Timbro ed efficienza vocale

Si è accennato sopra come ad un particolare assetto morfologico del tratto vocale corrisponda un preciso carattere timbrico del suono vocale cui, per ogni lingua parlata, si assegna ordinariamente un preciso significato semantico. La modellazione del tratto vocale, nel canto come nel parlato, determina quindi la generazione dei foni linguistici, le componenti sonore della lingua parlata [1], cui si riconosce una diversa proiezione sonora ed incisività percettiva. Non è un caso quindi che, per fornire solo un esempio, si constati inevitabilmente che il suono della vocale “a” sia percepito in modo ben più nitido rispetto alla vocale “u”. Ma al di là del diverso significato semantico delle vocali, le ragioni acustiche di tale riscontro percettivo sono da ricercare in una maggiore presenza di parziali armonici acuti per la vocale “a” rispetto alla “u”; nel secondo caso, infatti, si assiste ad un  sostanziale abbassamento della 1° e 2° formante vocale, ciò che anatomicamente corrisponde ad un  restringimento dell’apertura orale e della base della faringe. Un quesito allora sorge spontaneo:  esiste una qualche forma di controllo dell’assetto del tratto vocale affinché la proiezione del suono, nell’emissione cantata in particolare, possa essere accresciuta, migliorando la percezione sonora in chi ascolta ? Si danno qui di seguito solo alcuni riferimenti.a) Un primo espediente tecnico, suggerito spesso dagli insegnanti di canto ai propri allievi, riguarda il pronunciare le vocali in modo più aperto rispetto all’emissione parlata ordinaria, procurando un allargamento, per quanto possibile, dell’apertura orale. Ciò contribuisce ad aumentare la superficie radiante del suono vocale verso l’ambiente oltre ad elevare l’altezza di tutte le frequenze formanti. Come si è visto, nei pressi della bocca è infatti sempre presente un nodo di pressione per ogni risonanza del tratto vocale e, con il suo allargamento in quel punto, si procura un innalzamento di ogni sua frequenza di risonanza. D’altro canto, per contro, a parità di dimensione dell’apertura orale, l’allargamento della cavità faringea prossima al ventre di pressione può rendere più scuro il colore timbrico dell’emissione vocale generando un moderato abbassamento di ogni frequenza formante. L’emissione vocale acquista quindi un carattere timbrico definito plummy, ove con questo termine ci si riferisce a quella modalità di comunicazione verbale un tempo ritenuta tipica della classe aristocratica. Va anche detto però che, l’uso di uno dei due espedienti tecnici, è accompagnato non di rado da una minore intelligibilità dei vocaboli della lingua parlata.

b) L’esperienza di ascolto musicale dimostra frequentemente che un cantante lirico possa essere ascoltato distintamente anche quando la sua voce è accompagnata da una orchestra sinfonica che suona al pieno della sua sonorità. Ciò può apparire paradossale, se solo si paragonano le potenze sonore in gioco (potenza acustica max. di un cantante ≈ 1 W, potenza acustica max. dell’orchestra ≈ 10 W). Anche questo paradosso può essere però interpretato come una diretta conseguenza di un’opportuna caratterizzazione timbrica della voce, ottenuta dal cantante modellando opportunamente l’assetto del proprio tratto vocale.

Un’orchestra sinfonica produce il livello più elevato di energia sonora in una regione dello spettro prossima a 500 Hz, per poi decrescere rapidamente alle frequenze più acute. Questo lo si deve al fatto che, intorno a tale frequenza, risultano più intense le risonanze della maggior parte degli strumenti musicali dell’orchestra sinfonica (ottoni, legni in particolare) [2]. La distribuzione dell’energia sonora, nel parlato o nel canto non educato, ha un andamento in frequenza equiparabile a quello dell’orchestra, presentando, allo stesso modo, un picco di risonanza intorno a 500 Hz, seppure caratterizzato da un livello sonoro notevolmente inferiore. In questa condizione, affinché il suono dell’orchestra non prevarichi sulla voce, non rimane che una sorta di amplificazione naturale dell’emissione vocale. Ed infatti la tecnica vocale nei cantanti lirici può effettivamente rinforzare l’emissione cantata con la generazione di un’intensa risonanza del tratto vocale, detta non a caso formante del cantante. Il cantante è in grado quindi di produrre un sostanziale incremento di intensità dei parziali armonici appartenenti alla regione acuta dello spettro sonoro (2500-3000 Hz), rendendo così nettamente udibile la sua voce, pur in presenza di un accompagnamento orchestrale che suona al massimo della sua sonorità. A questo proposito, diverse sperimentazioni condotte tra i cantanti lirici (le voci maschili, in particolare) [3], hanno chiarito che la generazione della formante del cantante la si deve attribuire alla risonanza della piccola massa d’aria contenuta nel tratto di laringe posto al di sopra della glottide. Il continuo esercizio vocale praticato da molti cantanti professionisti che miri a favorire l’abbassamento della laringe – una pratica fisiologicamente innaturale, se messa in pratica al crescere dell’altezza del suono – è in grado di creare una sorta di discontinuità geometrica tra le cavità della laringe e della faringe; ciò genera una parziale riflessione dell’onda sonora all’interno della cavità laringea e la risonanza dell’aria ivi contenuta.

 

Fig. 1)
Intensità dei parziali armonici nella voce di un cantante tra i quali si individua l’incremento nella regione compresa tra 2500-3000 Hz (formante del cantante)

L’importanza della formante del cantante riguarda in particolare le voci maschili  (parzialmente per la voce di contralto) impegnate nell’esecuzione di brani tratti dal repertorio operistico. Le voci femminili sono invece caratterizzate da un’estensione vocale più acuta, il che comporta naturalmente la produzione di parziali armonici e frequenze formanti più acute rispetto alle voci maschili. L’enfatizzazione di parziali armonici con frequenze superiori a 3000 Hz – una regione dello spettro sonoro nella quale l’udito individuale raggiunge la sua massima sensibilità – esporrebbe quindi al rischio di eccessiva durezza ed incisività della voce, specialmente in relazione alla necessità di equilibrio timbrico auspicabile in certo repertorio lirico. Nel caso dei cantori inseriti in una compagine corale, si pone invece l’obiettivo di fondere al meglio la voce individuale nel coro; l’emissione vocale per questo non dovrebbe, almeno in linea di principio, presentare enfasi e/o colorazioni timbriche particolari, privilegiando invece il rafforzamento delle frequenze fondamentali.   

3) Nella voce del soprano lirico si pone spesso il problema della riconoscibilità delle vocali, un elemento che, come si è visto, si ricollega alla configurazione assunta delle prime tre risonanze del tratto vocale associate ad ogni vocale. Quando un soprano canta nel registro medio-acuto (> Mi5, 660 Hz) la frequenza fondamentale del suono emesso si localizza sempre al di sopra della 1° frequenza formante di ogni vocale (in particolare le vocali i, e, o, u), non ricevendo alcun sostegno risonante del tratto vocale. Questo porta ad una evidente scarsa comprensione delle parole cantate,  constatando in molti casi che, già  quando l’altezza del suono fondamentale è superiore al Do5, la percentuale di intelligibilità del testo scende drasticamente al 50%. A tale inconveniente la cantante è solita ovviare, almeno in prima battuta, migliorando il collegamento tra le vocali e le consonanti, scandendo maggiormente le sillabe o, ancora, facendo affidamento sulla ripetizione delle parole contenute nel testo.


Fig. 2)
Percentuale di riconoscimento delle vocali con vocali isolate (linea continua) e vocali legate a consonanti (linea tratteggiata)

Un possibile miglioramento consiste nel traslare verso l’alto la frequenza della 1° formante vocale affinché, crescendo l’altezza del suono, la formante possa sovrapporsi alla frequenza fondamentale.  L’obiettivo è solitamente raggiunto qualora la cantante sia in grado di produrre un moderato e progressivo accorciamento del tratto vocale, ciò che può essere ottenuto aprendo lateralmente la bocca (l’atto del sorridere) o abbassando la mandibola. Questa tecnica riguarda in particolare le voci femminili (non quelle maschili) per le quali il suono fondamentale si situa ordinariamente al di sotto di ogni frequenza formante. Va poi sottolineato che la maggiore rigidezza dei tessuti epiteliali del tratto vocale degli uomini, configura un condotto nel quale la propagazione dell’onda sonora sia affetta da un grado di smorzamento minore rispetto alle donne. L’eventuale coincidenza tra la frequenza del suono fondamentale e la 1° formante vocale nelle voci maschili procurerebbe quindi un inevitabile interferenza con il moto periodico delle corde vocali, con effetti disastrosi sull’emissione vocale. Il fenomeno è in qualche modo equiparabile alla generazione della famigerata nota del lupo degli strumenti ad arco, quel fastidioso effetto sonoro di alcuni strumenti dato dalla coincidenza tra la frequenza naturale di vibrazione della tavola armonica e la frequenza di risonanza dell’aria contenuta nella cassa armonica.

Le cavità nasali e pettorale non sembrano avere grande influenza sull’efficienza dell’emissione vocale, nonostante si ritenga frequentemente che la risonanza della massa d’aria che le riempie possa avere notevole importanza sul volume della voce. La ragione principale sta nel fatto che, nonostante tale massa d’aria possa realmente entrare in vibrazione, questa non sia in grado di innescare direttamente un’onda sonora che si propaghi all’esterno, rinforzando l’emissione vocale ordinaria. A questo proposito va notato che la cavità toracica rappresenta realmente un volume considerevole d’aria che può entrare in risonanza alla medesima frequenza fondamentale prodotta dalle corde vocali. Diversi esperimenti [4] hanno però stabilito che l’oscillazione dell’aria interna può essere trasmessa all’esterno solo sollecitando la vibrazione dei tessuti che ricoprono la gabbia toracica (in particolare nei pressi dello sterno), un’azione che risulta apprezzabile solo per l’emissione nel forte e a frequenze medio-gravi (< 300-400 Hz). Di fatto la gabbia toracica non è quindi in grado di produrre un’oscillazione significativa sotto il profilo acustico (soli pochi micron, 10-6 m); va invece evidenziato che la sua vibrazione sia in grado di conferire una sorta di sicurezza psicologica al cantante che sente la propria voce sostenuta dalla vibrazione di altri elementi anatomici oltre a quelli coinvolti direttamente nella fonazione.

Sicuramente più efficace appare invece la risonanza dell’aria contenuta nelle cavità nasali, essendo queste in diretta comunicazione con l’esterno per messo delle narici. Quando, durante la fonazione, si mette in comunicazione la cavità orale con quelle nasali abbassando il palato molle, la colorazione della voce acquista un carattere particolare (suono nasale), un effetto sonoro cui si ricorre frequentemente a fini espressivi in ambito teatrale e anche lirico. Va poi sottolineato che la pronuncia delle consonanti “n” e “m” può avvenire solamente chiudendo l’apertura orale, mettendo così necessariamente in risonanza l’aria contenuta nelle cavità nasali e facendo fuoriuscire l’onda sonora dalle narici (celebre è il Canto dei pescatori, a bocca chiusa, con cui si chiude il II atto della Madama Butterfly di G. Puccini).

Riassumendo, nonostante debbano essere evidenziate differenze tra la voce maschile e quella femminile, gli espedienti messi in pratica per aumentare l’efficienza sonora della voce durante il canto possono essere schematizzati nei seguenti 2 principi:

– accorciamento del tratto vocale mediante l’azione del sorridere e/o dello sbadigliare; ciò eleva globalmente l’altezza delle risonanze del tratto vocale, conferendo alla voce maggiore brillantezza e in alcuni casi (le voci femminili) incrementandone il volume sonoro;

– abbassamento della laringe con l’allargamento della cavità sopra glottide; il movimento, eseguito anche in ambiti del registro medio-acuto (là dove risulta più innaturale), conferisce una risonanza supplementare del tratto vocale che può rendere maggiormente penetrante ed incisiva l’emissione sonora nel canto.

Timbro e registro vocale

A conclusione di queste brevi note appare significativo richiamare anche il concetto di registro vocale e la relazione che si instaura tra questo e la qualità timbrica della voce.

Per primo va sottolineato che con il termine registro nel canto ci si possa riferire da un lato alla porzione di estensione musicale eseguibile dal cantante (più propriamente, tessitura vocale), dall’altro all’individuazione della modalità di emissione vocale: termini come voce di petto, voce di testa, registro pieno, falsetto, suono coperto, suono flautato, suono girato individuano correntemente precisi requisiti della fonazione, cui si associano tipiche condizioni posturali (tensione-rilassamento della muscolatura, forme di adattamento del tratto vocale, …) rivolte ad ottenere un’analoga caratterizzazione timbrica del suono. Per registro vocale si intende quindi, in questo caso, “una specifica qualità vocale, una caratteristica timbrica di un gruppo contiguo di suoni, individuabile percettivamente ed elettroacusticamente” [5] o ancora “un ambito di frequenze, cioè un gruppo contiguo di note, che possiedono uno stesso timbro vocale e in cui tutti i toni vengono percepiti come prodotti in modo simile” [6]. In questo senso allora, il controllo del registro vocale può quindi avere il significato di controllare, durante la fonazione nel canto, una certa modalità di accollamento delle corde vocali (tempo di contatto-apertura, massa-area cordale, tensione-contrazione, …), una opportuna variazione della geometria del tratto vocale (allungamento-accorciamento della lunghezza, allargamento-contrazione della sezione, …) o ancora una particolare regolazione della spinta del fiato (continuità-regolarità del flusso, autonomia, …).

Venendo quindi alle definizioni di registro vocale più frequenti, può essere ricordato che per “voce piena” si intenda quella modalità di fonazione per la quale risulti coinvolta una parte consistente dello spessore cordale,  una modalità che, come si è visto, consente la produzione di una maggiore presenza (numerosità e intensità) dei parziali armonici. Questo registro può essere suddiviso in “voce di petto” o “voce di testa”, in relazione alla tessitura musicale o, ancora, alla condizione per la quale la fonazione si accompagni a quei fenomeni di risonanza a livello della cassa toracica o delle cavità nasali cui prima si accennava.

Il termine “suono coperto” (definito anche “voce girata”, “canto in maschera”) identifica invece quella modalità di emissione che si ponga l’obiettivo di generare la formante del cantante, l’accorgimento posturale che,  come si è visto, sia in grado di generare parziali armonici compresi tra 2500-3000 Hz generando una sorta di amplificazione naturale della voce. A questo registro si associa l’indicazione didattica di alcuni movimenti facciali – tra i movimenti più noti c’è l’accentuato abbassamento della mandibola (a ricreare uno sbadiglio) o l’abbassamento delle cartilagini della laringe – rivolti a rendere più efficiente la risonanza del tratto vocale, pur a scapito della chiarezza semantica delle vocali.

Analogamente termini come “voce spinta” o “voce pressata” si riferiscono a quella modalità di emissione vocale in cui l’esecutore, nella tessitura acuta, riesce ad aumentare artificiosamente il tempo di contatto e lo spessore delle corde vocali coinvolto nella fonazione, una modalità che appare ordinariamente  innaturale per l’allungamento delle corde vocali al crescere dell’altezza del suono. La voce si arricchisce così di parziali armonici di maggiore intensità e a frequenze più elevate (> 3000 Hz), risultando così stridula, vetrosa, graffiante; l’organo vocale, però, subisce inevitabili fenomeni di affaticamento dovuti alla maggiore tensione muscolare dell’organo vocale e la compressione verso il basso delle cartilagini laringee. Questo genere vocale (belting singing), associato all’esecuzione di molti generi musicali alternativi al classico (pop, rock, …),  deve la sua larga diffusione grazie alla possibilità vedere di molto personalizzate le caratteristiche di esecuzione dei cantanti,  creando, ciascuno con la propria attitudine e sensibilità artistica, innegabili risvolti emozionali negli ascoltatori.  Di particolare rilievo nelle voci maschili è anche il registro in falsetto, quella particolare tipologia di emissione utilizzata talvolta per emulare il registro vocale femminile [7]. Nel falsetto le corde vocali risultano costantemente tese, a prescindere dall’altezza del suono emesso. L’esecutore genera un innaturale allungamento delle corde vocali che limita il tempo di contatto reciproco durante la fonazione (≈ 40%), nonché l’accostamento del loro spessore che risulta limitato al solo bordo superiore. Si assiste poi ad una continua fuoriuscita d’aria durante l’oscillazione delle corde che genera un’onda sonora povera di parziali armonici e meno intensa. Il suono in falsetto è quindi caratterizzato da una tipica fissità dinamica, rotondità timbrica e notevole estensione verso la tessitura acuta, spesso utilizzata in ambito popolare con risultati molto  espressivi (il canto Jodel ne è un esempio).

In ultimo si richiama il registro della voce sussurrata, una modalità di fonazione nel parlato durante la quale le rime della glottide non sono richiuse con le modalità del meccanismo laringeo ordinario ma lasciano passare liberamente il fiato verso la cavità orale. La formazione delle parole del linguaggio parlato è comunque possibile modellando opportunamente il tratto vocale secondo i consueti pattern, pur in assenza di frequenza fondamentale, ciò che rende il messaggio verbale appena udibile.

 

NOTE

[1] Per una classificazione dei foni appartenenti alle varie lingue parlate, si veda https://it.wikipedia.org/wiki/File:The_International_Phonetic_Alphabet_(revised_to_2015).pdf

[2] Cfr. M. Campbell e C. Greated (1987),  cit., pag. 152 e seg.

[3] J. Sundberg, Articulatory interpretation of the “singing formant”, Jasa n. 55/1974, pag. 838-844

[4] M. Campbell e C. Greated (1987),  cit., pag. 495

[5] Cfr in F. Fussi, Fisiologia dei registri della voce cantata, in http://www.medartes.it/index.php?option=com_content&view=article&id=85:fisiologia-dei-regristri-della-voce-cantata-parte-prima&catid=15:anatomia&Itemid=14

[6]  F. Fussi, I registri della voce e il  passaggio di registro, http://www.voceartistica.it/it-IT/index-/?Item=Registri

[7] L’emissione in falsetto delle voci maschili non va confusa con quella prodotta dagli uomini castrati, alla cui condizione sono legate molte composizioni musicali sacre fino ad un periodo relativamente recente. Alla castrazione consegue il mancato allungamento delle corde vocali conseguente all’avvento della maturità; tale condizione fa permanere la lunghezza delle corde vocali dell’età prepuberale conservando così una estensione vocale infantile. Cfr. in  http://www.voceartistica.it/it-IT/index-/?Item=Castrati