“D. C. al fine” dicevano gli spartiti, di gloriosa memoria, delle arie cosiddette col da capo, frequenti, se non obbligatorie, nell’opera barocca. Le due lettere iniziali indicavano appunto “da capo”, ripartire dall’inizio. è questa la sensazione che ho provato, la mattina di sabato 20 maggio dell’anno in corso, quando sono rientrato a casa mia dopo quarantotto ore di permanenza dell’acqua all’interno della stessa (delle quali trentasei condivise con essa, l’acqua al pianterreno e noi al primo piano).

Da capo: ripartire dall’inizio, magari – secondo la prassi dell’epoca – con variazioni. Vedere gli oggetti raccolti in tutta la tua vita, e che ti aiutavano a viverla, galleggiare in un metro d’acqua, o sommersi da essa (valga per tutti il pianoforte elettronico, completamente immerso e ricoperto di acqua fangosa), la scrivania capovolta, il divano galleggiante, il televisore rovesciato a terra, una grandissima quantità di spartiti accumulati con amore – lo dico senza vergogna, amo la musica, quindi amo gli spartiti che ci permettono di tramandare le idee geniali dei compositori anche dopo centinaia di anni dalla loro scomparsa terrena – resi inutilizzabili e illeggibili dall’acqua entrata in casa, in modo inaspettato (gli allarmi riguardavano Lugo sud e ovest, io abito a Lugo centro) la mattina di giovedì 18 maggio. Reset, ripartire, ricominciare, mettersi le mani sui fianchi, guardarsi attorno e poi cominciare a raccogliere, pulire dalla melma il salvabile (ben poco) e buttare tutto ciò da cui mai, e poi mai, e poi mai avresti voluto separarti. I danni materiali, i mobili, la lavatrice, il frigorifero, il televisore, mettiamoci pure il pianoforte e gli spartiti, sono ingenti, ma in qualche modo sopportabili. Certo, si tratta di una batosta economica molto forte. Quello che non è sopportabile, invece, è il dolore emotivo, il senso di violazione subita, di stupro della tua intimità domestica da parte di una forza cieca e inarrestabile: il fuoco è terribile, ma presto o tardi lo domi, l’acqua no, non la fermi, và dove vuole e resta finché non decide lei di andarsene. Tutte quelle cose che davo per scontate, il libro del quale conoscevo con certezza la collocazione, le partiture corali o orchestrali che sapevo che mi sarebbero servite presto o tardi, libri di strumentazione, di contrappunto, di armonia (si è salvato Schönberg, non l’ha voluto nemmeno l’acqua), tutte andate. La memoria torna all’indimenticabile Rutger Hauer e al monologo finale di Blade Runner, il film capolavoro di Ridley Scott: “tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia”. Fortuna ha voluto che le mie partiture di opere liriche e di composizioni sinfoniche fossero collocate in alto, in scaffali che hanno resistito alla piena. Una consolazione, magra, ma comunque presente.

Io dirigo tre cori, siti in tre località diverse: Ravenna, Lugo, Barbiano di Cotignola. Alcuni dei miei coristi hanno condiviso questa tragedia, hanno avuto l’acqua in casa (da me un metro, 98 cm per gli amanti della precisione, da alcuni loro molto di più) e magari non avevano un primo piano nel quale rifugiarsi: io ho salvato tutti i vestiti, per esempio, altri hanno perso anche quelli; molti altri hanno avuto poco o nulla, e si sentono in colpa per non aver subito anch’essi la stessa sorte: dico sul serio, molte persone che hanno avuto magari l’acqua che ha lambito la loro porta, o che si è fermata a cinquanta metri da casa loro, adesso aiutano come possono e cercano di perdonarsi per non aver avuto danni, cosa della quale io sono invece profondamente grato. Anche qui, reazioni diverse: c’è stato chi ha detto che non se la sentiva di cantare in un momento simile e chi, invece, non vedeva l’ora di ricominciare, di perdersi nella musica, di allontanarsi mentalmente dalla realtà fangosa per abbeverare lo spirito all’acqua pulita e cristallina della musica e del coro. E il naufragar m’è dolce in questo mare, disse il Poeta.

Da capo: noi direttori di coro queste due semplici parole, tre sillabe in tutto, le diciamo spesso, magari cogliendo di sfuggita un’occhiataccia esasperata da parte di un corista e sorridendo interiormente perché sappiamo che a volte è importante ripartire dall’inizio per avere la consapevolezza globale del pezzo che stiamo provando, una visione complessiva di tutto il brano. Adesso tocca a noi: Da capo, si ricomincia. Magari con variazioni.