30 anni di esperienze dal Coro Note Blu di Roma

 

Se riuscirò ad aprire anche solo un angolo nuovo nel cuore di un uomo  non sarò vissuto invano 

(Khalil Gibran)

“No, il lunedì mai… ho le prove del coro”.

Quante volte abbiamo sentito i nostri cantori rispondere così anche ad allettanti inviti. Già, perché chi sceglie di cantare in coro viene preso da una passione che lo porta a dedicare serate e weekend, a percorrere centinaia di chilometri, a vincere la stanchezza di una giornata di lavoro, lasciare famiglia, figli o semplicemente un divano per ritrovarsi a cantare con i propri compagni. Questa circolazione di energia, di passione, di musica si chiama coralità. Non c’è dubbio che la coralità sia un fenomeno antropologico, oltre che sociologico. I suoi risvolti psicologici si riverberano nella vita di relazione, nella capacità di ascolto, nell’autostima dei cantori. Come dare importanza e rilevanza a questi aspetti nell’esperienza corale? come il direttore può favorire la crescita umana, oltre che artistica, del gruppo che conduce? Nel 1993 – sono trent’anni quest’anno – mi diplomai in Musicoterapia al CEP di Assisi, dopo aver frequentato con entusiasmo il quadriennio. Come Direttore di Coro ero interessata a quanto questa nuova disciplina potesse offrire alla mia formazione, e grazie all’incontro con Bernardino Streito e Giovanni Maria Rossi iniziai la sperimentazione che mi porta oggi a scrivere questo articolo. Giovanni Maria Rossi, padre camilliano, organista, compositore, musicoterapista appassionato (1929-2004), aveva teorizzato che la sua metodologia Voce-Persona avrebbe potuto generare un nuovo approccio alla formazione vocale e gruppale di un coro. Tale intuizione, nata dalle sue frequentazioni non solo con la scuola tradizionale di canto, ma ancor più con lo yoga, il tai-chi, il training autogeno, vedeva nel coro la realizzazione di quella CON-SONANZA che era il compimento della triade INsonanza, PERsonanza, CONsonanza, nel viaggio personale di ciascuno alla scoperta della propria voce-persona. Le tre fasi di ricerca erano già una realtà nell’approccio musicoterapico di GM Rossi, che rimaneva comunque principalmente individuale. Si può comprendere come una proposta così originale – per non dire avveniristica, come poi si è rivelata – negli anni ’80 non vedesse un consenso immediato: vale sempre il detto “nemo profeta in patria”, e Padre Rossi non trovò nei suoi cantori quella disponibilità che invece fu offerta a me, sua allieva, giovane musicista alla guida di un coro giovanile parrocchiale nella città di Roma. La sperimentazione durò 3 anni, dal 1990 al 1993: questionari iniziali, incontri settimanali per gruppi larghi e piccoli (le sezioni), un percorso specifico di 8 incontri di 2 ore organizzato con osservazioni dirette, stesura di protocolli, misurazioni e valutazioni finali con report e questionari finali. Tutto ciò si sarebbe realizzato parallelamente allo svolgimento delle prove corali settimanali. Un’esperienza immensa, una quantità di dati sorprendente.  Nella fase di ideazione delle attività chiesi aiuto anche a Maria Elena Garcia, danzaterapeuta e mia docente al Corso di Assisi, con la quale avevo intrapreso una serie di esperienze sul rapporto tra musica, corpo e movimento. Inserimmo degli esercizi che avrebbero dato un taglio relazionale più intenso al percorso. Ora cerchiamo di entrare nel dettaglio della metodologia, presentandone alcuni caratteri specifici. Per fare questo, dobbiamo ribadire alcuni concetti di base, primo tra tutti: che cos’è la nostra voce? È l’espressione sonora della nostra personalità. La voce è il mezzo con il quale quotidianamente ci mettiamo in relazione con il mondo che ci circonda. La voce è il nostro strumento di comunicazione per eccellenza, segue le nostre emozioni ed i nostri stati d’animo e di salute… vive e “cresce”, si modifica con noi nel corso del tempo. Nella metodologia della Voce-Persona, l’esperienza vocale si intreccia con l’auto-terapia e l’integrazione psicofisica della persona. Lo studio della vocalità parte quindi dalla distensione psicofisica e dalla coscienza che il nostro corpo è il primo “risuonatore”, che la respirazione è il suo “grande regolatore” e che il primo atto di questo cammino è “prendersi in mano”, cioè dedicare la propria attenzione, tempo e spazio per tornare ad auto-ascoltarsi. L’atto del cantare presuppone un coinvolgimento fisico ed emotivo della persona, porta con sé una serie di informazioni “sincere” sui contenuti relazionali della comunicazione. Tali informazioni sono comunicate in gran parte attraverso il non-verbale. Eccoci all’azione collante del gruppo-coro, il cantare. L’osservazione della voce e delle sue funzioni, delle sue qualità e possibilità sono punto di partenza per arrivare ad un corretto approccio alla vocalità intesa come armonia fra persona, corpo e voce.

Giovanni Maria Rossi

 

Marina Mungai

Tutto il percorso sulla Voce-Persona si presenta come “laboratorio”, nel quale la curiosità della ricerca è primo ingrediente. Non più quindi i tradizionali “vocalizzi”, ma esercizi di propriocezione, centrati sulla respirazione e le qualità corporee di peso, spazio, volume; esercizi di autoascolto, di percezione delle sensazioni legate alla corretta postura, alla corretta emissione, alla ricerca del suono come espressione di sé. La padronanza di sé inizia con esercizi tecnici desunti dal training autogeno, dallo yoga, dalle discipline orientali e dall’intuizione di alcune scuole occidentali, come quelle di Gisela Rohmert e di Jo Estill. Nella sperimentazione introdotta insieme al Coro Note Blu, ho fin da subito considerato quanto fosse importante arrivare ad una migliore comunicazione interpersonale e di gruppo. Ho quindi integrato gli esercizi personali con spazi di improvvisazione ed espressione creativa con la propria voce – in ascolto e in dialogo sonoro con quella degli altri compagni. Dopo moltissimi anni di esperienza, possiamo affermare che questa parte del lavoro ha regalato le più grandi emozioni ai gruppi, aprendo nuovi orizzonti non solo alle relazioni tra i cantori, ma anche alla vita artistica del Coro stesso. Nel caso specifico del Note Blu, la pratica dell’improvvisazione ha generato non solo il nome del coro (che prende spunto dall’“errore creativo” degli afroamericani nell’intonazione della scala diatonica, che andò a generare la scala “blues”) ma il taglio artistico decisamente rivolto verso la produzione contemporanea che il gruppo si è dato negli anni successivi e che tuttora persegue. Si può dunque parlare di musico-coro-terapia? Nella misura in cui la persona vive nel benessere l’integrazione nel gruppo e l’acquisizione di una maggiore conoscenza e coscienza del proprio corpo attraverso un uso sempre più consapevole della propria vocalità, si può. La musicoterapia, infatti, deve tendere al benessere della persona, alla sua integrazione, inclusione, al riconoscimento della sua unicità. Ogni persona umana è caratterizzata dal suo bisogno di relazioni: il coro rappresenta una cellula di “società cantante”, o meglio, un “corpo vivo cantante”. Un coro è una scuola di relazioni, se la ricerca dell’armonia musicale diventa ricerca di relazioni positive e costruttive nelle somiglianze e nelle diversità, nell’unico intento di espressione e di elevazione che la musica propone. Chi fa l’esperienza del coro come espressione di Sé e come comunicazione e relazione con gli altri, ben sperimenta che la propria personalità non è appiattita dal far parte del gruppo, bensì può essere arricchita, nella misura in cui il coro è realmente sentito come corpo vivo, formato da voci vive. Infatti, formare un coro vuol dire lavorare sulla voce ma soprattutto sulla relazione, sulla presenza, primo vero ingrediente di un gruppo sano. L’idea di abbandonare la concezione di coro come strumento musicale per passare ad un concetto di gruppo dove realizzare la propria personalità vocale fondendola in armonia con gli altri mi affascinava, perché conoscevo e vivevo le difficoltà di integrazione tra le diverse motivazioni dei miei cantori, le resistenze nell’accogliere nuove persone, o il semplice fatto che la conoscenza reciproca tra loro fosse sempre superficiale, e a volte potesse generare (ricordiamo anche le diverse fasce generazionali di molti dei nostri cori) piccole diffidenze o gelosie. Il lavoro di formazione vocale basato sul dedicarsi piuttosto che l’esercitarsi può quindi orientare in modo diverso anche la prova corale, il tradizionale riscaldamento vocale, ed entrare in una propedeutica didattica per l’autonomia e la crescita artistica del singolo cantore, qualsiasi sia il suo livello di partenza. La Voce-Persona è una metodologia adatta a tutti, dai bambini fino agli adulti, e interessante per tutti, amatori e professionisti. Il successo di quella che è diventata la prassi di quel primo gruppo di esploratori “vocali e relazionali” lo raccontiamo, in conclusione, con alcune cifre e avvenimenti:

• Nel 1993, anno della mia tesi in Musicoterapia Per una nuova coralità a partire dalla Voce-Persona, il Coro si costituisce in Associazione Culturale e prende il nome di Coro Note Blu: oggi è considerato uno dei gruppi corali “storici” romani; nello stesso anno il Note Blu si iscrive all’Associazione Regionale Cori del Lazio e, tra i primi cori italiani, ad Europa Cantat.

• Il palmares del Coro Note Blu sfiora i 30 premi in Concorsi Regionali, Nazionali ed Internazionali. Nonostante la crescita artistica, il Coro è rimasto fedele all’idea di amatorialità, accogliendo cantori senza preparazione musicale o vocale, e lasciando che attraverso la formazione “interna” sostenuta da una buona musicalità, le capacità dei singoli potessero contribuire ai traguardi del gruppo.

• Dal 2000 il Coro si è orientato decisamente verso la musica contemporanea, in particolare italiana, e sono nate feconde collaborazioni con numerosi compositori. Ad oggi, il Note Blu ha curato circa sessanta prime esecuzioni ed ha ricevuto circa 40 dediche dalle maggiori “firme” corali italiane. Ha registrato per Radio Vaticana, è stato ospite di trasmissioni televisive e radiofoniche, ad esso la stessa Radio Vaticana ha dedicato ultimamente (giugno 2022) un’intera trasmissione in occasione del quarantennale del Coro.

• Nel 2007 la Dottoressa Laura Romano si è laureata in Logopedia presso l’Università di Parma con una tesi dedicata all’esperienza della metodologia della Voce-Persona e del Coro Note Blu.