palestra e piscina, attività ricreative come feste, cene, gite e soggiorni al mare ed in montagna, e attività culturali come visite a musei e città d’arte. L’esperienza del canto corale è iniziata nel 2009 sotto la guida della maestra Francesca Canova e si è costantemente sviluppata. Attualmente è composta da 40 coristi, di cui 20 sono portatori di disabilità. Questa bellissima esperienza ci ha fatto scoprire i benefici del canto corale sul controllo della voce, della respirazione e della memoria. Il canto corale è molto utile anche per l’aggregazione e la socializzazione. Nel coro tutti i componenti hanno un proprio ruolo e tutti concorrono alla esecuzione dei canti e questo è particolarmente importante per le persone con disabilità, perché nel coro si sentono pari agli altri, si sentono considerati e valorizzati con beneficio per la loro autostima.
Via B. Peruzzi 22 – 41012 Carpi (MO) www.ushac.it – info@ushac.it
Il concerto del 16 dicembre 2023 nella Cattedrale di Carpi
Questo concerto ha visto collaborare tante forze e tante anime che si sono unite festosamente per celebrare il Natale. Io mi ero già esibita con i cori “Arcobaleno” e “Le Nuvole”, ma questa serata è stata arricchita da bravissimi musicisti e da un coro di voci bianche. La Maestra Francesca Canova ha ideato un programma che ci ha visti impegnati in brani particolarmente toccanti ed intensi. Penso ad esempio a “Nella fantasia” di Morricone, nel quale io ed i cori ci siamo alternati. Lo scorso anno ho seguito i cori “Arcobaleno” e “Le Nuvole” in un percorso vocale più mirato e volto ad una migliore prestazione. La voce è uno strumento straordinario. Le persone posso avere difficoltà, dovute a varie tipologie di fragilità, ma la voce risuona in ognuno di esse e può essere formata, arricchita e plasmata dallo studio e dalla tecnica. Ciò che ho potuto avvertire è stato l’entusiasmo, l’impegno e la passione.
Serena Daolio
Serena Daolio
Se dovessi riassumere in una sola parola l’esperienza vissuta a Carpi il 16 dicembre 2023 direi CONDIVISIONE. Il coro di voci bianche “Augusto Del Rio” ha avuto la fortuna di poter condividere una serata musicale davvero speciale con i cori “Arcobaleno” e “Le nuvole” di Carpi. Ringrazio, anche a nome di tutti i coristi, la direttrice Francesca Canova per averci proposto di prendere parte a questo progetto, che ha visto coinvolti coristi di tutte le età con le loro capacità musicali, ma soprattutto con la voglia di mettere a disposizione i propri talenti. È come se tante voci fossero diventate una voce sola, senza lasciare spazio a confronti o differenze di nessun genere. Francesca Canova mi ha proposto di preparare un concerto che fosse un vero e proprio dialogo tra le realtà corali coinvolte ed insieme abbiamo pensato ad un repertorio che potesse valorizzarle. I bimbi e i ragazzi del coro di voci bianche hanno imparato ad ascoltare gli altri cori dialogando ed interagendo con essi, cercando di rispettare le dinamiche, le esigenze musicali, gli ingressi, le velocità idonee, la ritmica… Abbiamo capito cosa significa sentirci accolti da persone speciali che fanno del canto un motivo di vita, di unione e soprattutto di cura. Credo che il brano La cura di Franco Battiato abbia messo in evidenza lo scopo dell’intero progetto: prendersi cura di qualcuno donando il proprio canto, il proprio tempo, le proprie abilità (di chi canta o suona per professione, ma anche di chi ad esempio suona le percussioni in modo amatoriale lasciandosi trasportare dal ritmo…) e certamente i propri sentimenti. Per l’occasione abbiamo imparato tanti brani nuovi, passando dal canone al gospel, da De André alle atmosfere natalizie di vari paesi e, tornando nella nostra aula, tutto questo ci ha dato nuovi spunti e nuove idee… Le prove in vista del concerto si sono svolte presso la Casa del volontariato di Carpi dove ci siamo sentiti immediatamente accolti in un’atmosfera familiare e amichevole da persone che ci hanno mostrato un’inaspettata riconoscenza per la nostra presenza. Il meraviglioso Duomo di Carpi ha fatto da cornice a questo “quadro” musicale e, nonostante l’acustica all’interno non fosse del tutto favorevole, abbiamo imparato ad ascoltarci, a fare affidamento sugli sguardi, cercando un modo di dirigere comune, un’intesa fra coristi, direttrici ed i preziosi musicisti che ci hanno accompagnato dando un tocco magico ai brani. La commozione di tante persone presenti tra il pubblico ci ha fatto capire di aver centrato l’obiettivo: emozionare, far arrivare un messaggio di pace ma soprattutto di inclusione. Credo che i miei piccoli coristi abbiano capito una cosa importante grazie a questa esperienza, cioè che un concerto non debba consistere necessariamente in un’esibizione “perfetta”, quanto piuttosto essere l’occasione perché ogni persona, anche se fragile, possa esprimersi grazie alla musica e sentirsi parte di un progetto comune.
Francesca Galeotti
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