La vita musicale nella Ferrara degli Estensi nel Quattrocento

Il progetto musicale dell’ensemble laReverdie, Lux Laetitiae, che ha portato alla pubblicazione di un Cd nel maggio del 2022 per l’etichetta Arcana-Outhere Music1, è nato attorno a un manoscritto. L’intento di questo contributo è quello di ricostruire cosa questo manoscritto abbia rappresentato storicamente, quali sono i suoi possibili legami con Ferrara2 al tempo di Lionello d’Este e come su questa fonte abbiamo lavorato per arrivare alla realizzazione del nostro progetto. Si tratta di un manoscritto (ModB) appartenuto alla biblioteca del Marchese Lionello d’Este a Ferrara, con fogli misti di carta e pergamena di 15 fascicoli di 10 fogli ciascuno. La maggior parte delle 131 composizioni, tutte polifoniche, riguarda prevalentemente la liturgia dei vespri e dell’officio, che il primo copista aveva ordinato sistematicamente (ordine alquanto offuscato da successivi interventi) secondo questo schema:

– 29 Inni (ff. 1-21) di cui 24 per i vespri e 6 per alcune feste del Comune dei Santi. Le rubrìche indicano le destinazioni liturgiche

– 4 Pezzi liturgici vari: 1 Te Deum, 1 Salmo, 2 Benedicamus Domino (ff. 21v-22);

– 9 Magnificat in tutti i toni salmodici tranne IV e VII, 2 per il II, 2 per il III e 2 per l’VIII (ff. 31v-46v)

– 91 Antifone e Mottetti polifonici così suddivisi:

Sezione di compositori francesi o fiamminghi (ff. 51-78)

Sezione di compositori inglesi (ff. 83-139v)

Nei fogli lasciati liberi si inseriscono altre 5 stesure. Il corpo principale, che costituiva il manoscritto primitivo, fu vergato con una grafia molto sicura ed elegante, estremamente chiara e con grande attenzione al rapporto spaziale tra testo e notazione musicale. Tra gli autori inclusi spiccano i tre compositori più rappresentativi delle principali scuole maggiormente ‘in voga’ nel Quattrocento, quella franco-fiamminga e quella inglese: Guillaume Dufay (Beersel, 1397 – Cambrai, 1474), John Dunstaple (Dunstable [?] 1390 ca. – [Londra[?] 24 dicembre 1453)3  e Gilles Binchois (Mons[?], 1400 ca. – Soignies, 20 settembre 1460).

Appare evidente che chiunque abbia commissionato il codice sia riuscito a procurarsi un consistente numero di opere di Dufay e dei più eminenti compositori inglesi dell’epoca, molti dei quali non ebbero mai alcun contatto con l’Italia e le sue corti. Riguardo alla provenienza del manoscritto e agli eventuali legami con Ferrara sono state fatte sostanzialmente due ipotesi. La prima, avanzata da Hamm e Scott4 e sostenuta successivamente, seppur con qualche riserva, da Lokwood5, ritiene che ModB sia stato copiato tra il 1440 e il 1450 a Ferrara, per la cappella di Lionello d’Este, Marchese dal 1441 al 1450, sulla base di alcune considerazioni. In primo luogo la provenienza ferrarese si baserebbe sulla appartenenza del manoscritto alla Biblioteca Estense, che custodisce diversi altri manoscritti di polifonia del XV secolo appartenuti alla famiglia regnante. Se questo è un dato oggettivo, non è purtroppo sufficiente, a nostro avviso, per dimostrare che la redazione del codice sia avvenuta proprio nella città estense. In secondo luogo, una filigrana trovata in documenti che risalgono all’epoca del governo di Leonello assomiglia a una delle filigrane di ModB. In terzo luogo, l’ultima aggiunta al manoscritto è un mottetto di Johannes Brebis scritto in onore di Ercole I diventato duca nel 1471. Questo altro dato di per sé può solo dimostrare che il codice sia appartenuto alla famiglia Estense nella terzultima decade del secolo, ma non obbligatoriamente prima. In quarto luogo, la prima raccolta di composizioni include tre opere del compositore Benoit, cantore della cappella di Lionello, come “Benedetto di Zohane dito Benoit cantore”, da febbraio 1448 fino al 1450. Infine, le iniziali calligrafiche di ModB assomigliano a quelle presenti in alcuni altri manoscritti ferraresi della metà del XV secolo.

La seconda ipotesi, avanzata più recentemente da alcuni studi6 ha spostato il luogo di produzione del codice a Firenze. Michael Phelps, nella sua tesi di dottorato del 2008 suggerisce che uno scriba, che lavorava a Firenze quando il Papa Eugenio IV7 vi risiedeva in esilio (1434-36), abbia copiato la maggior parte dei pezzi inclusi nel codice; egli continuò ad arricchire questa collezione, anche se più lentamente, dopo che Eugenio lasciò Firenze per Bologna, dove risiedette con la sua corte dall’aprile 1436 al gennaio 1438, quando si traferì a Ferrara, città eletta sede conciliare. Il codice, secondo Michael Phelps, fu copiato per soddisfare le esigenze dei cantores papalae in servizio nella cappella di papa Eugenio IV, ristabilita secondo le pratiche introdotto dal papato avignonese, a partire dall’insediamento a Roma di Martino V, la cui elezione decretò la fine del Grande Scisma di Occidente (1378-1418). È bene ricordare che, già a partire dalla fine del Trecento, la cappella papale ad Avignone era formata da cantori avvezzi a cantare in polifonia scritta per il rito liturgico solenne, fatta la sola eccezione per la Settimana Santa8. Michael Phelps riconosce lo scriba del ModB in quel cantore francese Benoit di cui abbiamo già accennato, che prima di giungere alla corte ferrarese è documentato a Firenze come «Benotto di Giovanni» a partire da dicembre 1438. Benoit, come abbiamo visto, è il compositore di tre brani inclusi nel ModB9. L’ipotesi che si tratti di un manuale liturgico, pensato appositamente per la cappella papale, parte dal raffronto del repertorio e delle rubrìche, che rimandano all’uso liturgico dei brani, con i contenuti dei cerimoniali papali. Anche l’inclusione di due mottetti in lode di Firenze10 e il famosissimo Nuper Rosarum Flores (ff. 70v-71) per la consacrazione della cupola di S. Maria del Fiore, avvenuta il 25 marzo 1436, depongono per un’origine fiorentina del codice. Infine la presenza del mottetto celebrativo Supremum est mortalibus bonum / O Sancta pax (ff. 69-70) composto da Dufay per il trattato firmato l’8 aprile 1433 tra l’imperatore Sigismondo e papa Eugenio IV rafforza il rapporto tra quest’ultimo e la redazione del manoscritto. Non è questa la sede per stabilire quale delle due ipotesi sia quella più corretta, ciò però su cui tutti concordano è che il codice sia presente a Ferrara a un certo momento degli anni ‘40 del Quattrocento e che il materiale musicale in esso contenuto sia entrato a fra parte del repertorio della cappella di Lionello. A Ferrara sono sicuramente associati due mottetti aggiunti dal cantore francese Jean Fédé11, presente nella città estense dal luglio 1445 all’aprile 1446 e, più tardivamente, il mottetto celebrativo Hercules omni memorandus (ff. 78v-80) di Johannes Brebis composto per l’ascesa di Ercole I d’Este nel 1471 al titolo di duca. Risale infine al 17 dicembre 1448 l’attestazione di un pagamento “per ligatura de un libro de chanto in charta de capreto per uxo del prefato nostro signore” che molto probabilmente si riferisce proprio al ‘nostro’ manoscritto, parte integrante di un ambizioso programma che prevedeva la costituzione di una cappella in grado di celebrare i Vespri e probabilmente l’Officio, secondo il modello delle pratiche della cappella papale12.

Veniamo ora a parlare di Lionello d’Este, attorno cui ruota buona parte di questa storia, cercando di tratteggiarne gli aspetti che più ci riguardano da vicino. Lionello, figlio illegittimo di Nicolò III, nato a Ferrara il 21 settembre 1407, è sicuramente una delle figure di spicco tra i governanti della prima metà del Quattrocento. Grande umanista, completò la sua formazione sotto la guida di Guarino da Verona13, chiamato a Ferrara nel 1430 da Nicolò III per affidargli l’educazione di Lionello, destinato a essere suo erede, come verrà confermato anche dal suo testamento. Nel 1435 Lionello sposa Margherita Gonzaga, inaugurando la lunga parentela tra le due casate. Quando nel dicembre 1441, alla morte del padre a Milano, Lionello diventa marchese, continua la politica del padre di neutralità nella lunga contesa tra Milano e Venezia, forgiando nuove alleanze. Vedovo della prima moglie, nel 1444 si risposa infatti con Maria d’Aragona, figlia illegittima di Alfonso d’Aragona nuovo re del Regno di Napoli con il quale istaura un solido legame. Al di là dei cenni biografici, di Lionello ci interessa sottolineare la sua religiosità e il suo amore per le arti, la musica e la cultura per le quali investì moltissimo patrimonio di corte: nel 1442 dà nuovo impulso all’Università, incrementa la biblioteca di corte, istituisce un vero e proprio laboratorio stabile di copisti e miniatori. Come apprendiamo da Johannes Ferrariensis14, Lionello fa costruire, appena dopo le esequie del padre, una cappella di corte all’interno del suo palazzo, vicino alla piazza della Cattedrale: «[…] in modo regale decorò [la cappella] onorevolmente e sontuosamente con paramenti, libri, con intarsi d’oro. Ordinò che fossero chiamati cantori francesi, con la soavissima armonia dei quali continuamente venissero celebrate le lodi divine. Il Principe era presente e partecipava incessantemente ai sacri misteri […] Si preoccupò con grande impegno di avere chi fosse esperto nel lodare con l’organo»15.

Tra le suppellettili sacre una rosa d’oro dono del papa Eugenio IV e una pala d’altare con la “Vergine incoronata”16. Lionello si dota quindi di una cappella con cantori prevalentemente francesi, e di un organo che forse lui stesso era in grado di sonare. Abbiamo prova che Lionello fosse interessato alla musica già dal 1433 quando vennero fatti copiare due libri de canto dagli amanuensi di corte di cui uno espressamente per Lionello. Nel 1435 un cartolaro locale fornisce tre quinterni di pergamena «per “messer Lionello” […] per scrivere un paio “de regole de canto” [trattati di musica]». Nel 1437 si ha prova che Lionello suonasse il liuto. I Registri de’ Mandati di questi anni mostrano pagamenti dai quali desumiamo che fossero presenti due o tre trombettieri, due o tre piffari, e un cantor di corte impiegato regolarmente, Niccolò Tedesco, molto apprezzato come cantore e liutista. È presente anche un suonatore di arpa. Nel 1443 abbiamo pagamenti a Dufay, che potrebbe essere stato il tramite per il reclutamento di cantori dalle Fiandre. Dal 1443 sono documentati 4 cantori che diventano 9 nel 1445, poi 10 verso la fine del marchesato di Lionello, a dimostrazione dell’intento di rendere la cappella sempre più ricca e al servizio della polifonia. I cantori sono franco fiamminghi ma anche inglesi come «Johannes presbiter Londini» menzionato come «cantore del marchese».

Quando un paio di anni fa abbiamo pensato di dedicare un nostro progetto al codice ModB (su sollecitazione del Festival modenese Grandezze & Meraviglie), in prima battuta è stato difficile capire che taglio dare e come selezionare i brani da includere nello spazio ristretto di un Cd, considerata la vastità e varietà del repertorio musicale a disposizione.

Le ipotesi potevano essere le più diverse:

– una monografia per autore (nel caso di Dufay, avremmo comunque dovuto fare una ulteriore selezione)

– un florilegio di autori inglese, qui straordinariamente rappresentati

– una monografia per genere: per esempio eseguire tutti gli Inni di Dufay, di cui questa silloge rappresenta una delle più complete se confrontata con altri manoscritti coevi.

– una antologia di mottetti dedicati ai santi

– la ricostruzione di un Vespro o un Officio

La nostra scelta si è orientata verso il repertorio legato alle festività mariane, rivelatosi assolutamente predominante. Questo dato tra l’altro si intersecava perfettamente con la particolare devozione mariana di Lionello attestata dalla scelta della già citata pala d’altare per la sua cappella e confermata dalla tavola della “Madonna dell’Umiltà adorata da Lionello d’Este” (1440-1445 circa) ad opera di Jacopo Bellini.

Una volta operata questa scelta tematica, abbiamo selezionato 12 composizioni nell’intento di offrire un’idea complessiva di come il culto della Vergine sia rappresentato dal repertorio incluso nel codice. Per far ciò, da un lato abbiamo attinto a generi diversi (1 inno, 1 Magnificat, antifone e mottetti) dall’altro, al fine di restituire una immagine stilisticamente varia, abbiamo optato per autori di diversa provenienza: Dufay, Binchois, e due autori inglesi, Dunstaple e Power.  Si tratta dei quattro autori più presenti nel codice, per numero di opere.   Selezionati i brani, abbiamo provveduto a farne una trascrizione moderna (a cura della scrivente); questa operazione è assai proficuo che venga fatta da uno dei musicisti, in quanto tutta la ricchezza di dettagli che la conoscenza dell’originale comporta, può essere restituita e condivisa attraverso i criteri redazionali adottati nella trascrizione. A questo punto, ottenuto il materiale musicale, la scelta più complessa, e avvincente al tempo stesso, riguarda l’organico. Come abbiamo visto la cappella estense era ricca di voci; riguardo agli strumenti si parla solo dell’organo, ma sappiamo che a corte erano attivi suonatori di strumenti sia di alta cappella (piffari, trombetti) che di bassa cappella, (liuto, arpa). Ci siamo dunque immaginati che in qualche solennità fossero coinvolti anche gli strumenti di corte. Se infatti l’uso degli strumenti è controverso nella prassi esecutiva della musica liturgica, ci sono alcune evidenze coeve che possono venire in aiuto a sostegno di questa prassi. Ne cito solo due. La prima è la descrizione di Giannozzo Manetti delle celebrazioni per la consacrazione di Santa Maria del Fiore a Firenze il 25 marzo 1436:

«Si udirono cantare voci così numerose e così varie, e tali sinfonie s’elevarono verso il cielo, che si sarebbe creduto di sentire un concerto d’angeli […] Quando il canto cessava […] si sentivano suonare gli strumenti in maniera […] allegra e soave […] Al momento dell’elevazione la basilica tutta intera risuonò di sinfonie così armoniose, accompagnate dal suono di diversi strumenti, che si sarebbe detto che il suono e il canto del paradiso fossero scesi dal cielo sulla terra»17.

La seconda è la cronaca redatta da Cherubino Ghirardacci in cui si narra che il 16 giugno 1426 Louis Alleman (al seguito del quale era cantore Guillaume Dufay) fu nominato cardinale con una grande cerimonia a San Petronio in cui: «si canta una solenne Messa […] con suono di organi e vari strumenti»18.

L’idea che la musica per la liturgia fosse affidata alle sole voci è probabilmente da rivedere anche alla luce dell’analisi del modo con cui le stesse composizioni sono restituite nel manoscritto. A queste testimonianze e al quadro di rifermento estense ci siamo rifatti nella scelta di intrecciare voci e strumenti soprattutto quando la scrittura musicale sembra richiederlo, al fine di restituire i fasti di un cappella di corte che, come ha evidenziato Nino Pirrotta, «precedette di almeno un quarto di secolo quella, meglio nota, creata da Ercole I nel 147119».

 

1.  laReverdie, Lux Laetitiae: Splendors of the Marian Cult in Early Renaissance Ferrara, Arcana – Outhere Music A526.

2. Oggi è conservato nella Biblioteca Estense Universitaria di Modena, con la segnatura a.X.1.11 (ModB).

3. Quasi tutti i manoscritti musicali del fertile contesto inglese medioevale furono distrutti durante la Riforma Anglicana, in particolare a causa della dissoluzione dei monasteri del 1536-1540. Conseguentemente, la maggior parte del lavoro di Dunstaple e dei suoi connazionali è stato recuperato da fonti provenienti prevalentemente dall’Italia settentrionale e dalle Alpi meridionali. La presenza delle opere di questi autori in fonti continentali ne indica la probabile notorietà anche al di fuori del contesto di origine.

4. Charles Hamm, Ann Besser Scott, A Study and Inventory of the Manuscript Modena Biblioteca Estense a. X. 1.11 (Mod B), in Musica Disciplina 26 (1972): 101-43.

5. Lewis Lokwood, La musica a Ferrara nel Rinascimento, Società editrice il Mulino, 1987, pp. 67-80.

6. Michael Phelps, A Repertory in Exile: Pope Eugene IV and the MS Modena, Biblioteca Estense Universitaria, a. X.1.11, A thesis submitted in partial fulfillment of the requirements for the degree of Doctor of Philosophy Department of Music New York University September, 2008. James Haar and John Nadas, The Medici, the Signoria, the Pope: Sacred Polyphony in Florence, 1432–1448, in Recercare, 20, pp. 25-93.

7. Gabriele Condulmer viene eletto papa Eugenio IV San Pietro il 3 marzo del 1431. Entrato in conflitto con la potente famiglia Colonna, nel 1434 esilia a Firenze.

8.  Andrew Tomasello, Music and Ritual at Papal Avignon 1309-1403, Umi Research Press, 1983.

9.  L’Inno Lucis creator optime ff. 19v–20, l’antifona Puer qui natus est nobis plus quam propheta, f. 55r, l’antifona Virgo maria non est tibi similis, f.  54r.

10. Mirandas parit haec urbs florentina puellas (ff. 65v-66) e Salve flos tuschae gentis (ff. 67v-68) per il secondo soggiorno di Dufay a Firenze, tra 1435 e 1436.

11.  O lumen ecclesiaer doctor veritatis (ff. 51v-52), e Magne Pater (f. 51), entrambi dedicati a Sant’Antonio.

12. Nel caso in cui si propendesse per l’ipotesi più recente di una origine fiorentina del codice, la prova di come Leonello lo abbia probabilmente acquisito è fornita dai documenti che registrano lo scambio di una serie cantori (tra cui lo stesso Benoit e Fédé) tra la cappella papale e la sua cappella privata (Pamela Starr, The Ferrara Connection: A Case Study of Musical Recruitment in the Renaissance, in Studi musicali, 18 (1989): 3-17). Non va dimenticato che Ferrara fu nel 1438 sede del concilio indetto da Eugenio IV nel tentativo di riunificazione delle chiese d’Occidente e d’Oriente. La presenza del concilio voluto in Italia da Eugenio IV tra Bologna, Ferrara e Firenze porta in queste aree la corte pontificia al completo con cappella al seguito, e con lui varie delegazioni dalla Borgogna, dalla Francia e dall’Inghilterra, possibile motivo di interscambio anche di materiali musicali. È proprio questa connessione che avrebbe fornito un canale plausibile per la trasmissione del ModB dalla cappella papale a Ferrara.

13. Guarino da Verona (Verona, 1374 – Ferrara 4 dicembre 1460) fu un profondo conoscitore del latino e del greco che apprese durante la sua permanenza a Costantinopoli dove visse dal 1388 fino al 1393, anno in cui fu costretto a ritornare in seguito all’assedio della città da parte dei Turchi. Qui fu presentato ad Emanuele Crisolora, stimato studioso e letterato, che decise di fargli da maestro.

14. Johannes Ferrariensis, Excerpta ex annalium libris illustris familiae marchionum Estensium, 1409-1454, a cura di L. Simeoni, Zanichelli, 1936.

15. «[…] more regio honorifice ac suptuosissime paramentis, libris, iocalibus auro caelatis eam decoravit. Cantores ex Gallis accersiri iussit quorum suavissumo concentu divinae laudes mirifice iugiter celebrabantur. Aderat Princeps et sacris misteriis indesinenter astabat; […] in organis laudere scientem summopere habere curavit» [T.d.A].

16. Lewis Lokwood, La musica a Ferrara nel Rinascimento, Società editrice il Mulino, 1987, p. 61.

17.  Giannozzo Manetti (1396 – 1459): Oratio de Secularibus et Pontificalibus Pompis in Consecratione Basilicae Florentinae, 1436.

18.  Cherubino Ghirardacci, Della historia di Bologna, Parte 3, a cura di Albano Sorbelli, S. Lapi, Città di Castello, 1915, p. 4, [27-32]: «1426 Alli 16 di giugno, la domenica, si canta una solenne messa in San Petronio, dove il Governatore [Louis Aleman] piglia il cappello del cardinalato per mano del vescovo della città, con suono di organi et vari strumenti, et con esso in capo fece ritorno al palazzo ove era apparecchiato un sontuoso convito».

19. Nino Pirrotta, Due composizioni anglo-italiane del Quattrocento, in Nino Pirrotta, Musica tra Medioevo e Rinascimento, Einaudi, 1984, p. 189