Un compositore dalle Marche a Ferrara e Casalmaggiore

Un prologo del tutto personale

Molta è la confusione attorno ai natali del Donati: l’ipotesi finora più diffusa in contesto enciclopedico, quella di Casalmaggiore, non trova riscontri né in fonti documentali né nel contesto storico locale. Anzi, numerose sono le smentite: i documenti che l’Archivio Abbaziale di Casalmaggiore restituisce delineano chiaramente una provenienza “estera”, smentendo la pista lombarda. Alle origini di questa erronea credenza parrebbe esservi il musicologo François-Joseph Fétis (1784-1871), autore di una errata lettura dell’incarico di “Maestro di Cappella della Terra di Casalmaggiore”. In esso il riferimento non è alla provenienza del Donati, quanto al sistema di Terre Separate allora esistenti nel Ducato di Milano, enti con ampie forme di autonomia locale di cui Casalmaggiore era esempio. Già solo considerando la cronologia dei primi incarichi (Urbino, Pesaro, Fano) si potrebbero ascrivere le origini del compositore al contesto del centro Italia. Come se non bastasse, lo stesso Donati, nella prefazione alle Messe a 4.5.6 (1622)1, recentemente ritrovata in unico esemplare presso l’Archivio della Cattedrale di Vercelli (ringrazio il maestro di Cappella mons. Denis Silano), si riferisce al Patrizio casalasco Nicolò Cavalli che lo «trasse a servire per Mastro di Capella in così nobile et honorata Terra»2, andando a fugare ogni dubbio. Non conoscendo con certezza la provenienza di Donati anche l’anno di nascita pone qualche problema. L’atto di morte (1638) conservato a Milano, dove il compositore terminò la propria esistenza, ci fornisce qualche indicazione: «die uigentessimo primo Januarij. Porta Orientalis Parochia S. Michaelis in Metropolitana. Ignatius de Donatis ann. 70 ex improvisa morte obiit s.p.s.»3, rendendolo, con approssimativo calcolo quasi coetaneo di Claudio Monteverdi (1567-1643). Risulta in questo caso abbastanza curioso notare che, a differenza del primo, cresciuto in un ambiente musicalmente vivace, ma pur sempre provinciale, la prima pubblicazione del Donati, i Sacri Concentus (1612), avvenga alla matura età di 45 anni4! Il contesto in cui Donati assume i primi incarichi (noti) è certamente periferico, per quanto prestigioso: Urbino (1596-98 e poi di nuovo, 1612-1615), Fano (1601-1605), Pesaro (1600, e forse di nuovo in epoca successiva5) e giustifica la produzione di mottetti a poche voci con basso continuo, adatti a cappelle di piccole dimensioni (e certamente allineati al gusto dell’epoca6).

Foto: Ignazio Donati, Sacri Concentus..., Giacomo Vincenti, Venezia 1612, parte dell’Altus, frontespizio (Bologna, Museo della Musica, Z.55)

Foto: Ignazio Donati, Sacri Concentus…, Giacomo Vincenti, Venezia 1612, parte dell’Altus, frontespizio (Bologna, Museo della Musica, Z.55)

L’esordio editoriale di Donati, i Sacri Concentus, costituiscono forse l’esempio più studiato (e noto) tra le pubblicazioni del compositore: in essa è teorizzato il Cantar Lontano. Alle fondamenta di questa tecnica sta l’illusione sonora di trovarsi di fronte a più cori, sebbene con mezzi assai ridotti: i concerti qui raccolti, e in particolare alcuni segnalati dall’autore, sono da cantarsi «senza veder batter la battuta»; le voci, tranne quella che ha l’incipit, che rimane in organo, «devono stare lontano […] in disparte, separate l’una dall’altra, non vedute per la chiesa, a modo di tanti chori». Un coraggioso esempio di illusione barocca! A tale splendida raccolta, che è tra le più interessanti del seicento italiano, sia per stravaganza che per qualità della ricerca espressiva, è stata dedicata una registrazione (Marco Mencoboni/Sacro & Profano, Cantar Lontano).

Tra il 1612 e il 1616 non compare nessuna notizia di nuove pubblicazioni a stampa, almeno sopravvissute: mancano del tutto gli estremi bibliografici dell’op. II, di cui non si conserva menzione. è nel 1616 che Donati diventa maestro di Cappella dell’Arciconfraternita e Accademia dello Spirito Santo a Ferrara, istituzione vocata alla “moderna’’ musica7. Donati qui risulta molto prolifico: escono alle stampe un libro di Motetti a Cinque voci (op. III), due libri di Concerti Ecclesiastici (op. IV e V) e un libro di Mottetti concertati fino a 6 voci (op. VI). L’impostazione rimane quella del concerto ecclesiastico a poche voci con basso continuo, con incursioni nello stile concertato. La ricerca espressiva e la necessità comunicativa qui si sviluppa di pari passo con l’affermazione dell’opera e dell’oratorio: a questo proposito spiccano due mottetti in dialogo nell’opera VI, ultima pubblicazione ferrarese (Angelus Gabriel à 5; Mulier da mihi bibere à 4). In essi, destinati probabilmente alle attività devozionali dell’Accademia, ogni voce rappresenta un personaggio (Maria, l’Angelo Gabriele, Cristo, la Samaritana, ecc.), svelando la contaminazione tra i generi. Dell’opera VII, il Primo Libro de’ Motetti a voce sola, raccolta con esplicito intento didattico per apprendere «la maniera di cantar gratiosamente8», non si conosce l’anno di prima impressione. Supponendo che la dedicatoria al patrizio Nicolò Cavalli da Casalmaggiore, lo stesso citato nella prefazione alle Messe (1622) sia stata conservata nella ristampa (1634), questa sancirebbe il definitivo avvicinamento da Ferrara a Casalmaggiore.

È nel 1618 che iniziano i contatti con le Confraternite locali per l’incarico in terra lombarda: in quell’anno viene pattutito un impiego della durata di un quinquennio in cui il Donati dovrà risiedere a Casalmaggiore. L’affare tuttavia non va in porto, o almeno non nei termini sperati. Di Donati non possediamo alcuna notizia tra il 1619 e il 1621. Si dovrà aspettare proprio quell’anno per vederlo approdare nella Terra di Casalmaggiore (terminando il proprio incarico nel 1623, esattamente a 5 anni dai primi contatti) per «insegnare pubblicamente la sua virtù». Casalmaggiore non è sede di vescovato nè ha organi politici pienamente indipendenti: tuttavia in quegli anni sembra svilupparsi nell’ambiente del decurionato cittadino una particolare attenzione alla produzione musicale moderna. Tra il 1621 e il 1623 operano due maestri di Cappella differenti: il primo, Donati, è pubblicamente stipendiato e concorrono al suo salario anche le Confraternite di S. Stefano e San Rocco; il secondo, Orazio Modiana (1595-1630), è maestro di Cappella presso la Confraternita della Morte. Gli organici utilizzati sia dal Donati che dal Modiana, autori di più pubblicazioni musicali durante la permanenza casalasca, sono insolitamente vasti, considerando le dimensioni della città. La richiesta di musica in un contesto provinciale, ansioso di riconoscimenti di autonomia, è enorme: nel giro di due anni escono alle stampe 4 pubblicazioni (escludendo le ristampe di altre opere) di musica sacra dei due maestri di Cappella, secondo i canoni del moderno stile. Donati pubblica nel 1622 una raccolta di Messe a 4.5. e 6, in parte da Cappella (scritte in uno stile più conservatore) e in parte da concerto, secondo la moderna pratica. Modiana, una raccolta di mottetti a voce sola (Primitie, 1623) ove si coglie l’influenza dello stile del Donati e una raccolta di Sacri Concerti (1623) fino a 9 voci (in gran parte perduta).

Tuttavia è con i Salmi Boscarecci e Concertati (1623), op. IX, che Donati dà alla luce il suo capolavoro. Qui vengono unite le esigenze delle piccole cappelle musicali con quelle delle grandi città: l’opera può essere eseguita con sole sei parti vocali (di grande difficoltà) e continuo; in più si possono aggiungere, a piacere, altre 6 parti strumentali e ancora 6 parti vocali di ripieno, comunque affidate a solisti di una certa bravura. Tale flessibilità era stata pensata da una parte per ragioni pratiche, potendo così decidere quale organico utilizzare a dipendenza dell’importanza dell’occasione e poi per ragioni di mercato, siccome le Cappelle  con un organico simile sarebbero state solo una decina in tutta Europa. Al periodo casalasco sono assimilabili altre due stampe: Madre de’ quatordeci figli (1629), un libro di mottetti a 5 voci sviluppati sopra lo stesso basso (chiamato ironicamente «Padre de’ quatordeci figli») e le Fanfalughe (1630), da due a cinque voci, opera che alterna prove di carattere spiccatamente goliardico (Meloni, meloni; Nè carne nè pesce) a madrigali di stampo chiaramente monteverdiano. Donati termina l’incarico casalasco nel 1623: la carriera successiva si svilupperà tra Novara, Lodi e il Duomo di Milano. A parte quest’ultimo caso, già studiato, quelli di Novara e Lodi hanno scarsissima letteratura. Insomma, un autore che meriterebbe adeguato studio, incisioni ed esecuzioni: non di solo Monteverdi vive l’antichista.

Foto: Esecuzione dei Salmi Boscarecci di Ignazio Donati al Venetia Picciola Festival – Ensemble Biscantores ed Ensemble UtFaSol diretti da Luca Colombo, Duomo di Casalmaggiore (CR), 23 aprile 2022 (foto di Silvia Perucchetti)

Biografia

La biografia di Ignazio Donati (1568?-1638), nonostante la relativa fama di questo compositore, risulta oscura e finora indagata per sommi capi. La recente esecuzione dei Salmi Boscarecci e Concertati (Luca Colombo, Ensemble Biscantores, Ensemble UtFaSol), opera di rarissimo ascolto e proporzioni colossali, presso il Venetia Picciola Festival 2022 di Casalmaggiore (CR), di cui mi pregio assieme a Stefano Ghirlandi, Pietro Magnani, Vittorio Rizzi e Giuseppe Romanetti di essere ideatore e organizzatore, mi dà l’occasione di offrire alcuni chiarimenti riguardo al percorso di Ignazio Donati, in particolare considerando il periodo 1612-1623.