Intervista a Dodo Versino

Il Coro Cantering di Roma è ormai conosciuto ben oltre i confini della capitale. Nato come coro giovanile questo gruppo dal numeroso organico misto sta portando avanti un percorso personale sul canto di ispirazione popolare facendo conoscere alle nuove generazioni tanti classici di questo repertorio. Ne abbiamo parlato con Dodo Versino, fondatore e maestro del gruppo.

Come nasce il Coro Cantering?

Inizialmente si trattava di un gruppo di amici che cominciò a ritrovarsi tra il 2004 e il 2005. Non ci si incontrava apposta per cantare ma si finiva per farlo spesso, magari mentre si era occupati in qualcos’altro come cucinare: è da qui che nasce il nostro nome. Alcuni di noi erano sicuramente influenzati dal fatto di essere figli di coristi del Coro A.N.A. di Roma, il gruppo maschile dedito al canto di montagna diretto per tanti anni da Lamberto Pietropoli (dal 1963 al 1985). In modo totalmente spontaneo ci ritrovammo ad armonizzare “a braccio” brani che conoscevamo già come Balla Marietta balla di De Marzi o La grazia di Otello Profazio nell’armonizzazione di Pietropoli. A quell’epoca eravamo tutti già coinvolti in qualche attività musicale amatoriale, ognuno aveva la sua band e io stesso avevo formato un paio di anni prima un settetto di voci maschili chiamato “Anonima armonisti” con il quale facevo del vocal pop. Con questo gruppo di amici che avevano un buon orecchio e sapevano cantare capimmo che era possibile cantare a cappella insieme divertendosi moltissimo. Da lì a decidere di ritrovarsi una volta a settimana per cantare insieme il passo fu breve. Il 12 novembre del 2006 chiedemmo in prestito un locale parrocchiale normalmente utilizzato dalla Caritas come deposito di abiti usati. Quella sera, disposti a emiciclo come un vero coro, cominciammo a studiare proprio l’elaborazione di Pietropoli de La grazia (dall’omonima canzone del cantante folk calabrese Otello Profazio). Probabilmente cominciammo dal repertorio di ispirazione popolare perché era qualcosa che noi, figli di coristi, avevamo già nelle orecchie. Non si trattò di una vera e propria scelta consapevole, non c’era nessun ragionamento alla base di questa scelta ma posso dire che, fin da subito, questi brani piacquero anche a chi non li conosceva. A questa prima prova, che si svolse di domenica sera, eravamo in dodici ma la settimana successiva eravamo già in quaranta. L’entusiasmo dei presenti aveva fatto partire il passaparola. Nei mesi successivi l’organico si è assestò sui venticinque-trenta componenti. La mia esperienza pratica come direttore cominciò in quel momento mentre il mio percorso di studio accademico, invece, iniziò diversi anni dopo. L’ispirazione per la scelta dei brani continuò a essere quella del canto popolare e delle suggestioni suscitate dal repertorio del Coro A.N.A. di Roma che avevo seguito fin da bambino: quante volte ho ascoltato il loro disco Origini! Questa impronta “popolare” è sempre rimasta quella predominante senza impedirmi di inserire, ogni tanto, qualche brano di musica antica piuttosto che di vocal pop. Devo però dire che lo stile del gruppo si è sempre più orientato nel tempo verso il canto popolare.

I cantori sono selezionati?

Durante i primi anni di attività non ho mai fatto selezione ma poi ho dovuto cambiare sistema per evitare di inserire nel gruppo elementi talmente antimusicali da risultare destabilizzanti per gli altri coristi. Attualmente faccio fare agli aspiranti un doppio provino. Il primo è un semplice controllo sull’intonazione e sull’estensione vocale. Mi serve a verificare che l’aspirante corista non sia stonato e a indirizzarlo verso il settore più adatto a lui. La seconda prova, invece, consiste nell’eseguire un certo numero di brani del nostro repertorio a memoria e a parti reali. Qualche volta affianco il novizio a un corista più esperto: cerco di non essere rigido in queste circostanze, soprattutto con chi è più timido. Superata questa prova si potrà entrare in formazione. Uso questo sistema anche con i cori giovanili.

Tra gli autori ed elaboratori che compaiono nei vostri programmi trovo De Marzi, Pietropoli, Maiero, Malatesta, Vacchi. Quali sono i tuoi criteri di scelta per il repertorio?

Non sono preparato!! A parte gli scherzi, provo a rispondere anche se è difficile. Il primo criterio di scelta è il mio gusto personale, scelgo solo brani che mi affascinano a prescindere dalla provenienza. Nel caso del Coro Cantering, però, mi rendo conto che il repertorio di ispirazione popolare è diventato ormai un fatto “genetico”. Difficilmente riesco a uscire da quest’ambito senza che il coro reagisca male, sia a parole che musicalmente. Ti faccio un esempio. Tempo fa arrangiai un medley di brani dei Queen che ebbe moltissimo successo con i cori dei licei. Ebbe anche una grande diffusione sui social e per me, come maestro di coro, fu un momento importante. Quando lo proposi al Coro Cantering, al contrario, la reazione fu di deciso rifiuto nonostante si trattasse di un mio arrangiamento. Fu come se il coro avesse “ideologizzato” ex post le scelte musicali fatte riconoscendosi nel repertorio di ispirazione popolare e identificandovisi. In effetti devo dire che il gruppo dà il meglio di sé proprio su questi canti. Tutte le volte che ho proposto qualche digressione vocal pop o qualche semplice esempio di polifonia antica mi sono reso conto che il livello delle esecuzioni scendeva. Per le sue stesse caratteristiche (range di età dai 20 ai 40, grande organico, suono un po’ “sparato”) è un gruppo che ha trovato la sua giusta collocazione e il suo repertorio di elezione nel canto popolare. Dal dopoguerra in poi l’immaginario collettivo è occupato dalla musica di consumo, si può dire che nella vita quotidiana ognuno di noi è letteralmente sommerso da musica straniera un po’ di tutti i livelli. Io stesso sono un ascoltatore di pop e rock ma è come se ci fosse una “corrente sotterranea” che ci lega tuttora al canto popolare e ai suoi temi senza tempo. È quella che io ritrovo, per esempio, in O cara mama, il canto delle mondariso elaborato da Giorgio Vacchi. Anche i miei coristi, cresciuti a telefilm e musica pop ne colgono la verità nonostante l’apparente lontananza spazio-temporale. Potremmo chiederci: ma in fondo cosa ne sappiamo qui a Roma, sulle rive del Tevere, delle mondine? Nulla, è vero, ma un testo come questo, in un italiano ancora molto vicino a noi ci parla di temi importanti come il dolore, lo sfruttamento, la nostalgia. Non dimentichiamo poi che lo spessore musicale di certe elaborazioni può fare la differenza e per questo siamo orgogliosi di farle conoscere anche in altri ambiti. Sono sempre più convinto che non ci siano repertori adatti ai giovani, agli adulti e così via. Siamo noi maestri che, con i nostri cori, diffondiamo la musica che abbiamo scelto. Se il pubblico non la recepisce è colpa nostra! A questo proposito faccio volentieri l’esempio del maestro Fabrizio Barchi, il quale si occupa di cori scolastici da anni utilizzando anche musica sacra e polifonia antica. Col suo assiduo lavoro è riuscito, gradualmente, ad appassionare alla musica colta stuoli di giovani dalle più disparate zone di Roma. Un lavoro prezioso che ci fa capire quanto sia importante saper veicolare i contenuti nel modo giusto. È chiaro, però, che ciò che proponiamo ai nostri coristi deve sempre essere di buon livello, sia dal punto di vista musicale che poetico. Trovo inutili le lamentele di tanti maestri che cercano la causa della crisi del proprio coro nell’ambiente, nei mass media o altro ancora e rimango convinto del ruolo centrale del maestro. E lui che si deve prendere la responsabilità di fare scelte musicali di valore e proporle con convinzione ai propri coristi.

Dal punto di vista tecnico trovi impegnativo il repertorio di ispirazione popolare?

Proprio perchè è in parte radicato inconsapevolmente nel nostro DNA ritengo che sia un ottimo entry level. Lo uso abitualmente nei cori di adulti dove ho constatato che, per fare un esempio, un brano come Me compare Giacometo funziona meglio che uno apparentemente più conosciuto come Il gatto e la volpe. Sorprendentemente viene assimilato meglio dai coristi e quindi risulta più efficace anche per il pubblico. Con i cori di adolescenti uso qualche semplice brano di vocal pop per avvicinarli al canto a cappella e poi passo al repertorio di ispirazione popolare che, anche dal punto di vista della vocalità, da sempre più soddisfazioni. Inoltre, è inutile nascondersi quanto le difficoltà legate al cantare in inglese influiscano sulla resa di tanti brani vocal pop. È un problema che ritrovo specialmente nei cori di adulti.

Quale è, ed eventualmente quale dovrebbe essere secondo te, il ruolo dei cori scolastici?

È un argomento che mi interessa molto tanto che sarà il tema della mia tesi di laurea in didattica della musica. Nonostante non abbia ancora conseguito un titolo accademico posso però dire di avere una discreta esperienza in questo campo. Subito prima della pandemia ero arrivato ad avere cori scolastici in dieci licei di Roma per un totale di più di quattrocento iscritti ai progetti di canto corale. È molto importante riuscire a creare un nucleo iniziale che, a mano a mano, attiri altri ragazzi. A Roma l’attività sta faticosamente riprendendo e, grazie anche ai costi piuttosto contenuti, si sta allargando. Portare tanti giovani a praticare attivamente il canto corale sarà un importante fattore di crescita culturale, ravviverà la vita corale cittadina e aumenterà il numero di spettatori dei concerti dal vivo.

I progetti corali che tu conduci nelle scuole sono in orario curricolare o sono facoltativi?

Sono tutti facoltativi in orario pomeridiano ma io lo preferisco. Credo che si tratti di un’attività che deve essere scelta. Nei pochi casi in cui mi sono trovato a dover condurre un coro scolastico “obbligatorio” non mi sono trovato bene perché i ragazzi che non partecipavano volentieri finivano spesso per essere di disturbo. Se nelle scuole mi viene permesso di fare una buona promozione le adesioni non mancano mai. Centrale è la disponibilità delle istituzioni scolastiche perché, per le attività extracurricolari, è necessario il sostegno del dirigente. Purtroppo, a Roma ho visto anche progetti che duravano da anni interrompersi a causa dell’arrivo di un dirigente poco sensibile a questo argomento. Sarebbe importante anche creare una sorta di “filiera” per far sì che, usciti dalla scuola, i ragazzi potessero proseguire a cantare. Nel tempo ho cercato di coinvolgere sempre più i ragazzi anche nell’organizzazione e nella promozione dell’attività corale. È quello che dice il già citato maestro Barchi: “il coro è vostro”. Lo trovo molto vero e, per dar seguito a questo principio mi sono anche inventato delle sessioni di “arrangiamento collettivo” in cui si lavora con un programma multitraccia ideando e incidendo in gruppo tutte le parti. Per le stesse ragioni responsabilizzo molto i cosiddetti capi settore affidandogli la ripetizione e il consolidamento delle parti durante le prove.

Tra maestri di coro capita spesso di lamentarsi del poco spazio dato dai media al mondo corale: cosa ne pensi?

Non vorrei suonare polemico nei confronti della categoria ma credo che ci venga dato esattamente lo spazio che ci meritiamo. Chiediamoci sempre quanta qualità ed energia spendiamo non solo nel nostro lavoro ma nel modo in cui lo promuoviamo e raccontiamo. Sicuramente ci sono realtà corali che meriterebbero più attenzione mediatica ma tante non sono oggettivamente adatte al mezzo televisivo e non ha senso lamentarsene. Anche quando sono riuscito a far approdare uno dei miei cori in qualche programma televisivo devo dire che la resa sonora è sempre stata deludente nonostante i buoni mezzi messi in campo e la buona volontà. Francamente temo che sia impossibile rendere realmente “televisivo” un coro. Spesso ciò che emerge nella narrazione mediatica del nostro lavoro è l’aspetto sociale e culturale.

Se dovessi scegliere un brano che rappresenti il Coro Cantering cosa sceglieresti?

Forse Una volta gh’era un brano che ci ha dato visibilità televisiva di recente e che amiamo molto ma anche Carezze di Maiero e Sanmatio di De Marzi sono tra i preferiti dai coristi. Io Personalmente, invece, sceglierei La famiglia dei Gobon o La società dei magnaccioni: ma so che molti coristi non sarebbero d’accordo!

LUDOVICO VERSINO

Ludovico (Dodo) Versino, laureato in Discipline dell’Arte, Musica e Spettacolo e attualmente iscritto a Didattica della Musica al Conservatorio di Santa Cecilia, si muove ormai da un paio di decenni nel mondo dello spettacolo, come attore-doppiatore e come musicista. Nel doppiaggio ha prestato la voce a film, serie tv, documentari e pubblicità, e ultimamente lavora anche come direttore del doppiaggio cantato. Nell’ambito musicale ha fondato e diretto numerosi gruppi vocali e cori, ha organizzato rassegne ed eventi e ha infine realizzato numerosi progetti di coro scolastico in alcuni licei di Roma.