Manca poco alla santa Pasqua e si è pensato di proseguire l’excursus sul repertorio liturgico, animati (è il caso di dirlo!) anche dai numerosi e positivi riscontri sull’incontro con l’Ensemble sine nomine della Parrocchia di Tal dei tali. Siamo altresì lieti di discutere questi argomenti con il Maestro del coro Gli attenti cantori che, come evidentemente testimoniato dal nome del gruppo, è formato da responsabili coristi, abili nella lettura consapevole dei testi, delle partiture e familiari alla consultazione di articoli specialistici.
Pensate che – ci informa il direttore – spesso capita che siano loro stessi a informarlo sulle novità editoriali, a stimolarlo sulla ricerca di nuove composizioni, a ricercare insieme utili corsi di formazione, a studiare scrupolosamente le partiture, a voler trovare le nascoste chiavi di lettura del repertorio più antico senza limitarsi, magari, a erronee o superficiali trascrizioni. Nessun cantante professionista, tutti amatori che hanno deliberatamente deciso di dare al canto corale un posto rilevante nella loro quotidianità.
Incuriositi dalla florida realtà che il collega è stato in grado di coagulare intorno a sé, gli abbiamo chiesto come mai ci avesse contattati in seguito alla pubblicazione del contributo sul repertorio natalizio. “Da sempre scegliamo attentamente i brani da proporre in liturgia, anche se siamo stati talvolta redarguiti, perché la messa non è un concerto. Vedere avallati i nostri criteri di discernimento del repertorio da una nuova rubrica dedicata proprio alla Musica Liturgica, ci ha dato nuova linfa; così abbiamo pensato di renderci disponibili per un nuovo intervento sul repertorio liturgico.” A tal proposito, il gruppo è stato incaricato di cantare alle liturgie del Giovedì Santo e di Pasqua nella parrocchia di Poggio Navi: sarà indubbiamente interessante vedere che brani hanno scelto.
È indispensabile iniziare, come ormai sappiamo, facendo riferimento al repertorio Proprio. Il Graduale Romanum indica per la Messa vespertina del Giovedì Santo l’Introito Nos autem, il Graduale Oculi omnium, il Tratto Ab ortu solis, durante la lavanda dei piedi propone sette antifone, all’Offertorio è prevista l’antifona Ubi caritas, poi il Communio Hoc corpus e durante la traslazione del Santissimo Sacramento l’inno Pange lingua; mentre per la Messa del Giorno di Pasqua vengono prescritti l’Introito Resurrexi, il Graduale Haec dies, l’Alleluia Pascha nostrum, la Sequenza Victimae paschali, l’Offertorio Terra tremuit, il Communio Pascha nostrum.
Il maestro ci spiega, quindi, come ha scelto i brani da far cantare a Gli attenti cantori, tenendo come riferimento le indicazioni che la Chiesa dà attraverso il suo libro liturgico.
Egli, come pure aveva fatto il direttore del Sine nomine di Tal dei Tali, si è prodigato in una approfondita ricerca di materiale: decide di affidare i due introiti al canto gregoriano (Nos autem e Resurrexi) e sostituisce i Graduali con i Salmi responsoriali su formule stereotipo. Ritiene troppo complesso il Tratto del Giovedì Santo per il pur capace solista di cui dispone nel coro, perciò sostituisce il Tratto con una melodia assembleare quaresimale; invece, al capace solista decide di affidare il versetto dell’Alleluia Pascha nostrum per il Giorno di Pasqua. Canteranno, a seguire, la sequenza Victimae paschali utilizzando la melodia prevista. Per il canto dell’Ubi caritas sceglie l’omonimo mottetto contemporaneo di Paul Mealor, mentre per l’Offertorio del Giorno di Pasqua attinge alla composizione palestriniana del Terra Tremuit. Affida poi entrambi i Communio alla forma salmodica antifonale del Graduale Simplex: Calicem salutaris, per il Giovedì e Alleluia per la Domenica. All’uscita dei fedeli, eseguirà infine l’antifona mariana gregoriana Regina cœli seguita dalla versione polifonica rinascimentale di Giovanni Giacomo Gastoldi e da un brano libero organistico.
Inoltre, ci informa il maestro che il parroco di Poggio Navi è persona di cultura e riconosce da sempre l’importanza del canto nella liturgia, tanto da avergli chiesto di aiutarlo nell’apprendimento delle melodie previste dal Messale che dunque saranno cantate sia il Giovedì che la Domenica sortendo il duplice effetto di contribuire all’arricchimento della Liturgia e stimolare la partecipazione dei fedeli. Data l’importanza del tema, non mancheremo di approfondire l’argomento a breve sulla nostra rubrica.
Tentiamo ora un’analisi delle scelte effettuate da Gli attenti cantori.
Anzitutto gli Introiti gregoriani, Nos autem e Resurrexi. L’espressività che il canto gregoriano dona alle due antifone è totalizzante. Entrambe in IV modo, un deuterus plagale che a tutto farebbe pensare, meno che alla Resurrezione del Cristo. Una modalità così dimessa che ci costringe inevitabilmente a riflettere sul mistero della Resurrezione come intrinsecamente legato a quello della Passione e della Morte di Cristo, un triplice mistero (passus et sepultus est et resurrexit) che è fonte esso stesso della nostra Salvezza, già annunciata dal Santo Natale. Il direttore non ha inteso rinunciare a una così grande ricchezza fatta risuonare esclusivamente – appunto – in questo modo.
Della sostituzione del Graduale con il canto del Salmo responsoriale abbiamo già parlato nel numero precedente, quindi ci limitiamo a ricordare che, a fronte della semplicità formale e della pur salvaguardata pertinenza testuale, si ha una perdita notevole sia sul piano estetico che esegetico. Idem per le sorti del Tratto. Sul Graduale del Giovedì, inoltre, è qui il caso di ricordare che, prima della ricollocazione liturgica del Graduale Romanum del 1974, durante la Missa in coena Domini (Giovedì Santo) era previsto il Graduale Christus factus est (e non Oculi omnium), cantando soltanto la prima frase (Christus factus est usque ad mortem), completando la parte responsoriale il Venerdì Santo (Christus factus est usque ad mortem, mortem autem crucis) per arrivare a cantarlo per intero, compreso il versetto solistico e la ripresa del responsum corale, solamente il Sabato Santo. Dopo il 1974, la riforma della liturgia ha rinunciato a quest’occasione di profonda esegesi ricollocando il brano sia la Domenica delle Palme che durante l’azione del Venerdì Santo, in entrambi i casi – peraltro – non dopo la prima lettura (momento proprio del Graduale), ma al termine della seconda sostituendo così, in modo anomalo, la presenza di un Tratto.[1] Interessante è pure il ruolo del Graduale Haec dies del Giorno di Pasqua. Esso infatti viene riproposto per tutti i giorni dell’ottava fino alla Dominica in Albis (la prima dopo Pasqua) ribadendo che proprio Questo è il giorno che ha fatto il Signore! Da quel momento e fino a Pentecoste, il Graduale sarà sostituito da un Alleluia che si sentirà cantare quindi due volte per ogni Domenica.
L’Alleluia, di carattere melismatico, trova nel Giorno di Pasqua uno jubilus in VII modo (lo stesso del Puer natus est, niente meno!) estremamente ricco. Il maestro non ha voluto farne a meno, perché dire Alleluia, significa essere nel Tempo di Pasqua. Una parola che contiene in sè l’allusione a Dio, proprio in quel melisma sulla sillaba ia che amplifica il termine stesso. Ia che sta anche per Yahweh, Io sono colui che sono, ovvero il nome ebraico di Dio. Una formula stereotipata assembleare non avrebbe avuto, è chiaro, la stessa valenza.
Il bravo solista avrà un bel da fare nell’eseguire il versetto Pascha nostrum con speciale premura rispetto al ritmo suggerito dalle notazioni adiastematiche riportate dal Graduale Triplex; così l’attenzione di tutti i presenti sarà calamitata dalla sua voce, ricca occasione di meditazione del messaggio biblico prima della cantillazione del Vangelo da parte del celebrante. Altro che concerto: siamo di fronte al piegamento del fattore estetico alla Bellezza liturgica che, necessariamente, si fa sostanza e contenuto. Un messaggio per tutti, non per i pochi che sanno apprezzare, perché – ne siamo convinti tanto quanto Dostoevskij – la Bellezza ci salverà.
La sequenza di Pasqua Victimae pachali è tra i brani più cantati dai cori che effettuano servizio liturgico, una melodia medievale di attribuzione non ancora ben definita, che funge da spiegazione del testo evangelico semplice e fruibile da tutto il popolo. Nell’attuale ordinamento liturgico si esegue prima dell’Alleluia, anche se la sua collocazione liturgica originale, mantenuta nel Graduale Romanum, è in coda al canto dell’Alleluia.
Gli attenti cantori hanno poi studiato alcune antifone tra quelle proposte da cantarsi alla Lavanda dei piedi del Giovedì Santo.
Ma è all’Offertorio che il coro darà sfoggio di capacità interpretando due impegnativi mottetti.
Al Giovedì Santo sarà Ubi caritas del gallese Paul Mealor, brano composto nel 2011 per il matrimonio tra il Principe William e Kate Middleton ed eseguito in quella speciale occasione dal coro di Westminster Abbey. Il pezzo, a 4 voci con divisi, richiede ottima tenuta vocale per evidenziare tutte le sfumature dinamiche previste. Alla Domenica invece risuonerà il cristallino contrappunto di Giovanni Pierluigi da Palestrina, maestro della scuola rinascimentale romana, nell’impegnativa e geniale sinergia tra Parola e Musica del Terra tremuit.
Nel Communio, che come sappiamo è inteso come nuova meditatio del messaggio evangelico in stile semi-ornato, il maestro ha preferito deviare sul Graduale Simplex che propone due antifone sillabiche: Calicem salutaris al Giovedì, ma soprattutto il ben noto Alleluia di VI modo la Domenica. Ha sicuramente fatto questa scelta per ribadire la centralità dell’Alleluia nel tempo di Pasqua che qui si fa essa stessa antifona e non ritornello assembleare tipicamente bistrattato quando non si ha altro da proporre come canto al Vangelo. Dunque un Alleluia simplex al Communio che fa risuonare, come un’eco, quelli molto ornati ascoltati in precedenza sia nel canto al Vangelo sia nel mottetto palestriniano d’Offertorio.
Durante la Traslazione del Santissimo Sacramento, al termine della liturgia del Giovedì, il coro intonerà il noto l’inno medievale Pange lingua, attribuito a S. Tommaso d’Aquino, che termina con il Tantum ergo da cantarsi alla Deposizione cui seguirà il devozionale silenzio in attesa dell’Adorazione della Croce il Venerdì fino alla solenne liturgia del Sabato Santo, centro dell’anno liturgico.
Domenica la liturgia terminerà con la formula di saluto pasquale Ite missa est, alleluia di VIII modo. Essa è stata studiata dal celebrante insieme al maestro e l’assemblea, guidata dal coro, risponderà sulle stesse note: Deo gratias, alleluia. All’uscita dei fedeli, poi, l’antifona mariana Regina cœli sarà cantata seguita dall’omonimo mottetto di Gastoldi, testimone della prassi compositiva tardo rinascimentale su cantus firmus: un saluto con stile da parte del coro prima di lasciare alla bravura dell’organista la coda improvvisata sul tema appena ascoltato.
Per quanto riguarda il repertorio dell’Ordinario, il coro ha eseguito il Giovedì alcuni brani dalla Messa di Fulvio Rampi per coro e organo in alternatim con l’assemblea; mentre nel Giorno di Pasqua ha cantato alcune parti della prima messa del Kyriale, Lux et origo, indicata per il tempo di Pasqua.
Ringraziamo in chiusura Gli attenti cantori e il loro maestro (augurandoci che in molti possano seguire il loro buon esempio…) e cogliamo l’occasione di questa prima uscita del 2017 di Musica dell’anima per augurare ai lettori Buona Pasqua, densa di appaganti attività musicali.
Post scriptum. Sia l’Ensemble Sine nomine che Gli attenti cantori parteciperanno al I Concorso per Cori liturgici, che si terrà a Parma sabato 24 giugno 2017. Chissà quanti altri lettori si troveranno quel giorno insieme a loro… Nel caso interessasse, qui troverete il bando: http://www.asanbenedettopr.it/concorso-per-cori-liturgici.html
[1] Pensiero ricostruito a partire dalla Guida all’ascolto Il Graduale della Passione proposta dal maestro Fulvio Rampi sul blog curato da Sandro Magister, rintracciabile al link http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350760
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